Confindustria, dopo la Luiss nebbia sul futuro: chi per il dopo Bonomi?

I favoriti Gozzi, Marenghi e Stirpe sembrano poco accreditati. I grandi nomi "celebri" come Marcegaglia o Tronchetti sempre meno probabili. Che fare?

Antonio Gozzi, Alberto Marenghi, Giuseppe Pasini, Antonio D'Amato, Leopoldo Destro, Enrico Carraro
Economia

Confindustria, dopo la Luiss torna la battaglia per il dopo-Bonomi


 

Conclusa la partita per il consiglio di amministrazione della Luiss, Confindustria analizza quanto successo e si prepara per il nuovo capitolo: l’elezione del nuovo presidente di Viale dell’Astronomia. Una partita mai come questa volta complicata. Anche perché i tre candidati più accreditati, Alberto Marenghi, Antonio Gozzi e Maurizio Stirpe, non riescono a convincere complessivamente, tanto che ad oggi non esiste un candidato forte, ma piuttosto una serie di nomi che circolano.

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È dato per certo, nei corridoi di Viale dell’Astronomia, che a contare sono soprattutto le territoriali dell’Emilia Romagna, del Veneto e della Lombardia. Il candidato (o i due candidati) che verranno designati per lo scontro finale dovranno quindi prima di tutto mettere d’accordo il proprio territorio di appartenenza e poi trovare uno sponsor forte anche nel resto d’Italia. Intanto, quello che appare evidente è che Carlo Bonomi – che pure ha salvato la faccia indicando un manager stimato come Luigi Gubitosi per la presidenza della Luiss – esce sconfitto su tutti i fronti da questa vicenda.

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Prima di tutto perché, appunto, non sarà lui a guidare l’università di Confindustria come invece avrebbe sperato. Poi perché Marenghi, il “suo” candidato per la successione, non scalda i cuori e sembra ormai essere stato definitivamente bruciato. E poi ancora perché è difficile che possa riuscire a trovare posto anche nel Sole 24 Ore, terza e ultima "gamba” del sistema confindustriale. Insieme a Bonomi esce ridimensionato anche Giovanni Brugnoli che, a quanto risulta ad Affaritaliani.it, avrebbe assai gradito una permanenza nella Luiss dopo aver fatto per due mandati il vicepresidente di Confindustria. Era convinto che grazie a un accordo tra le territoriali di Varese, Bergamo e Brescia potesse ottenere un buon risultato. E invece rimane fuori dal cda dell’ateneo. 

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Tornando alla presidenza di Confindustria, tutti sono consapevoli che i tempi sono cambiati. Non c’è più una Fiat, autentico centro di potere e anche l’interesse intorno alla partita è assai scemato. Tant’è che non pare esserci una “corsa” verso la poltrona di Viale dell’Astronomia. Che cosa succederà? L’idea iniziale era che a un certo punto un cavaliere bianco, magari indicato da un gruppo di saggi e influenti industriali, si sarebbe palesato all’orizzonte e avrebbe detto “eccomi qui”, pronto a sacrificarsi per la sopravvivenza dell’associazione, convinto dal fatto che non ci sarebbe nessun rivale disposto a impallinarlo in assemblea.

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Perché anche questo va detto: nessun pezzo da 90 è ancora sceso in campo perché c’è sempre il rischio altissimo che qualche “piccolo”, con il supporto di un discreto numero di elettori, possa stopparne la corsa. I nomi che sono circolati, da Emma Marcegaglia a Marco Tronchetti Provera fino ad Antonio D’Amato si fanno sempre più sbiaditi proprio per il timore del fuoco amico. L’impressione è che la nebbia impiegherà ancora un po’ di tempo prima di diradarsi, ma l’auspicio che Confindustria torni a essere nuovamente guidata da un grande nome si fa un po’ meno probabile. 

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