Ucraina, tensione tra Usa e Germania. Scholz ignora Biden e apre a Gazprom

Berlino fa cadere l'ultimo ostacolo all'avvio del gasdotto della discordia, ira di Washington. Germania vera sconfitta in caso di invasione russa in Ucraina?

di Lorenzo Lamperti
Esteri
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Ucraina, la Germania non ascolta Biden e si prepara ad aprire il gasdotto North Stream 2

Schwerin è una città da poco meno di centomila abitanti e sorge sul lago Schweriner. Siamo nel Meclemburgo-Pomerania, uno dei Land nati dalla riunificazione della Germania. Fino a poco più di un decennion fa, qui ci si trovava in Europa orientale. E qui, nel 2022, è stato posato l'ultimo "mattone" per l'avvio del progetto energetico a più alto tasso geopolitico del globo. Siamo ovviamente parlando del gasdotto North Stream 2, che ha il suo designato punto terminale in Lubmin, a meno di duecento chilometri di distanza da Schwerin, sul Baltico.

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Ebbene, a Schwerin, mentre qualche centinaia di chilometro più a est la Russia preme al confine dell'Ucraina e si rischia un conflitto armato come non se ne vedono dalla Seconda Guerra Mondiale, è stato dato il via libera all'apertura della filiale tedesca di Gazprom, il colosso russo spesso considerato braccio economico (o meglio energetico) armato del Cremlino impegnato ovviamente nella realizzazione del gasdotto della discordia. Si tratta di un passaggio fondamentale, visto che l'Agenzia delle reti tedesca aveva contestato in passato la mancanza di una sede legale in territorio tedesco a Gazprom, aprendo così la possibilità di uno stop al progetto considerato strategico sia da Mosca sia da Berlino.

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Biden avverte Berlino: "In caso di invasione russa niente North Stream 2"

La Germania si muove dunque ufficialmente in direzione dell'apertura del North Stream 2. E pazienza se Joe Biden dalla Casa Bianca nelle scorse ore ha avvertito che in caso di invasione il gasdotto verrebbe stoppato. Una dichiarazione letta come una minaccia alla Russia ma che in realtà è un avvertimento alla Germania, considerata ondivaga da Washington ma anche da diversi paesi dell'Europa nord orientale, a partire dalla Polonia che si è lamentata pubblicamente della poca chiarezza del posizionamento tedesco di fronte alla crisi.

Difficile dare torto a chi vede poca chiarezza nelle mosse tedesche. La coalizione semaforo di Olaf Scholz appare disarticolata in materia di politica estera. La scorsa settimana Annalena Baerbock, la ministra degli Esteri dei Verdi, è andata a Mosca a dialogare con il governo russo. Il tutto mentre Scholz ribadiva il no all'esportazione o invio di armi tedesche a Kiev. 

Angela Merkel, come noto, aveva un rapporto privilegiato con Putin. Ma questo non le aveva impedito di prendere in mano le redini della crisi nel 2014, dopo l'invasione della Crimea. Frau Angela si era messa subito alla testa della richiesta di sanzioni nei confronti di Mosca, forse anche per evitare guai maggiori e tenere unita l'Unione europea. 

Ucraina e Russia: a Biden non piace la posizione ondivaga della Germania di Scholz

Ora, invece, Scholz è latitante e si comporta come il leader politico di un paese qualsiasi. Anzi, lascia campo libero a Emmanuel Macron che ha parlato nelle scorse ore con Putin al telefono, ascoltando dal presidente russo le accuse secondo le quali Stati Uniti e Nato ignorano le preoccupazioni di Mosca sull'espansione verso Est. Il problema è che il governo Scholz è diviso ma non ha intenzione di rinunciare al gasdotto, anche perché intravede in quel progetto un modo per ovviare alla crisi energetica che sta affliggendo l'Europa (e non solo da mesi). E pazienza se le ricadute geopolitiche non sono delle migliori.

Washington sta cercando di stanare Berlino, anche perché di fronte alla necessità di sanzionare la Russia l'eventuale entrata in azione di North Stream 2 potrebbe rappresentare non solo una negazione delle posizioni europee ma anche un argomento diviso. Non è un mistero che i paesi baltici siano infuriati per il via libera tedesco al progetto.

La rilevanza geopolitica del gasdotto North Stream 2

Il 1° gennaio 2021, una legge annuale sulla politica di difesa approvata dal Congresso degli Stati Uniti ha incluso sanzioni per le aziende che hanno lavorato o assicurato il gasdotto. Joe Biden ha sempre detto che "continua a credere che Nord Stream 2 sia un cattivo affare per l'Europa" e che la sua amministrazione "rivedrà" le nuove sanzioni. Secondo gli aiutanti del Congresso citati in un rapporto di febbraio da NBC News, le sanzioni godono di un "forte sostegno bipartisan" a Capitol Hill.

Lo scorso maggio la Casa Bianca ha rinunciato alle sanzioni contro la principale società coinvolta nel progetto, Nord Stream 2 AG, mentre ha imposto sanzioni su quattro navi russe e cinque altre entità russe. Il vice ministro degli esteri russo Sergei Ryabkov ha accolto la mossa come "una possibilità per una transizione graduale verso la normalizzazione dei nostri legami bilaterali" ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è detto "sorpreso" e "deluso" dalla decisione di Biden.

Ecco perché ora la Casa Bianca non può mostrarsi morbida sul punto, anche a patto di qualche scossa tellurica nel suo rapporto con una Germania di cui non ha ancora capito se può fidarsi oppure no. Da parte di Berlino, pare evidente che si farà tutto il possibile per mantenere in vita il progetto. Le alternative energetiche, dall'Azerbaigian al Qatar, non offrono garanzie di approvvigionamento sufficienti per lasciare il gas russo a cuor leggero.

In caso di invasione, forse sarebbe proprio Berlino a rischiare di pagare le conseguenze maggiori.

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