Osservatorio ANBI: Mediterraneo bollente e risorse idriche in calo, la crisi climatica accelera
Vincenzi (ANBI): "La crisi climatica, seppur largamente predetta, sta subendo una straordinaria accelerazione soprattutto nell’area mediterranea"
ANBI lancia l’allarme: Mediterraneo a temperature record, crisi climatica in accelerazione e risorse idriche in forte calo in tutta Italia
L’Italia e l’intero bacino mediterraneo stanno vivendo una fase climatica estrema e senza precedenti. Il Mare Nostrum ha raggiunto nelle ultime settimane temperature record, in anticipo di almeno una settimana rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, già considerato il più caldo di sempre. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, che segnala un’impennata delle anomalie termiche, in particolare nel Mediterraneo occidentale, dove le acque tra Spagna, Francia, Corsica e Sardegna occidentale registrano scostamenti di oltre 5°C rispetto alla media climatica.
A preoccupare non è solo la temperatura attuale, ma il fatto che l’acqua marina impiegherà molto più tempo a raffreddarsi, con conseguenze ancora difficili da prevedere sul piano climatico e meteorologico. «Il riscaldamento dei mari (ad iniziare dal Mediterraneo) comporta la dilatazione delle molecole idriche che, per raffreddarsi, abbisogneranno di tempi largamente superiori: ecco perché il top di temperatura raggiunto dal mare Nostrum è foriero di conseguenze, che fanno presagire scenari ancora insondati» si legge nel report dell’Osservatorio.
Le anomalie marine a livello globale, secondo Copernicus Climate Change Service - ECMWF, sono attualmente di +0,37°C rispetto alla media 1991-2020, ma il Mediterraneo occidentale sta andando ben oltre, mentre la parte orientale del bacino, dall’Egeo alle coste orientali egiziane, presenta invece temperature più in linea con la norma o addirittura leggermente inferiori.
I prossimi giorni si preannunciano critici: nel Tirreno e nello Ionio le acque toccheranno i 29°C, senza scendere sotto i 27°C, anticipando quanto registrato nel luglio 2023, quando si arrivò ai 30°C. Le conseguenze si riflettono anche sulle temperature dell’aria: dove il mare è più freddo, come nel Mar Nero, anche l’atmosfera è più fresca; in Europa Occidentale, invece, i mari caldi amplificano il caldo e annullano l’effetto mitigante delle correnti marine.
"Nella tempesta climatica navighiamo a vista", ha dichiarato Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI. "La crisi climatica, seppur largamente predetta, sta subendo una straordinaria accelerazione soprattutto nell’area mediterranea, dove i territori sono esposti a crescenti rischi". Il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano, ha aggiunto: "Accanto ad un programma pluriennale di opere infrastrutturali, accompagnato a un grande sforzo in ricerca e innovazione, sono necessari interventi che invertano l’esodo dalle aree interne del Paese: abbandonare quei territori, accentuando la pressione antropica lungo le coste, nei nuovi scenari climatici può diventare un pericoloso boomerang".
Nel frattempo, l’Italia è già stretta nella morsa del caldo africano, con temperature che in alcune aree hanno toccato i 40°C. Le zone più calde sono quelle interne della Sardegna occidentale, la Pianura Padana e la fascia tirrenica. Il picco è previsto sui colli attorno a Roma, dove – secondo il CMCC – nei prossimi anni si potrà registrare un aumento delle ondate di calore estive fino al 186%. Solo il Sud, nel fine settimana, potrebbe sperimentare un leggero sollievo termico.
Il report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche segnala una generalizzata decrescita dei livelli idrometrici dei principali corpi idrici, complici la stabilità atmosferica e le alte temperature. La situazione al Sud è sempre più difficile, mentre al Centro si segnalano cali preoccupanti nei laghi. Al Nord, i grandi laghi naturali presentano ancora buoni livelli: il Lago di Como è al 71,8%, il Lago Maggiore al 95,4%. Il fiume Po, invece, ha visto una riduzione del 25% delle portate in soli 7 giorni (a Pontelagoscuro). Situazioni critiche si registrano in Valle d’Aosta (Dora Baltea e torrente Lys in calo), Piemonte (flussi in calo per Stura di Demonte, Stura di Lanzo e Toce, in crescita solo il Tanaro), e Liguria (bacini di Levante in calo).
In Veneto, l’Adige registra un deficit del 45,6%, mentre il Brenta sfiora il -50% rispetto alle medie storiche. In Emilia-Romagna, fiumi come il Secchia sono crollati da oltre 50 mc/s a meno di 1 mc/s in una settimana. In Toscana, i fiumi Arno e Serchio sono in calo, mentre Sieve e Ombrone restano stabili. Le Marche mantengono buoni livelli nei bacini, con una dotazione di 53,2 milioni di metri cubi. In Umbria, il lago Trasimeno ha perso 5 centimetri in una sola settimana, mentre nel Lazio il lago di Bracciano è in lieve calo e i laghi dei Castelli Romani mostrano livelli decrescenti.
In Abruzzo, la diga di Penne ha erogato 1,46 milioni di metri cubi in un mese. In Basilicata, si segnala una perdita giornaliera di circa 1 milione di mc, con un residuo di 252,94 milioni di metri cubi. In Puglia, gli invasi della Capitanata contengono meno di 100 milioni di metri cubi, contro i quasi 150 milioni dello stesso periodo nel 2024.