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Il cordoglio diffuso nell’addio al sociologo Franco Cassano

Il Consiglio regionale della Puglia ha ricordato Franco Cassano, nel giorno della scomparsa, con le parole della presidente del Consiglio regionale Loredana Capone: “Oggi perdiamo uno dei più grandi intellettuali degli ultimi 30 anni che il nostro Paese abbia conosciuto, Franco Cassano".

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"L’ho conosciuto e stimato, è stato un fine pensatore, capace di rimettere al centro del dibattito il nostro sud, rifuggendo da letture classiche e stantie. L’ho personalmente conosciuto e stimato".

"Un intellettuale dinamico e moderno - ha aggiunto la presidente - al punto da innovare anche il concetto stesso di “intellettuale”, mettendo a servizio del nostro territorio e del nostro Paese, un pensiero nuovo che andava di pari passo con la pratica, l’azione, l’impegno quotidiano. Lo ha fatto nelle aule universitarie, nelle strade delle nostre città e nelle istituzioni".

"Il suo “pensiero meridiano” ha avuto la forza di far tornare il sud non più oggetto delle riflessioni e dei progetti altrui, ma soggetto protagonista del proprio destino, capace di cambiare i paradigmi e di rimettere al centro la qualità della vita di tutte e di tutti. Franco è stato un vero nuovo faro per tutti noi che crediamo in un’Italia che può vivere una nuova fase di rilancio a partire dal suo sud. Un pensiero commosso, a tutti i suoi cari e a tutte le persone che hanno avuto modo di incrociare il proprio cammino con il suo”.

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Lunga e appassionata la nota del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: “Dall’età di venti anni sino ad oggi Franco Cassano ha attraversato la mia vita privata, istituzionale e politica con severa discrezione e affetto. Lo incontravo nel portone del condominio dove entrambi abitavamo scambiando sorrisi dolcissimi ed emozioni man mano che la mia vita di adolescente progrediva verso l’età adulta.

Dalle note a margine dell’esame di sociologia giuridica, agli anni in cui mi incoraggiava con immensa solidarietà quando mi vedeva entrare ed uscire di casa circondato dalla scorta che piantonava me e le nostre case.

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Non sono mai del tutto entrato in confidenza con lui per il rispetto che nutrivo verso uno dei pochi Maestri della mia vita. Persino quando si è battuto nella Convenzione del Centrosinistra della città di Bari assieme a Cinzia Capano e ad altri per farmi candidare a sindaco di Bari, non ho mai avuto il coraggio di parlargli, piuttosto attendevo di sapere da lui, come sempre, se avesse rimproveri o suggerimenti da darmi. Non ho sempre soddisfatto tutte le sue aspettative, ma sono consapevole che senza il loro durissimo lavoro per far emergere la sinistra e la città dalla sudditanza politica e psicologica verso la destra padrona di Bari, il mio percorso politico non si sarebbe mai realizzato.

La nostra comune anima popolare, dovuta alle frequentazioni negate ad altri con l’anima dei quartieri di periferia, ci  consentiva di scambiare punti di vista diversi e di accettare reciprocamente le contraddizioni in cui, per sperimentare e innovare, rischiavamo di cadere.

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Sono stato segretario e presidente del PD che lo candidò al Parlamento e non sono mancati contrasti e incomprensioni. Ma la consapevolezza di lui, e per conseguenza di me stesso, non ci abbandonava mai, anche quando la vita politica ci allontanava. Piango la scomparsa di un amico al quale non ho mai avuto la forza di confidare, per pudore, quanto sia stato importante. Mi illudo oggi con rimpianto che egli ne fosse comunque consapevole. Un grande intellettuale del Sud che a differenza di altri, ha tracciato una via che la politica ha realizzato, sia pure lasciandolo perennemente inquieto.

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Io e Nichi Vendola sappiamo quanto gli dobbiamo e quanto di lui abbiamo disatteso, nella convinzione di essere stati sempre fedeli alla nostra terra al di là dell’ossequio e della convenienza. È stato un uomo che ha saputo leggere nel profondo la società e descriverne le opportunità. Le nostre vite sono cambiate rispondendo al suo appello, continuo, incessante, a realizzare una visione di bellezza, di amore verso il prossimo, di giustizia, di modernità senza dimenticare la Storia e la sua proiezione nella nostra anima. 

Non a caso la sua e la mia isola preferita è Itaca, dove in nome dell’eroe più spregiudicato e moderno, abbiamo coltivato la pretesa di conservare attraverso il mare gli odori e le favole del Mediterraneo”.

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Da Palazzo di Città, il sindaco Antonio Decaro ha espresso il cordoglio di tutta la città: "Se c’è un intellettuale che negli ultimi trent’anni ha orientato il dibattito e il pensiero di generazioni di studenti e personalità della nostra terra, questo è Franco Cassano. Lui che ci ha insegnato a guardare il mare come la nostra più grande ricchezza, che ci ha ricordato che il confine è il luogo in cui “i diversi si toccano e la partita del rapporto con l’altro diventa difficile e vera” e che la lentezza è una chiave per la conoscenza. Stamattina Franco Cassano ci ha lasciati orfani della sua intelligenza acuta e della sua preziosa leggerezza".

"Con Franco se ne va un maestro straordinario, uno studioso, un accademico che ha saputo interpretare e rappresentare la sua terra, un uomo di sinistra, sempre di parte e mai fazioso, che come nessun altro ha rivoluzionato i paradigmi del racconto del Sud e dell’essere meridionali. Alla sua famiglia va l’abbraccio di una intera città, che da oggi perde un punto di riferimento insostituibile”.

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Anche l’assessore Massimo Bray ha fatto sentire la sua vicinanza: “Ci ha lasciato Franco Cassano. Interprete geniale di un pensiero del Sud e per il Sud, che dalla linfa che scorre nelle vene e nelle radici profonde di queste terre traeva quotidiano nutrimento, Cassano è stato un punto di riferimento per tutti quelli che, in questi anni di battaglie per la rinascita culturale e politica del Mezzogiorno, si sono impegnati per far emergere, con le idee e l’azione politica, un protagonismo nuovo di questa parte del paese e uno sguardo diverso verso il Sud. Uno sguardo che superasse lo stereotipo della chiusura e della estraneità alle dinamiche globali e alla loro complessità per evidenziare invece il particolare modo del Mezzogiorno di essere connesso con il mondo che lo circonda, con il mare che lo circonda, con quel Mediterraneo che è naturalmente e dovrebbe essere per vocazione il suo orizzonte privilegiato".

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"Voce severa verso lo “sguardo corto” con cui la classe dirigente (politica e culturale) meridionale ha operato per molti anni, realizzando una sorta di “perversa profezia che si autoadempie, seminando intorno a sé sguardi altrettanto corti”, Franco Cassano è stato, anche in anni recenti - ha proseguito Bray - promotore e protagonista di tante battaglie per la salvaguardia di una terra che ha amato e contribuito a difendere, testimoniando in prima persona la realtà di un Sud che non si arrende a veder svenduto e deturpato il suo inestimabile patrimonio culturale e paesaggistico, oltre che umano, di volontariato, partecipazione e attivismo".

"Guardava con affetto e speranza alle tante forme vitali dell’associazionismo del Mezzogiorno, una base di energie vive da mettere in rete e aiutare a crescere. Il suo modo lucido e innovativo di intendere l’azione politica e culturale, di interpretare la modernità, i suoi tempi e le sue dinamiche sono stati per me un punto di riferimento che continuerò a seguire. Grazie Franco per tutto quello che ci hai insegnato e aiutato a capire”.

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Il ministro Andrea Orlando: "Sono addolorato per la scomparsa di Franco Cassano. Lo avevo conosciuto leggendo il suo “Il Pensiero meridiano”, poi da lontano l’ho visto protagonista della stagione della Primavera Pugliese e poi la conoscenza diretta nella campagna elettorale del 2013, che l’ha visto capolista del Pd in Puglia e nel suo impegno in Parlamento".

"È stato un piacere e un onore, ogni volta che in questi anni sono tornato a Bari,  per una riunione o un dibattito, trovarlo in sala ad ascoltarmi, sempre cordiale ed affettuoso, anche negli ultimi tempi in videoconferenza sino a che ha potuto. Umile e curioso, Franco Cassano era sempre più interessato ad ascoltare e capire gli altri più che ad apparire. Come intellettuale ci lascia un patrimonio culturale importantissimo, come militante e parlamentare ci ha mostrato che è possibile alzare la testa dalle piccole questioni e dinamiche interne, per rivolgere l’attenzione e provare a capire cosa succede intorno a noi".

Francesco Boccia

“Questa mattina ci ha lasciato Franco Cassano, simbolo del Sud migliore; saggista, professore, deputato, amico indimenticabile”.ì, ha scritto il deputato PD, Francesco Boccia, “Il tuo pensiero lungo, aperto e soprattutto ‘meridiano’ – ha continuato Francesco Boccia - è diventato una rotta ambiziosa per intere generazioni. È stato un privilegio averti in Parlamento per cinque anni. La tua voce critica, e sempre costruttiva, nei riguardi di alcuni dei limiti del nostro tempo e del modo di vivere sempre condizionato dalla centralità del Nord-Ovest del mondo ci arricchiva; ci arricchivi quando dicevi di credere “che il Sud, e a maggior ragione il Mediterraneo, debba essere capace di imitare, ma anche di saper rivendicare una misura critica nei riguardi di un mondo che ha costruito sull'ossessione del profitto e della velocità i suoi parametri essenziali”.

"E a quelle tue domande, che in realtà erano risposte per gli studenti, abbiamo il dovere di dare una risposta tutti noi... Perché bisogna correre ossessivamente? Perché dobbiamo vivere in un mondo nel quale, pur essendo più ricchi di ieri, corriamo come se fossimo poveri?”. Grazie Franco, continuerai ad illuminarci con il tuo pensiero”.

Gianni Cuperlo

Articolato e analitico il ricordo di Gianni Cuperlo: "La giornata è iniziata con la notizia che Franco Cassano, studioso fine, intellettuale curioso, amico, se ne è andato. Ci saranno occasioni e modi per ricordarne il pensiero, gli scritti, l’intelligenza con cui misurava e interpretava i fatti".

"Nel corso degli anni ho letto e sottolineato i suoi libri, consumando matite, ricavato appunti, citazioni. Poi, quando per qualche anno siamo stati colleghi alla Camera l’occasione mi è parsa ancora più preziosa. Lo trovavo spesso accasciato su uno dei divanetti del transatlantico con un libro a mano o a colloquio coi perdigiorno di quel lungo corridoio. Magari mi avvicinavo a salutare e quasi sempre lui stava ad ascoltare gli altri quando sarebbe stato logico l’inverso".

"Mi fa piacere ricordarlo nel solo modo che so: facendovi leggere, se avete voglia, gli appunti che avevo preso di un suo saggio, uno dei tanti, uscito nel 2009. Era sul Sud, tema a lui caro, e riletti adesso forse fanno capire perché esiste una differenza tra le strategie e le idee. Le strategie possono evaporare rapidamente, le idee, quando ci sono, sfidano la prova del tempo. Grazie Franco e un abbraccio a quanti ti hanno voluto bene.

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TRE MODI DI VEDERE IL SUD di Franco Cassano - Il Mulino 2009.

L’eclisse della questione meridionale come questione nazionale coincide con la crisi dell’universalismo progressista, ma anche con la crisi dell’evidenza delle ragioni per cui l’Italia deve essere uno Stato unitario. Ciò conduce a due esiti possibili per la questione meridionale: 1) il più probabile è quello che porta alla sua definitiva scomparsa.; 2) quello che la vede riemergere con nuove caratteristiche al di là della cornice nazionale, come un problema di lungo periodo dell’intero paese e di un’Europa capace di guardare oltre il suo cuore settentrionale.

Ci sono più modi di leggere il Sud, quadri concettuali diversi. I principali sono: 

1) Dipendenza ovvero dello sfruttamento.

In questa prospettiva il Sud è vittima di un meccanismo sistematico di sfruttamento, espropriazione e spoliazione delle risorse a favore delle aree forti. Le zone sviluppate e quelle arretrate non rappresentano dislivelli temporali tra i processi di modernizzazione, sono due facce del medesimo meccanismo di dominio.

Paradigma di derivazione da tradizione critica del colonialismo e dell’imperialismo di impronta marxista. Fulcro, coppia concettuale centro-periferia. Gode negli anni 60 di una certa fortuna anche nella lettura del Mezzogiorno italiano (cfr. Capecelatro e Carlo, Zitara, Ferrari Bravo).

La soluzione del problema viene dal conflitto e dal rovesciamento del rapporto di subordinazione. Nessuno sviluppo autonomo è possibile senza mettere a tema l’antagonismo di interessi tra aree periferiche e centrali.

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Legge le politiche di aiuto allo sviluppo delle zone arretrate non come manifestazione di una spinta solidaristica e perequativa, ma come espressione di un progetto di integrazione subalterna del Sud all’interno di un modello di sviluppo guidato dagli interessi delle aree forti. L’interdipendenza delle economie sembra qui segnata da un destino immutabile, un’asimmetria tale da negare qualsiasi mutamento reale.

Merito: messa a fuoco del dislivello dei rapporti di forza tra aree sviluppate e sottosviluppate. Limite: visione storica limitata all’orizzonte economico; prospettiva che nega al capitalismo ogni capacità creativa e innovativa - modello messo in crisi da tutti i casi di successo di paesi sottosviluppati che risalgono la gerarchia internazionale (India, Cina, alcuni paesi dell’America Latina).

2) Modernizzazione ovvero del ritardo.

Legge il Sud come area territoriale affetta da ritardo. L’evoluzione delle società umane è segnata dal passaggio dalla tradizione alla modernità: il Sud è quell’area territoriale in cui permangono in modo rilevante i tratti sociali, economici e culturali che frenano questa tradizione e ritardano il progresso.  È necessario rimuovere questi ostacoli e spingere il Sud sulla strada della modernizzazione per recuperare: la condizione meridionale non è un handicap irreversibile, ma uno svantaggio che può e deve essere superato attraverso una massiccia trasformazione culturale.

Quadro dominato da un ottimismo storico che vede lo sviluppo come un gioco aperto e libero, in cui tutti possono entrare e di cui possono beneficiare, scalando posizioni e risalendo gerarchie.

Due le versioni più importanti di questo approccio:

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a. Universalismo progressista. Il ritardo deve essere combattuto attraverso politiche di intervento straordinario da affidare all’autorità pubblica cui spetta il compito di ridurre gli “squilibri” territoriali e le diseguaglianze tra i cittadini.

b. Liberismo. Vede con ostilità e preoccupazione l’intervento dello Stato. Chi è arretrato è l’unico responsabile della propria condizione e se vuole svilupparsi deve imitare chi è davanti a lui. Le diseguaglianze non nascono né da meccanismi strutturali, né dall’assenza di politiche pubbliche, ma solo dal differente grado di mobilitazione e impegno, da una discontinuità territoriale che affligge il Sud e lo tiene al palo.

La visione più sofisticata e “sociale” assegna un ruolo cruciale alla dimensione locale. È il cosiddetto localismo virtuoso: per sollecitare le energie occorre iniziare dalle piccole realtà e dall’autogoverno municipale. La competizione non avviene solo tra individui o imprese, ma anche e soprattutto tra sistemi locali. È il modello della concorrenza tra distretti, tra comunità territoriali.

Meriti: sincera, anche se moderata, aspirazione universalistica all’uguaglianza tra cittadini; ha stemperato tensioni sociali favorendo processi migratori. Limiti: i flussi della spesa pubblica anziché produrre dinamismo economico hanno prodotto parassitismo, clientelismo, assistenza; ogni accenno alla questione meridionale è dipinto come una costrizione ideologica che legittima nel Sud passività, vittimismo, rivendicazioni. Il federalismo e la rivolta fiscale illustrano questa tendenza che liquida e dissolve i vecchi legami e le vecchie solidarietà territoriali. Limite più grosso: esasperato moralismo volontaristico (contare solo sulle proprie forze) e conseguente abbandono di ogni prospettiva geopolitica/geoeconomica.

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3) Autonomia ovvero del Sud come risorsa critica.

È la posizione sostenuta dall’autore. La rappresentazione del Sud come condizione patologica (arretratezza, ritardo) è una costruzione culturale elaborata dal soggetto più forte.  Lungi dall’essere un concentrato di patologie e anomalie, il Sud è una forma di vita diversa e autonoma dalla modernità e quindi estranea sì alle sue conquiste, ma anche alle sue patologie. Diverse declinazioni di questo paradigma:

a) Variante postmoderna. La differenza meridionale è solo una tra tante, una componente importante di una policromia che sostituisce il monoteismo della modernità. Rivendicazione del valore di un’identità molteplice e ricca.

b) Variante apocalittico-comunitaria. Propone un’alternativa radicale e globale alla macchina globalizzante e distruttiva della modernità. Si tratta di un vero e proprio antagonismo tra una forma di vita ritenuta alienante e distruttiva e un’altra, che rivendica il valore e la necessità della dimensione comunitaria.

c) La “terza via”. Cerca di sottrarsi allo scontro frontale tra Sud e modernità. Il Sud non è né il fondale estetico di una fuga dalla modernità, né un bastione della resistenza comunitaria contro l’alienazione moderna. Tra la condanna deterministica a un ruolo periferico e l’illusione del recupero del ritardo esiste la terza via della costruzione di un percorso autonomo. Spetta alle classi dirigenti del Sud scoprire rotte che spesso sono antiche e inedite.

Meriti: unico paradigma che si confronta col problema dell’efficacia causale del clima, che è il vero desaparecido delle scienze umane. Una forma di vita rallentata dal caldo non è necessariamente inferiore a quella che ha assolutizzato il valore della competizione e dello sviluppo. Altro pregio di questo approccio il non riconoscere al Nord il brevetto universale per la produzione di forme di vita perfette.

Limiti: rischio ideologico di esaltazione della marginalità in un’apologia che idealizza il Sud. Punto importante: c'è un differenziale di potere tra Sud e aree forti, e tra i diversi Sud. È un tema che sembra uscito da tutte le agende ma che oggi torna ad avere valore cruciale.

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Autonomia non significa autarchia culturale, ma apprendimento e immaginazione, confronto tra esperienze che per questo hanno bisogno di collegarsi. Evitare la trappola del localismo, evitare che la diversità si trasformi in conflitto: ogni Sud che per salvarsi si sgancia dagli altri Sud per farsi cooptare, incrina la solidarietà tra margini".

Arriva anche la nota di Nicola Zingaretti: "Con la scomparsa di Franco Cassano l’Italia perde uno dei suoi più grandi intellettuali. Dagli anni Settanta a oggi, con il suo sguardo acuto e profondo di chi vede lontano, ha aperto strade nuove al pensiero della sinistra e all’impegno civico e meridionalista per intere generazioni. Perdiamo un punto di riferimento, anche per il Pd, un maestro di avanguardie, ci mancherà moltissimo.

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“La scomparsa di Franco Cassano, pensatore e uomo di cultura di sinistra, lascia un vuoto anche tra i tanti che a destra l'hanno letto ed apprezzato”, ha dichiarato il deputato pugliese di Fratelli D’Italia, Marcello Gemmato.

“Il pensiero meridiano, lo scorrere lento delle cose, la centralità del meridione nell’epoca della globalizzazione - ha ricordato Gemmato - sono pietre miliari, campi di idee condivise che hanno segnato ed affascinato anche la giovane destra pugliese degli anni '90. La morte del professor Cassano lascia un vuoto in tutti noi”.

(gelormini@gmail.com)

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Pubblicato in precedenza: E' morto Franco Cassano, vola 'Il pensiero meridiano'

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