Fascina resta ad Arcore, la legge Cirinnà la salva in corner: ecco perchè

Pier Silvio Berlusconi voleva che se ne andasse entro 3 mesi

di redazione politica
Pier Silvio Berlusconi e Marta Fascina
Cronache

Il testamento di Berlusconi è il nucleo centrale della vicenda

Piersilvio chiede a Marta Fascina di lasciare Arcore entro 3 mesi, ma l’ultimatum potrebbe essere nullo: cosa dice la legge Cirinnà. Secondo indiscrezioni e come si legge su www.brocardi.it, Piersilvio Berlusconi avrebbe dato tre mesi di tempo a Marta Fascina, la compagna dell’ex premier Silvio Berlusconi, prima di dover lasciare per sempre Villa San Martino, la residenza di Arcore aveva vissuto negli ultimi anni insieme al Cavaliere.

Dopo l’apertura del testamento, con cui Berlusconi ha lasciato un legato da 100 milioni di euro alla Fascina, la prima mossa disposta dai figli è stata proprio quella di condurre gentilmente la donna alla porta.


È proprio il testamento di Berlusconi è il nucleo centrale della vicenda, in quanto il suddetto lascito milionario alla Fascina potrebbe essere nullo per via di un cavillo legale.
D’altro canto i figli, desiderosi di rispettare la volontà del padre defunto, pare non impugneranno il testamento ma in cambio hanno chiesto alla Fascina di lasciare libera Villa San Martino, dove sorge il mausoleo di Berlusconi e riposano le sue ceneri.

Infatti, Marta Fascina non può usufruire dei diritti riservati al coniuge superstite, così come previsti dall'art 540, comma 2 del codice civile, in quanto non risulta mai stata sposata con Silvio Berlusconi.
Questo significa che non può rivendicare alcun diritto di abitazione ad Arcore, né tantomeno le è stato concesso il diritto d'usufrutto su tale proprietà.


Tuttavia, i colpi di scena non sono ancora finiti, perché in difesa della compagna dell’ex Premier interviene la legge approvata nel 2016 grazie a Monica Cirinnà (ex parlamentare del PD), legge che tutela le unioni civili fra persone dello stesso sesso. La stessa legge tutela anche il diritto all’abitazione del convivente superstite (anche di sesso diverso), dando la possibilità al convivente di avere un tempo congruo per cercare una nuova abitazione.

Più precisamente, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 42 della legge 76 del 2016 (cd. Legge Cirinnà, appunto), il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, di proprietà del defunto, per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.


Anche l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per il riconoscimento di tale diritto di abitazione, il convivente superstite (che non la residenza anagrafica nell’abitazione di proprietà del partner defunto) può dimostrare il suo status di convivente anche mediante un’autocertificazione.

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