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Roma
Il Pd affonda con Mafia Capitale. Condannato l'ex assessore Ozzimo

Due anni e 2 mesi di reclusione per Daniele Ozzimo, ex assessore alla casa del Campidoglio, accusato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio nell'ambito di uno dei filoni dell'inchiesta Mafia Capitale. La decisione è stata presa dal gup Alessandra Boffi che, nel medesimo giudizio con rito abbreviato, ha assolto Ozzimo da una seconda accusa di corruzione -in questo caso per asservimento della funzione- così come sollecitato dalla procura.
"Me lo aspettavo perché si sa come vanno a finire le cose in questo Paese. Siamo pronti a presentare appello". Così Daniele Ozzimo, ex assessore alla casa del Campidoglio, accusato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio in un filone dell'inchiesta Mafia Capitale, lasciando l'aula di giustizia dopo aver ricevuto una condanna a due anni e due mesi di reclusione in abbreviato.

Due anni e quattro mesi di reclusione è stata invece la condanna inflitta con rito immediato dal gup Alessandra Boffi per Massimo Caprari, ex consigliere comunale di Centro Democratico. Caprari è finito a processo nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale insieme a Gerardo e Tommaso Addeo, ex collaboratori di Luca Odevaine, e a Paolo Solvi, ex collaboratore dell'ex presidente del X municipio Andrea Tassone. I due Addeo dovranno scontare una pena di 1 anno e 10 mesi, mentre Solvi è stato condannato a 2 anni e 2 mesi di reclusione. Per tutti l'accusa è quella di corruzione.

Le condanne di oggi arrivano dopo che il 3 novembre scorso il giudice Anna Criscuolo aveva inflitto 4 anni di reclusione a Claudio Gaudenzi e Raffaele Bracci, ritenuti responsabili di un episodio di usura, e condannato, per due distinte ipotesi di corruzione, Emanuela Salvatori (4 anni), ex responsabile del coordinamento amministrativo per l'attuazione del Piano Nomadi del Comune di Roma, ed Emilio Gammuto (5 anni e 4 mesi, con l'aggravante di aver agevolato l'associazione mafiosa), gia' collaboratore di Buzzi.

Tra febbraio e marzo prossimi altri due filoni di indagine legati a 'Mafia Capitale' approderanno in un'aula di tribunale con imputati 'eccellenti' della politica romana e regionale. Il 17 febbraio prendera' il via il processo a carico di Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti accusato, assieme al dirigente della cooperativa 'Sol.Co.' Mario Monge, di un episodio di turbativa d'asta per presunte irregolarita' legate all'appalto per l'acquisizione del servizio Cup (gara poi sospesa dalla stessa Regione a seguito degli arresti del dicembre 2014). La Procura avrebbe voluto che questo segmento di indagine confluisse nel maxiprocesso in corso a Rebibbia ma i giudici della decima sezione del tribunale non sono stati d'accordo: di Venafro e Monge, quindi, si occupera' il collegio della seconda sezione, la stessa davanti alla quale dovra' comparire il 23 marzo Gianni Alemanno. Rinviato a giudizio dal gup Nicola Di Grazia lo scorso 18 dicembre, l'ex sindaco, che continua a essere indagato a piede libero per associazione di stampo mafioso, deve rispondere di corruzione e finanziamento illecito: tra il 2012 e il 2014, secondo la Procura, avrebbe 'venduto' "la propria funzione" e compiuto una serie di "atti contrari ai doveri d'ufficio" ricevendo utilita' materialmente erogate da Salvatore Buzzi: 75mila euro per cene elettorali, 40mila a titolo di finanziamenti alla fondazione Nuova Italia di cui era presidente e somme in contanti non inferiori a 10mila euro. Quest'ultimo episodio giustifica per gli inquirenti il finanziamento illecito perche' Buzzi avrebbe pagato questa somma cash due anni fa, quando Alemanno era diventato consigliere comunale, "senza la deliberazione dell'organo sociale competente e senza l'iscrizione della erogazione a bilancio".

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