Affari Europei
Il discorso sullo 'stato dell'Unione' di Juncker: al centro coesione economica e migranti

Jean-Claude Juncker ha davanti a sé un difficile compito: guidare e ispirare l'Unione europea in un momento difficile, forse il più difficile da quando è stata fondata. Mercoledì il Presidente della Commissione europea terrà il discorso sullo Stato dell'Unione davanti al Parlamento europeo in seduta plenaria. Inutile dire quali saranno i temi centrali del suo monologo davanti all'unico organo democraticamente eletto dai cittadini europei: la crisi economica e quella dei migranti.
Due temi che rivelano il nervo scoperto dell'Ue: un ibrido che non è una federazione, come quella statunitense, né una semplice organizzazione sovranazionale. Una entità che racchiude ventotto Stati e lingue diverse in una Unione che fino ad oggi ha prosperato, ma che ora si trova in difficoltà e deve decidere quale strada prendere: se rimanere unita o dividersi (gli inglesi sembrano propensi per la seconda opzione).
Il discorso rituale, importato dalla tradizione degli Stati Uniti, è relativamente giovane visto che per la prima volta è stato tenuto da Barroso nel 2009. Il presidente Juncker, a differenza del suo predecessore che non ha mai dato troppo peso all'evento, ha invece chiesto a tutti i commissari di contribuire alla stesura del discorso che dovrebbe segnare la svolta. Il tema cardine è la solidarietà tra gli Stati e tra le regioni, attraverso la quale l'Europa potrà affrontare le sfide che ha davanti senza collassare.
Juncker parlerà del tema dei migranti e spiegherà nel dettaglio in cosa consiste il piano europeo di redistribuzione. Si parlerà di quote, anche se magari non verrà usato questo termine, annuncerà multe e una riforma degli accordi di Dublino. Ma i parlamentari europei, e i cittadini, si aspettano di più: vogliono sapere qual è il progetto di lungo periodo. L'Ue dovrà continuare ad accogliere i migranti per i prossimi venti anni, come ha messo in guardia il Pentagono? Si profila un intervento militare in Siria da parte di Francia e Gran Bretagna per risolvere (si fa per dire visti i precedenti) il problema alla radice?
Juncker non potrà poi eludere il tema dell'economia. La Cina spaventa, la Grecia rimane lì come un monito. L'Unione si sta lentamente riprendendo dalla crisi economica, ma non è affatto uscita. I temi sono due. Primo, bisogna andare verso una maggiore integrazione economica, come richiesto dal rapporto dei Cinque presidenti? Ci deve essere una redistribuzione di risorse interna all'Unione? Il secondo tema, strettamente legato al primo, è il piano Juncker. Se ne parlò a lungo ad inizio anno, ora sembra scomparso: riuscirà a prendere il largo e a fare ciò per cui è stato ideato e cioè attrarre investimenti privati con garanzia pubblica per rimettere in moto l'economia europea?
Al di là di tutti i temi sul tavolo una cosa è certa: le forze populiste che siedono al Parlamento europeo prenderanno al volo questa opportunità per lanciare i loro strali dall'emiciclo di Strasburgo. E non è detto che qualcuno insceni qualche protesta goliardica.