Ue, Garanzia giovani rischia il flop. Benifei: “Prendiamo a modello Francia e Germania”
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
Onorevole Benifei, partiamo dal principio, che cos'è la Garanzia giovani?
“E' un ambizioso programma dell'Unione europea che ha lo scopo di garantire ai ragazzi tra i 15 e i 29 anni un percorso di formazione, oppure un aiuto per entrare nel mondo del lavoro. E' stata la risposta di Bruxelles al tragico problema della disoccupazione giovanile. Non bisogna fraintendere però: la Garanzia giovani non ha lo scopo di creare occupazione”.
In Italia ci sono circa 2,3 milioni di ragazzi che non lavorano e non studiano. Secondo gli ultimi dati disponibili si sono iscritti alla Garanzia giovani in 305mila. Un po' poco, non le sembra?
“E' ancora poco e questi dati sottolineano uno dei problemi di fondo del programma: l'insufficiente comunicazione. Ancora pochi ragazzi sanno che cos'è la Garanzia giovani e sono quelli 'sbagliati'”.
In che senso?
“Rischiamo che aderiscano i ragazzi che ne hanno meno bisogno, quelli più istruiti e socialmente attivi. Mentre i meno scolarizzati, i delusi, i socialmente ghettizzati non conoscono questa opportunità che è rivolta principalmente a loro”.
C'è un problema di gestione territoriale del programma?
“In Italia l'attuazione e il 'taglio' dipende da ciascuna Regione. In Liguria si è dato molto spazio ai progetti di reinserimento scolastico. In Lombardia si è invece puntato di più sull'inserimento lavorativo. C'è però una disomogeneità regionale nell'attuazione e nel monitoraggio del programma, con il rischio che si perdano i soldi stanziati in rivoli burocratici o clientelari”.
Insomma, il pericolo è che i fondi europei siano spesi come al solito male?
“Il problema è che abbiamo degli uffici per il lavoro che non sono in grado di fornire ai ragazzi le opportunità che la Garanzia giovani prevede. Il nostro è un sistema obsoleto che andrebbe finanziato e riformato, prendendo a modello Francia e Germania”.
Bisognerebbe investire sugli operatori che devono aiutare i giovani?
“Assolutamente sì, altrimenti si rischia di immettere risorse in un sistema che non è efficiente. Un euro investito nella Garanzia giovani in Germania ha effetti maggiori rispetto all'Italia”.
Alcuni pensano che le politiche per il lavoro dovrebbero essere gestite a livello centrale, concorda?
“Ogni territorio ha le sue specificità e quindi è giusto che ci sia anche un coinvolgimento delle Regioni. Certamente servirebbe una regia nazionale più forte”.
La Lombardia è una delle regioni in cui la Garanzia giovani funziona meglio. Secondo alcuni è perché si è dato maggiore spazio agli operatori privati. E' un modello da seguire?
“La sinergia con il privato è fondamentale. Non dimentichiamo però che in molti Paesi europei il pubblico fa molto bene, lo Stato non deve rinunciare al suo ruolo”.
Non sarebbe stato meglio usare i soldi europei per introdurre sgravi alle aziende che assumono?
“Servono entrambe le cose. La Garanzia giovani fallirà clamorosamente se non cambieranno in maniera radicale le politiche economiche europee, perché non saremo in grado di convertire questo arricchimento di capitale umano in uno sbocco lavorativo stabile. Il rischio è che finita la Garanzia giovani i ragazzi si trovino peggio di prima”.
Secondo lei il Jobs Act favorirà la creazione di posti di lavoro?
“L'accanimento sull'articolo 18 l'ho trovato inutile, non credo che si creeranno più investimenti o più lavoro. Premesso questo, le misure che riguardano gli ammortizzatori universali o il sostegno tramite sconto fiscale alle partite Iva segnano un cambio di rotta che può portare alla creazione di lavoro. Ma serve anche un allentamento dei vincoli europei che permetta l'impiego di maggiori risorse pubbliche”.