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Il Sociale
Una bambina picchiata sarà un'adulta sfruttata

di Paola Serristori

Se vedete un emarginato guardate alla sua famiglia. Una giovane prostrata ha sempre dietro una miserabile mamma. Oltre un miliardo di ragazze minorenni si trovano in una posizione svantaggiata. L'Unicef titola il rapporto sulle diseguaglianze di genere che penalizzano le femmine usando una parola forte e chiara: harnessing, sfruttamento. La maggior parte – oltre cinquecentomila – vive nei paesi asiatici, un quarto in Africa. L'Onu attraverso “The 2030 Agenda for Sustainable Development” (Agenda per sviluppo sostenibile) ha impostato i temi urgenti per il progresso nel mondo nei prossimi quindici anni ed impegna tutte le nazioni ed i popoli in questo percorso di sviluppo affinché nessuno resti indietro. La condizione femminile, sin dall'infanzia, è migliorata se guardiamo alle generazioni passate: le bambine hanno ottenuto il rispetto del diritto ad essere nutrite, all'istruzione, a non venir assegnate in moglie in tenera età, si può dire a sopravvivere oltre l'infanzia come i figli maschi. Tuttavia il genere femminile è ancora ostacolato nella realizzazione di un percorso di vita soddisfacente. Gli esperti dell'Onu osservano che sarà impossibile realizzare il progresso globale atteso dall'umanità se non sarà risolta la diseguaglianza di genere. Ad esempio, rispetto all'obiettivo 3 dell'Agenda in tema di salute e benessere, sono ragazze due nuovi casi su tre di infezioni da HIV tra gli individui in giovane età ed il dato rispecchia la difficoltà di prevenzione e trattamento. Analogo discorso per l'obiettivo 4 del programma generale, che riguarda l'accesso all'istruzione ed il completamento degli studi.

Nel 2015 sono nate 70 milioni di femmine. I vincoli familiari e sociali impediscono, come catene, il corretto sviluppo delle attitudini, soprattutto a partire dall'adolescenza. E' questo il momento della vita in cui appaiono più stringenti i limiti ed evidenti le disparità nell'affermazione delle proprie aspirazioni. In Africa centrale ed occidentale 79 ragazze ogni 100 ragazzi accedono alla scuola superiore. Nel mondo, 29 milioni non proseguono gli studi. In tre-quarti dei Paesi a basso e medio reddito una ragazza su cinque è vittima di violenze domestiche per mano di uno dei genitori. Nel mondo le femmine dai 5 ai 14 anni perdono 550 milioni di ore al giorno nello sbrigare faccende domestiche. Tra i 5 e 9 anni, quattro ore a settimana lavorano come serve della famiglia. Tra i 10 e 14, le ore settimanali salgono a nove. In alcuni Paesi – Somalia, Etiopia, Rwanda – sino al doppio. I loro compiti principali sono cucinare e pulire, fare la spesa, trasportare l'acqua o la legna, prendersi cura dei fratelli minori. Questa ripartizione di doveri non solo prepara il terreno dello sfruttamento nell'età adulta, ma anche limita la visione della prospettiva di realizzazione ed abbassa il potenziale delle giovani vite. “Le faccende domestiche abitualmente non sono valutate attività remunerative, il contributo delle ragazze nella gestione della casa è meno evidente e valutabile, le conseguenze saranno durevoli sulla loro autostima ed il senso del proprio valore”, sottolinea il rapporto diffuso dall'Unicef nell'ottobre 2016. Vite negate, oltreché infanzie rubate, in cui il piacere ed il tempo libero, il gioco, la socializzazione, l'attenzione verso l'istruzione sono soggiogati dagli adulti, i quali addossano alle bambine compiti fuori-taglia per la loro età, come badare a persone malate o anziane. La pressione psicologica porta le femmine al gesto estremo dell'auto-soppressione. Una su sei morti di adolescenti femmine nel Sud-Est asiatico è registrata come suicidio. Tra i maschi nati da famiglie disadattate sono più frequenti le morti per omicidio. Gli assassini in quarantasette omicidi su cento di giovani donne sono familiari o stretti conoscenti.

L'aspettativa di vita media oggi per le donne è di 73 anni, ma nei Paesi poveri si prevede più corta di vent'anni. L'analisi sociale è approssimativa per difetto poiché meno del 50% dei Paesi fornisce tutti i dati richiesti da Unicef, oppure li trasmette non precisi. Per esempio, vengono considerati bambini sfruttati e che devono essere protetti coloro che tra i 5 e 11 anni lavorano 1 ora alla settimana in attività economiche, e dai 12 ai 14 anni almeno 14 ore settimanali, invece è sottaciuto il fenomeno dello sfruttamento nelle stesse fasce d'età da parte dei genitori. Sono inoltre in corso approfondimenti, sollecitati da Unicef, sui suicidi, e più in generale sugli effetti sulla salute mentale, tra le ragazze che hanno subito maltrattamenti ed abusi familiari.

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