La Gran Bretagna rimane una delle mete preferite dalle persone in cerca di lavoro o che fuggono da guerre e povertà. Gli ultimi dati diffusi dall’ufficio di statistica mostrano come nei primi nove mesi del 2014 Londra ha accolto 624 mila nuove persone, mentre nello stesso periodo hanno lasciato il Paese in 327 mila. Questo significa che l’immigrazione netta è stata di 298mila unità. Un balzo in avanti sorprendente se si considera che nel 2013 il numero si è limitato a 210 mila.
Cameron si trova ora a dover affrontare un bel grattacapo. Le elezioni si avvicinano e il tema dell’immigrazione rischia di costargli la vittoria. Il leader conservatore aveva infatti promesso di limitare i nuovi arrivi, promessa non mantenuta.
La ‘colpa’, afferma Cameron, è dell’Europa, con la quale vorrebbe rivedere la politica migratoria. Bisogna però fare chiarezza. Londra non può limitare l’arrivo di cittadini europei. I trattati sanciscono la libertà di movimento all’interno dell’Unione e Bruxelles ha ribadito più volte che questo principio non può essere modificato. Tuttavia Londra ha la facoltà di decidere dei flussi extra-europei, regolati da convenzioni internazionali e solo in parte da norme Ue.
Che fare allora? Cameron ha indetto un referendum per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, una decisione presa per frenare l’ascesa del partito euroscettico e xenofobo guidato da Nigel Farage, l’Ukip. Ma anche una forma di ricatto verso Bruxelles, visto che il leader Tory vorrebbe mantenere l’Uk nell’Unione, ma “su basi diverse”.