Monopoli, seno della sirenetta troppo prosperoso. La statua diventa un caso

Nella cittadina pugliese troneggia una versione audace di sirena. Il monumento divide e qualcuno l'ha coperto con un telo. Ma il sindaco difende l'opera

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Monopoli, la statua attira turisti e curiosi. Il sindaco: "Non si tocca"

A Monopoli è scoppiato il caso della "sirenetta", la statua curvy posizionata nella piazza da intitolare a Rita Levi Montalcini. Le immagini della nuova scultura sistemata al centro di una piazzetta della cittadina a una quarantina di chilometri da Bari stanno rimbalzando da una parte all’altra del mondo: dall’Inghilterra all’India, dalla Francia al Giappone. Il motivo: le vertiginose curve - si legge sul Corriere della Sera - modellate dagli autori, che nulla hanno a che fare con la celebre e delicata versione simbolo di Copenaghen. E che adesso sono al centro di un furioso dibattito tra favorevoli e contrari schizzato ben oltre i confini pugliesi. Come se non bastasse, l’opera svetta in una zona adibita a parco giochi per bambini, tra pochi alberi spelacchiati e qualche giostrina. Chissà, forse sarà per questo che da un giorno all’altro sulla sirena è calato un telone verde anche se il sindaco, Angelo Annese, non vuol sentir parlare di censura. "È stato un caso", assicura.

"In realtà - prosegue il sindaco al Corriere - avevamo in programma di inaugurare la piazza tra qualche giorno e qualcuno ha deciso di coprirla", spiega il primo cittadino. "L’arte è arte, la scultura non si tocca", taglia corto il sindaco. E intanto i turisti continuano a scattare fotografie. Bella o brutta che sia, in tanti si mettono pazientemente in coda per immortalare l’opera realizzata dagli studenti del liceo artistico Luigi Russo di Monopoli. Il preside, Adolfo Marciano, non è scosso più di tanto dalle polemiche. "Al contrario, l’arte deve far discutere", dichiara pur non rinunciando a una stoccata rivolta a chi storce il naso: "È paradossale che qualcuno si senta turbato" dichiara. E a proposito delle fattezze giunoniche della sirena precisa: "Almeno è distante dall’idea di bellezza a cui ci obbligano pubblicità e riviste".

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