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Tumore al cervello, scoperta Made in Sud Iavarone e Lasorella: lo scacco ai baroni

Quindici anni di impegno e di successi nella ricerca in uno degli ambiti più delicati e suggestivi della medicina: la crescita del tumore al cervello dei bambini. Antonio Iavarone e Anna Lasorella raggiungono ancora un traguardo “epocale”, testimoniando con orgoglio ed amarezza il talento di scienziati “Made in Italy” - nemo propheta in patria - costretti a trovare spazio, fiducia, sostegno, risorse e riconoscimenti all’estero. Nel 2000, infatti, lasciarono l'Italia per gli Stati Uniti, in polemica col sistema “baronale” e “nepotista” dell’Università, che non permetteva loro di sviluppare adeguatamente studi e ricerche.

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La loro ultima scoperta - fondamentale per la lotta contro i tumori del cervello - è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature. Si tratta della individuazione del meccanismo che favorisce lo sviluppo delle cellule staminali tumorali del glioblastoma, il più aggressivo e letale dei tumori cerebrali. In pratica, le cellule che danno inizio al tumore, ne favoriscono la crescita generando nuove cellule e resistono a terapie di forte impatto come radioterapia e chemioterapia, permettendo la riformazione del tumore. La chiave di questo meccanismo, scoperta dai due scienziati e dal loro team della Columbia University di New York, si chiama Id-2, una proteina sulla quale da oltre 15 anni si sono concentrate le ricerche della coppia campano-pugliese.

Combattere il tumore al cervello è l'obiettivo che Antonio Iavarone e Anna Lasorella, marito e moglie da molti anni, si sono posti dai primi anni di studio all'Università. "Siamo entrambi pediatri - dice Iavarone - io sono di Benevento e mia moglie di Noicattaro (Ba), e ci siamo conosciuti a Roma al Policlinico Gemelli, all'inizio degli anni '90: lavoravamo entrambi al reparto di Oncologia pediatrica. Grazie alle nostre ricerche avevamo ottenuto un grande finanziamento da parte della Banca d'Italia. Ma a un certo punto ci siamo resi conto che non potevamo fare il nostro lavoro in Italia, per cui ci siamo spostati in America, a New York, prima alla Albert Einstein, nel 2000, e poi alla Columbia nel 2002".
 

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Cosa era successo? Sin dal 1995 la piega delle cose aveva preso un verso poco lineare: "Il primario di oncologia, il professor Renato Mastrangelo, ha cominciato a renderci la vita impossibile - raccontava nel 2000 a Elena Dusi di Repubblica Iavarone - Ci imponeva di inserire il nome del figlio nelle nostre pubblicazioni scientifiche. Ci impediva di scegliere i collaboratori. Non lasciava spazio alla nostra autonomia di ricerca. Per alcuni anni abbiamo piegato la testa. Poi, un giorno, all'inizio del '99, abbiamo denunciato tutto".

E a quel punto, anche sulla scia di una denuncia per diffamazione effettuata dal professor Mastrangelo ("Abbiamo vinto la causa", precisava Iavarone) ai due coniugi ricercatori non è rimasta che la via del volontario esilio. Che per fortuna si è rivelata, poi, molto proficua, dal momento che lavorare negli Stati Uniti ha permesso loro di sviluppare nel migliore dei modi le loro intuizioni, dando una nuova speranza a chi contrae questa terribile malattia e ai loro familiari.

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Affaritaliani ha seguito il lavoro prestigioso dei due ricercatori in questi anni (gli articoli sulle loro scoperte del 2009 sono riportati in calce), ma il Sistema Sanitario e Universitario nazionale sembra comunque che continui ad essere “sordo” a vicende come questa. Tra soddisfazione e delusione, assume carattere ancora più significativo quanto capita di ripetere al professor Iavarone nelle sue interviste: "Sono italiano e mi sento italiano. Mi sono laureato al Gemelli, lì sono diventato ricercatore e ho lavorato per dieci anni. Avrei voluto che il prestigio di questo risultato ricadesse sul mio paese. Mi sento un esule e per certi versi mi spiace aver ottenuto tutto questo lontano dall' Italia. Negli Stati Uniti si valutano i risultati. In Italia altri fattori, che nulla hanno a che vedere con la scienza. Certo, mi piacerebbe tornare, ma solo se mi fossero garantite libertà, indipendenza e autonomia. Qui mi hanno abituato così".

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Per gentile concessione del direttore Enzo Garofalo di “Fame di Sud” (www.famedisud.it) si riporta l’articolo di Alessandro Novoli, piuttosto esaustivo sugli aspetti tecnico-scientifici della scoperta:

Due scienziati originari del Sud Italia scoprono a New York il meccanismo di crescita del tumore al cervello

La notizia è di quelle che riempiono il cuore di speranza per quanti si trovano a combattere contro una delle malattie più temibili per l’uomo e al tempo stesso è motivo di orgoglio per il nostro Paese. Ad esserne protagonisti sono infatti due scienziati originari del Sud Italia, fra i più stimati nel panorama internazionale della ricerca scientifica sui tumori; due brillanti ricercatori che, come tanti altri loro colleghi, hanno vissuto l’esperienza negativa dell’allontanamento dalla propria terra, troppo spesso incapace di garantire serie prospettive professionali anche a chi, come loro, ha tutte le carte in regola per eccellere ai massimi livelli. Parliamo del campano Antonio Iavarone e della pugliese Anna Lasorella, autori di una scoperta fondamentale per la lotta contro i tumori del cervello pubblicata di recente sulla prestigiosa rivista scientifica Nature. Si tratta della individuazione del meccanismo che favorisce lo sviluppo delle cellule staminali tumorali del glioblastoma, il più aggressivo e letale dei tumori cerebrali. Queste cellule danno inizio al tumore, ne favoriscono la crescita generando nuove cellule e resistono a terapie di forte impatto come radioterapia e chemioterapia permettendo la riformazione del tumore. La chiave di questo meccanismo, scoperta dai due scienziati e dal loro team della Columbia University di New York, si chiama Id-2, una proteina sulla quale da oltre 15 anni si sono concentrate le ricerche della coppia.

Tale proteina appartiene ai cosiddetti Inibitori del differenziamento (Id), che in condizioni normali permettono alle cellule staminali di moltiplicarsi, mentre in altre condizioni possono appunto favorire lo sviluppo di un tumore. In particolare si è notato che uno di essi, appunto la proteina Id-2, viene utilizzato dai tumori per creare cellule staminali di tipo tumorale. Il grande risultato a cui i due scienziati sono approdati è la scoperta del meccanismo molecolare che rende possibile il comportamento “deviato” della Id-2. Averne compreso la dinamica è il passo fondamentale per la individuazione di farmaci in grado di neutralizzarlo.

Un paese di baroni  140x180
 

Quando si sviluppa, un tumore non riesce a disporre dei vasi sanguigni di cui ha bisogno per ossigenarsi; anche con pochissimo ossigeno riesce però a sopravvivere avvalendosi del supporto di due proteine chiamate Hif (Hypoxia Inducible Factor) alfa 1 e alfa 2. Il nemico naturale di queste due proteine è una terza proteina detta Vhl (von Hippel-Lindau), che è invece svolge il ruolo di soppressore dei tumori. Ma ecco che proprio la carenza di ossigeno provoca l’attivazione anche delle proteine Id-2 che vanno a boccare il soppressore dei tumori Vhl, consentendo così al cancro di svilupparsi.

Intuibile, a questo punto, il prossimo obiettivo della ricerca: trovare il modo di impedire a Id-2 di legarsi a Vhl. E aver scoperto come e dove il loro legame si instaura, rappresenta il passaggio fondamentale per arrivare alla individuazione di farmaci in grado di impedirlo e quindi di bloccare la crescita del tumore. Esperimenti condotti sui topi confermano la validità di questo percorso scientifico:  Iavarone ha spiegato che al momento non sono stati utilizzati farmaci, ma solo manipolazioni, grazie alle quali si è riusciti a prevenire il legame tra le due proteine, bloccando lo sviluppo di tumori aggressivi del cervello. La sfida ulteriore sarà quindi individuare composti chimici in grado di bloccare il meccanismo, ossia di disinnescare l’azione della proteina Id-2 rendendola inoffensiva.

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Iavarone e Lasorella, due brillanti menti italiane costrette all’esilio

Se oggi si parla di Iavarone e Lasorella per le importantissime scoperte scientifiche compiute nei loro laboratori della Columbia University, nel 2000 i loro nomi sono saliti alla ribalta delle cronache italiane per un gesto eclatante, ossia aver denunciato pubblicamente l’impossibilità di continuare il proprio percorso di ricerca in Italia a causa del nepotismo esistente nelle università italiane. I due scienziati, facendo nomi e cognomi, rivelarono come un primario del reparto universitario romano in cui lavoravano avesse preteso più volte, e continuasse a pretendere, di inserire il nome del figlio nelle loro pubblicazioni scientifiche, pur senza che questi avesse partecipato alle attività di ricerca: “Per alcuni anni abbiamo piegato la testa –  dichiarò Iavarone in un’intervista al quotidiano La Repubblica – Sono circa 25 le pubblicazioni illegittimamente firmate dal figlio del professore. Poi, un giorno, all’inizio del 1999, abbiamo denunciato tutto“. Questa scelta coraggiosa, come era prevedibile, fece intorno a loro terra bruciata, costringendoli a trasferirsi all’estero per proseguire serenamente l’attività di ricerca.

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Ma vediamo di conoscerli un po’ più a fondo. Antonio Iavarone, classe 1963, è nativo di Montesarchio, un comune in provincia di Benevento. Laureato e specializzato in pediatria all’Università Cattolica di Roma, fino al 1999 ha lavorato presso il reparto di Oncologia Pediatrica del Policlinico Gemelli di Roma conducendo ricerche sul neuroblastoma e riuscendo ad individuare il ruolo della proteina Id-2 nello sviluppo di alcuni tumori dei bambini, fra cui proprio il neuroblastoma. Dopo aver denunciato, insieme con la collega e moglie Anna Lasorella, la situazione di prevaricazione in cui si erano venuti a trovare, si è trasferito negli USA dove attualmente vive e lavora. Oggi è professore di Patologia e Neurologia al Columbia University Medical Centre di New York ed è responsabile di un’equipe che ha svolto importantissime ricerche nella lotta contro i tumori. Nel 2013 sulla rivista Nature Genetics è uscito un suo studio sul glioblastoma multiforme che in tanti considerano cruciale per la lotta contro questa forma di tumore al cervello tra le più aggressive e frequenti. Lo scienziato ha infatti identificato i geni la cui alterazione è all’origine del tumore cerebrale: una conquista che potrebbe aprire la strada alla individuazione di farmaci per una efficace terapia. La scoperta del team di Antonio Iavarone si è posizionata al quarantesimo posto (ma al secondo nel campo dei tumori) nella classifica dei cento eventi più significativi per la scienza dell’anno 2012 stilata dalla rivista Discover.

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Accanto ad Antonio, nella vita così come in laboratorio, c’è da sempre Anna Lasorella, originaria di Noicattaro (Bari), cittadina dove vivono i suoi genitori. Dopo il diploma al liceo classico di Conversano (Bari), si è laureata in Pediatria all’Università Cattolica di Roma passando, dopo due specializzazioni, a lavorare nella divisione di Oncologia pediatrica della stessa università. Nel 1993 ha vissuto un’esperienza di lavoro a San Francisco dove è rimasta per tre anni presso l’Università della California. Ritornata in Italia, ha definitivamente fatto rientro negli Usa dopo la denuncia, condivisa con Iavarone, delle vessazioni subite nell’ambiente universitario, approdando prima all’”Albert Einstein College of Medicine” e successivamente al Dipartimento di Patologia e Biologia Cellulare e Pediatrica dell’”Institute for Cancer Genetics” della Columbia University di New York, dove la sua ricerca si concentra sui vari tipi di tumore al cervello.

(gelormini@affaritaliani.it)

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Pubblicato sul tema: Staminali/ Italiani scoprono gene chiave per lo sviluppo

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