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Affari Europei
Spagna, Sanchez vuole provarci da solo. Ma potrebbe aver bisogno dei catalani

Il Psoe proverà a governare da solo alla Moncloa, ma tutto è rimandato a dopo le europee

Il Psoe, il partito socialista spagnolo del premier, Pedro Sanchez, uscito vincitore dalle urne in Spagna, proverà a governare con i suoi 123 deputati. Lo ha fatto capire Carmen Calvo, la vicepresidente del governo, che per tutta la campagna elettorale aveva chiesto una vittoria schiacciante nelle urne proprio perchè il Psoe potesse governare in solitaria.    Ora che i risultati sono noti, Calvo ha detto che il Psoe -che riunisce i vertici a metà pomeriggio- formerà un esecutivo progressista per dare "quattro anni di stabilità" e "rafforzare la democrazia" e che il partito vuole un esecutivo monocolore e in esclusiva, anche se ovviamente avrà bisogno di alleanze per l'investitura: "Pensiamo -ha detto a Cadena Ser - di avere un appoggio più che sufficiente per essere al timone di questa barca" e anche se la collaborazione con Podemos "ha aiutato molto e ci rafforza in senso progressista"; l'intenzione è "seguire questa linea", da soli alla guida della Moncloa.    Parole che fanno il paio con quelle del segretario del Psoe, il ministro dei lavori pubblici, José Luis Ábalos: in un'intervista a Telecinco, non ha voluto parlare di "alleanze" e ha chiuso la porta agli indipendenti catalani di Erc. Quanto alla possibilità di formare un governo di coalizione con Podemos, come sostiene il suo leader, Pablo Iglesias, Ábalos l'ha esclusa perché non garantirebbe la maggioranza assoluta: l'obiettivo è "gestire il messaggio della cittadinanza con la responsabilità che merita" e, anche se "sappiamo di non avere una maggioranza assoluta", nelle fila socialista non ci si "affretta a stringere un accordo di governo". I tempi infatti non saranno brevi: tutto lascia pensare che per la formazione di un nuovo governo bisognerà attendere le elezioni municipali ed europee del 26 maggio (solo l'inaugurazione delle Cortes sarà prima). Come ha confermato Ábalos: "Stiamo andando ad esplorare il sostegno per il giuramento: andremo lentamente, gestendo i tempi, cercando la stabilità e con l'obiettivo di mettere fine a questi anni di incertezza".

Elezioni Spagna, vincono i socialisti. Sanchez a un soffio dalla maggioranza

In Spagna, i socialisti del premier uscente Pedro Sanchez vincono le elezioni e, dinanzi alla deblacle dei Popolari (al minimo storico), sono a un soffio da un governo senza i secessionisti. Il partito socialista del Psoe ha ottenuto il 28,7% dei voti e 123 seggi e ha vinto in tutte le regioni ad eccezione di Catalogna, Navarra e dei Paesi Baschi, e in 41 delle 52 province. Sanchez ha tinto di rosso la mappa della Spagna e la sua schiacciante vittoria, 57 seggi sopra i Popolari, gli assegna indiscutibilmente la capacita' di formare un nuovo governo, senza rimanere vincolati dalle richieste secessioniste.

Sanchez deve comunque trattare con gli indipendentisti baschi e ha bisogno dell'astensione dei catalani

Per essere investito e guidare un governo di minoranza, al candidato socialista basta l'appoggio di Unidos Podemos, del partito nazionalista basco (Pnv) e l'astensione di quell'Erc, la sinistra repubblicana catalana, che aveva fatto cadere il suo esecutivo, negandogli il sostegno alla legge di bilancio (una sorta di riedizione, dunque, del blocco che aveva defenestrato Mariano Rajoy dalla Moncloa con la mozione di sfiducia). Sanchez potrebbe anche tentare un negoziato con i Ciudadanos di Albert Rivera, cosa che piacerebbe ai mercati, ma non a chi l'ha votato se e' vero che, aspettando i risultati al quarto piano della sede del partito di Ferraz, si e' sentito scandire dai suoi sostenitori la linea rossa. "Con Rivera, no!". Sanchez ha gia' chiarito ("Credo che sia abbastanza chiaro, no?"), che tendera' la mano "a tutte le formazioni dentro la Costituzione", ma lo fara' "dalle idee di sinistra" e "posizioni progressiste". Comunque i 158 deputati che formano il blocco di (Psoe e Unidos Podemos) contro i 147 del blocco di destra (PP, Cs e Vox) gli spianano la strada. Resta da vedere se i socialisti aspetteranno, per iniziare i negoziati, le municipali e regionale del 26 maggio, e le europee, in maniera da non scontentare nessuno. Da registrare il risultato negativo del partito di Pablo Iglesias: il 14,3% , 42 seggi, 29 in meno.

Per la prima volta l'estrema destra di Vox in parlamento

Anche il partito della destra radicale, Vox, non ha ottenuto il risultato spettacolare che prevedevano molti sondaggi ma e' riuscito ad entrare nel Congresso con un 10,26% e 24 seggi. Un risultato che ha affondato i Popolari, che hanno praticamente perso la meta' della rappresentanza parlamentare. In terra catalana, come previsto dai sondaggi, Erc e' riuscito a imporsi con tutta la forza: il partito di Oriol Junqueras, a processo per il tentativo secessionista, ha ottenuto il 3,9% dei voti che gli permette di tornare al Congresso con 15 deputati (contro i nove nella scorsa legislatura). La sorpresa e' arrivata da JxCAT , la formazione controllata a distanza dall'ex president in esilio, Carles Puigdemont: i sondaggi prevedevano un risultato disastroso che non gli avrebbe nemmeno permesso di formare un gruppo parlamentare e non e' stato cosi': hanno perso solo un seggio e avranno sette deputati. 

Elezioni Spagna, il dilemma di Sanchez: allearsi con gli indipendentisti confermerebbe le accuse dell'opposizione

"Il futuro ha vinto e il passato ha perso", ha detto nella notte Sanchez rivendicando il successo, anche personale, con un incremento delle preferenze per il suo partito dal 23% del 2016. Lontana, però, è la soglia di 176 seggi che garantirà la maggioranza in Parlamento. "Abbiamo mandato un messaggio all'Europa e al resto del mondo. Si può vincere l'autoritarismo e l'involuzione - ha aggiunto Sanchez - Formeremo un governo pro europeo". Parole che però si scontrano con una realtà nella quale il leader socialista sembra comunque costretto a scendere a patti almeno in parte con gli indipendentisti catalani e baschi se vuole formare un governo, confermando le accuse dell'opposizione che proprio su questo punto hanno insistito in campagna elettorale parlando di messa a rischio dell'unità nazionale.

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