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Roma
Amministratori di sostegno per anziani: “Una strage invisibile”. Accusa choc
Locandina del docufilm di "Diritti alla Follia"

“Una legge che dovrebbe tutelare gli anziani, invece ne sta facendo strage. È un tema complesso e difficile da credere, ma è così”. A parlare è la giornalista e regista Barbara Pavarotti e la legge a cui si riferisce è la n. 6 del 2004, quella che ha introdotto in Italia la figura dell'amministratore di sostegno.

Barbara Pavarotti nell'ultimo anno ha cominciato a occuparsi di queste vicende, raccogliendo storie e testimonianze di parenti, compagni e amici di “beneficiari”. Con la sua associazione “Diritti alla Follia” ha lanciato una petizione per chiedere l'abolizione o la modifica della legge e presto pubblicherà un docufilm su questa vicenda, intitolato "La prigionia dei vecchi e degli inutili".

 

“L'amministratore ha un potere assoluto - spiega - chi diventa amministrato non ha più possesso della propria vita. Ricordiamo che la convenzione Onu del 2016 ha chiesto di abolire le figure che limitano la libertà personale. O la politica si impegna per modificare la legge, o l'unica strada è il referendum abrogativo”. 

Come è nato il suo interesse per queste vicende?

“Sono stata una vittima anche io di un amministratore di sostegno. Circa un anno fa il mio compagno è stato ricoverato in una struttura privata. Nel complesso stava bene. Cominciava solo ad avere una certa demenza senile, avendo 77 anni. Da dodici mesi per ordine dell'amministratore di sostegno non lo posso né vedere né sentire. Per me è come se fosse morto. Vivevamo insieme da più di dieci anni, avevamo la residenza insieme. Non solo io non l'ho potuto vedere, ma nemmeno i suoi amici. La prima cosa che fanno gli amministratori è quella di isolare l'amministrato. Quando ho tentato di fargli visita sono stata letteralmente aggredita dal personale della struttura in cui si trovava. Ora non so dove lo tengano”. 

Quali sono i problemi di questa legge?

“Il problema gravissimo di questa legge è che si affida a una sola persona, cioè l'amministratore di sostegno, il bene del beneficiario. Una sola persona che, con il suo libero arbitrio e la sua totale discrezione, può decidere tutto: dove l'amministrato deve vivere, cosa deve mangiare, quali cure deve fare. Anzitutto l'amministratore blocca il conto corrente. Ora se può anche andare bene che l'amministratore prenda il controllo del denaro della persona per evitare che lo sperperi, dall'altra parte non va per niente bene che una sola persona abbia in mano la vita di un'altra persona. Anche perché quasi sempre l'amministratore fa ricoverare l'amministrato in una struttura. Mi riferisco soprattutto ai casi di persone anziane. Ci sono tante storie che hanno fatto scalpore: la storia di Dora, la tragedia di Lando Buzzanca e altre”.

Chi sono gli amministratori di sostegno?

“In genere sono familiari, del tutto improvvisati, o avvocati. Nessuno conosce questa figura giuridica che ha potere assoluto. L'unico che ha voce in capitolo e che può concordare con l'amministratore il progetto di vita dell'amministrato con l'amministratore di sostegno è il giudice tutelare. Ma i giudici tutelare, specialmente a Roma, sono talmente indaffarati che non vedono mai il loro tutelato. Nemmeno lo conoscono”. 

Che potere hanno sugli amministrati?

“Hanno un potere assoluto. Come ho detto, sono stata aggredita dal personale della struttura in cui era rinchiuso il mio compagno. Perché? Perché l'amministratore aveva dato ordine di non farmelo vedere. Ha scritto che c'era un'estranea che lo frequentava e che andava allontanata. E loro hanno eseguito. Hanno impedito l'ingresso addirittura a una delegazione mandata da Mauro Palma, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, un ente della Presidenza del Consiglio. Palma ha dovuto puntare i piedi per poter far fare questa ispezione. Insomma, come confermato anche da Paolo Cendon, il giurista autore della legge, in nome del bene del beneficiario gli amministratori di sostegno posso fare tutto. E a stabilire in cosa consista questo bene è sempre l'amministratore di sostegno stesso. 

Come comincia l'amministrazione?

“In genere c'è un familiare che fa richiesta, pur non sapendo a cosa va in contro. Spesso gli viene consigliato dal medico o dai servizi sociali. Con la rassicurazione che questa figura potrà aiutare ad accudire un congiunto in difficoltà. E molti ci cascano. Ma l'Ads non è un badante. Inoltre l'amministratore di sostegno prende possesso del conto. Conosco il caso di una signora la cui sorella è sotto amministrazione. L'amministratore non le dà nemmeno i soldi della pensione della sorella”. 

Cosa succede agli amministrati?

“In genere gli amministrati vengono portati in tribunale senza neanche sapere che sta succedendo, perché si tratta il più delle volte di anziani. La legge dice che dovrebbero essere informati di tutto. Ma in tutti i casi che ho seguito, quasi sempre non vengono informati di nulla. Gli hanno fatto una serie di domande per valutare le sue capacità cognitive. E tra queste c'era quella che gli chiedeva se avesse bisogno di assistenza. Lui ha risposto sì: da lì è finita. La sua vita non è più sua. Poi quasi sempre queste persone vengono messe in Rsa e lì lasciate letteralmente a morire: in pochi mesi deperiscono e dimagriscono paurosamente. 

Come dovrebbe cambiare questa legge?

“La legge ha molti punti deboli. Una sola persona non può decidere tutto: che almeno sia un collegio. C'è poi la questione della volontarietà di queste figure: volontari fino a un certo punto, perché, gestendo il patrimonio dell'amministrato, prelevano un rimborso spese e spesso gli vendono la casa. E comunque ci sono due strade: o l'Italia applica la convenzione Onu del 2016 e abolisce queste figure o si cambia la legge introducendo massima professionalizzazione e il rigore. Questo chiede la mia associazione “Diritti alla Folli”. Professionalizzazione significa: un ordine professionale, due anni di formazione e praticantato, corsi di formazione ed esami di stato, commissione disciplinare e un codice deontologico. Un po' come succede con l'ordini dei giornalisti o con quello degli avvocati”. 

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