Enel, dalla lista dei fondi al ruolo di Endesa: tutti i temi sul tavolo

Covalis presenta un elenco di sei nomi e si prepara per l'assemblea del 10 maggio. Ma sul tavolo di Cattaneo ci sono molti dossier

Economia

Enel, ecco perché Covalis ha presentato una terza lista

 


 

Chi pensava che con la fine della partite delle nomine e la scelta da parte del Mef dei manager per guidare le aziende partecipate si sarebbe chiusa una stagione particolarmente convulsa si sbagliava. In particolare c’è grande fermento in Enel. Perché? Un brevissimo riassunto delle puntate precedenti. A marzo il consiglio di amministrazione uscente ha approvato il mantenimento a nove del numero di membri che lo compongono. Il Mef, come di prammatica, ha dunque presentato il suo elenco di sei nomi. Oltre a Paolo Scaroni come presidente e Flavio Cattaneo come amministratore delegato, il ministero ha indicato Alessandro Zehenter, Johanna Arbib Perugia, Fiammetta Salmoni e Olga Cuccurullo (consigliere).

Come di prammatica, Assogestioni, che rappresenta l’1,8% delle azioni ordinarie della società, ha presentato la lista di minoranza, con tre nomi: Dario Frigerio, Alessandra Stabilini, Mario Corsi. Fin qui, tutto normale. Il problema, se così si può chiamare, è che Covalis Capital - asset manager che ha in Enel una partecipazione di circa l’1% del capitale (controvalore 60 milioni) -  ha presentato una lista alternativa di amministratori indipendenti per il cda dell’azienda. Una mossa quantomeno irrituale, perché si tratterebbe del terzo elenco di nomi. Tutto lecito, per carità, visto che basta possedere lo 0,5% dell’azienda per poter esprimere una lista. 

Oltretutto, la motivazione ha lasciato spiazzati: Zach Mecelis, fondatore e cio di Covalis Capital, ha dichiarato che la mossa si è resa necessaria "a causa dell'opacità del processo, non sappiamo cosa rappresenti la lista proposta dal Governo o quale sia il suo piano per Enel. Crediamo che gli investitori internazionali, i dipendenti e le società in cui Enel opera meritino di meglio e sentiamo la responsabilità di avviare un dibattito. Vogliamo un consiglio di amministrazione diversificato e indipendente, che rifletta la natura internazionale dell'azienda e della sua base di azionisti".

Covalis e Mondrian: i rimproveri a Scaroni e Cattaneo

Ancora più irrituale è la composizione della lista: sei membri, come quella del Mef. Perché? Le motivazioni sono diverse. Da una parte nessuno pensa realmente che possano saltare le nomine di Paolo Scaroni e Flavio Cattaneo, dall’altra si teme che l’assemblea del prossimo 10 maggio possa trasformarsi in un Vietnam con attacchi e contrattacchi. 

Dopo Covalis è arrivato il fondo britannico Mondrian, che di Enel ha l’1,7%. La firm londinese ha sparato ad alzo zero, dichiarandosi “estremamente delusa dalla totale mancanza di trasparenza nel processo e nei criteri di nomina” e preoccupata per la “assenza di coinvolgimento da parte del governo italiano, nonostante i nostri sforzi per avviare un dialogo costruttivo”. Insomma, non esattamente un clima costruttivo, soprattutto perché si teme che il nuovo corso dia vita a una “significativa interruzione della strategia e della gestione di Enel non sia nell’interesse degli azionisti e che l’opacità del processo ponga ulteriori seri interrogativi sulla qualità della corporate governance”.

Si rimprovera Paolo Scaroni per aver avviato un legame profondissimo con il gas russo quando era a capo di Eni e si imputa a Flavio Cattaneo di avere poca o nessuna competenza in ambito sostenibilità. Poiché si tratta di fondi, in entrambi i casi non si può pensare che non ci sia una logica di business dietro. Le dinamiche Esg non sono più accantonabili, pena l’esclusione dai circuiti più importanti. Enel può tornare indietro nella sua strategia? Difficile che accada, soprattutto perché il “faraone” Starace – come veniva chiamato bonariamente tra le mura dell’azienda – ha fissato una serie di paletti (l’ultimo con il green bond con precisi Kpi di sostenibilità da raggiungere) che rendono il processo pressoché irreversibile.

Ma le grandi aziende partecipate, come Eni ed Enel, saranno dei veri e propri veicoli di spesa del Pnrr e i fondi vogliono accertarsi che non vi siano ripensamenti di sorta. Il governo Meloni sta agendo in continuità con quanto fatto dal suo predecessore, ma la battaglia in Europa contro lo stop alle auto a motore termico ha fatto drizzare le antenne

C’è però un ulteriore profilo di rischio su cui tutti devono prestare la massima attenzione. All’indomani della nomina di Flavio Cattaneo ad amministratore delegato, il ceo di Banca Intesa Carlo Messina ha benedetto la scelta del governo, parlando in modo lusinghiero del manager milanese. E gli analisti della prima banca del Paese hanno parlato di “nuovo e capace management di Enel” che “confermerà probabilmente la dividend policy del gruppo e siamo convinti che adotterà un approccio di trasparente e di rispetto del mercato”. 

Ma fonti vicine ai fondi hanno subito alzato la mano, facendo notare che Intesa fa parte di Assogestioni e che quindi un eccessivo endorsement della figura di Cattaneo o di altri consiglieri della lista di maggioranza poteva perfino configurarsi come possibile concentrazione. D’altronde, fonti vicine al governo, fanno notare che se in assemblea dovessero esserci sorprese, si potrebbe profilare il “change of government” con conseguente possibilità di impiegare il golden power.  Anche Jefferies ha promosso Cattaneo, ricordandone la capacità di creare valore e il ruolo sulle rinnovabili che ha svolto già ai tempi di Terna. Non esattamente un neofita del settore come qualcuno vorrebbe farlo passare.

Intanto, sembra che un primo risultato sia stato raggiunto. Covalis presenterà comunque la sua lista, ma a quanto apprende Affaritaliani.it da fonti qualificate i fondi abbiano apprezzato l’apertura dell’esecutivo che evidentemente si è reso disponibile a offrire garanzie su strategie precise sulle rinnovabili. Che cosa succederà dunque? I grandi fondi aspettano di capire che cosa suggeriranno di fare i proxy advisor, sigle che hanno come mandato quello di "consigliare" sulle strategie d'investimento. 

Dentro a Enel, però, si respira un'atmosfera preoccupata. Qualcuno cerca di convincere il nuovo ceo di essere adatto a restare nell'azienda con la più alta capitalizzazione di Borsa del nostro Paese. Qualcuno si è ormai rassegnato e sa quindi che dovrà fare le valigie. In tutto ciò, la stampa riceve sempre più spesso autentiche "polpette avvelenate". Decisivo sarà, da questo punto di vista, capire chi saranno i manager che andranno a comporre la prima linea di Cattaneo. Qualcuno teme che l'ex amministratore delegato di Telecom possa mettere in piedi un piano di tagli del personale e di razionalizzazione dei costi, vista la struttura particolarmente complessa di Enel. E alcuni sussurrano ad Affari: ma Cattaneo ha già iniziato a parlarne con i sindacati pur non avendo ancora un mandato preciso dal board?

Un'area particolarmente contesa è quella della comunicazione: il posto fa gola a molti, ma il ceo in pectore, si sa, è persona che richiede standard elevatissimi. Alcuni nomi sono già stati fatti, anche se al momento non vi sono ancora candidati in vantaggio. 

Enel, ecco perché è stato scelto Cattaneo

Flavio Cattaneo è stato chiamato alla guida di Enel facendo leva soprattutto su un tema: l’eccessivo debito dell’azienda. Lo stesso Starace ha riconosciuto che uno degli obiettivi del nuovo piano industriale dovesse proprio essere il taglio dell’esposizione verso le banche. Ma ha anche fatto notare l’incremento della posizione debitoria sia stata originata dall’acquisto di Endesa, l’azienda spagnola di cui Enel detiene il 70% e che ha portato con l’ultimo bilancio un dividendo da 1,1 miliardi.

Ecco, proprio il ruolo di Cattaneo in questi tre anni sarà da comprendere appieno. Si dice, infatti, che il manager milanese sia un esperto di gestione aziendale più che di energia green. Da qui il sillogismo: l’ex amministratore delegato di Tim è stato chiamato per portare avanti qualche cessione per abbattere il debito, far salire il valore del mercato e far felici gli azionisti. E qualcuno bisbiglia addirittura che Starace abbia accelerato sulla convocazione del cda di Endesa – che dovrà ratificare quattro nuovi ingressi - per “blindarlo” e metterlo al riparo da possibili intromissioni del nuovo management

Una mossa che il Mef potrebbe decidere di azzerare chiedendo che la convocazione venga effettuata dopo il 10 maggio, quando cioè Cattaneo e Scaroni saliranno al potere. Ma qualcuno si è convinto che dietro la mossa dell’ad uscente ci sia il timore che Endesa possa essere messa sul mercato, visto l’alto valore, per abbattere il debito. Il nuovo ceo, ovviamente, tace. Ma a chi gli sta vicino ha rivelato che la gestione di Starace non l’abbia convinto e che ci siano vari modi per migliorare il business, compresa la cessione di alcuni asset considerati non strategici. Senza contare il tema del nucleare, argomento su cui l’amministratore delegato uscente non sembrava essere disposto a trattare. L’idea di Cattaneo sarebbe un po’ più vicina alle posizioni di apertura del centro-destra. 

Quello che si conosce con certezza è che Flavio Cattaneo, per diventare amministratore delegato di Enel, ha dovuto avere “mano libera” dal suo business. Fonti accreditate annunciano che la fusione di Itabus in Italo è ormai questione di giorni e verrà resa definitiva prima dell’assemblea di Enel. In quel modo il marito di Sabrina Ferilli si libererà della sua azienda, rimanendo però azionista di minoranza di Italo insieme ai soci storici. A proposito della compagnia di treni, pare che il fondo Gip sia intenzionato a uscire entro l’estate, alla scadenza del periodo di cinque anni, per circa 5 miliardi.

Enel, la suggestione clamorosa: la fusione con Eni

C’è infine un’ulteriore suggestione che riguarda Cattaneo. Pare che durante una cena tra il manager e Giorgia Meloni – cui hanno partecipato i rispettivi partner – il manager abbia chiesto di diventare amministratore delegato di Enel per poi portare avanti una fusione con Eni. La notizia sarebbe clamorosa ma avrebbe una sua ratio. Prima di tutto, si concentrerebbe in un’unica azienda l’intera strategia energetica del nostro Paese per il futuro. 

Un gigante da oltre 110 miliardi di capitalizzazione, capace di diventare il terzo player al mondo per valore di mercato. Una fusione quasi paritetica, che darebbe vita a un campione nazionale che varrebbe il 40% in più di Iberdrola, il più importante operatore dell’Europa del Sud. Per ora siamo nell’orbita della fantafinanza, ma anche l’arrivo di Cattaneo sembra impossibile. E invece…
 

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