Valditara ad Affari: "Umiliazione? Volevo dire umiltà"

Valditara, equivocato il termine "umiliazione". Il concetto era quello di "umiltà"

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Valditara ad Affari: "Umiliazione? Volevo dire umiltà"

Stanno montando le polemiche sul ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che dopo un breve tempo di adattamento ha cominciato a fare dichiarazioni che hanno messo in allarme la sinistra garantista e lassista.

La prima uscita è stata contro il bullismo nella scuola e cioè contro i ragazzi violenti. Valditara è stato molto incisivo e ha detto che vede bene i lavori socialmente utili. Ne abbiamo parlato qui:

Ebbene, tempo poche ore, e Valditara era già in tendenza su Tweet con i maître à penser della Gauche caviar letteralmente fuori di testa che dicevano che i bulli vanno compresi e cambiati e non occorrono misure così gravi come i lavori socialmente utili (che sono utilizzati in tutto il mondo).

Poi Valditara ha fatto una affermazione banale nella sua semplicità e che dovrebbe essere anzi scontata e cioè “via i cellulari durante le ore di lezione”. E anche qui è finito nuovamente in tendenza con tutto il solito Gotha della intellighenzia progressista a dargli del vecchio fascio nostalgico di una scuola passata che non c’è più.Ed il fatto è proprio questo. Non essendoci più la vecchia e buona scuola passata sperimentiamo il disastro attuale fatto di lassismo e incompetenza, quando se non proprio di asineria conclamata, con evidenti riflessi sulla scarsa qualità della classe dirigente che tutti conosciamo.

Successivamente è nato un equivoco estrapolando solo un termine dal discorso e cioè “umiliazione”.

A tal proposito il ministro ieri ha voluto precisare. “Lunedi ad un convegno si stava parlando di episodi gravi di violenza commessi da studenti ai danni dei docenti. Pensavo al noto caso di un ragazzo che ha preso a pugni il proprio insegnante. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli fare lavori socialmente utili. Mi sono posto il problema se ciò potesse rappresentare per quel ragazzo violento una umiliazione. Quando si irroga una sanzione si genera spesso in chi la riceve una umiliazione del proprio ego. Alcuni ragazzi violenti hanno difficoltà ad ammettere i propri errori, a chiedere scusa proprio perché questo comporta una riduzione del proprio io ipertrofico.

Eppure imparare l'umiltà di chiedere scusa, di ammettere i propri errori, di riconoscere i propri limiti ritengo sia essenziale per crescere e per maturare. In questo senso ho usato il termine "umiliazione". Talvolta la narrazione in presa diretta può dare luogo a degli equivoci. Non ho difficoltà a dispiacermi io per primo se il termine utilizzato a taluno è sembrato stonato. Ma riconfermo alla lettera il messaggio: nella società della arroganza, a cui i nostri giovani sono sempre più abituati dai social media, occorre rispondere con la valorizzazione della cultura del rispetto e della riscoperta di un valore fondamentale: l'umiltà. Senza umiltà, non riusciremo mai a crescere, a maturare e a imparare. Aggiungo che è proprio l'arroganza, il rifiuto della umiltà, l'anticamera degli estremismi”.

Il ministro ha spiegato –come visto- in che termini intendeva il termine di “umiliazione” e cioè in quello di “umiltà”, ma invece è passato strumentalmente un concetto sbagliato.

Probabilmente Valditara, nel “messaggio”, intendeva dire che se prendi un bullo e lo metti a pulire i bagni sotto gli occhi irridenti di compagni e compagne questo non è un evento così traumatico ma forse potrebbe avere anche un portato formativo, cioè pedagogico quello della limitazione di un Io ipertrofico, cioè l’acquisizione di un senso di umiltà. Del resto come è possibile accettare una scuola in cui l’insegnante, il professore, viene spesso intimorito se non “bullizzato” da personalità violente che possono arrivare, come succede quasi ogni giorno, anche a picchiarlo o a fargli stupidi scherzi?

Una volta se si fosse tentato tanto si avrebbe avuto una nota e una sospensione e poi il problema era non farlo sapere a casa che se no arrivava il resto.

Ora nella società invertita in cui viviamo succede esattamente il contrario: se l’alunno commette un atto violento i genitori vanno a scuola e picchiano a loro volta il professore. Insomma i valori si sono rovesciati completamente ed è chiaramente necessario mettere un freno a tutto questo.Ecco, magari Valditara da uomo di altri tempi si è fatto un po’ prendere la mano ed ha utilizzato termini non consoni ma, come dice lui, il messaggio è confermato.Infine, il ministro ha legato la percezione del reddito di cittadinanza al completamento del ciclo scolastico ed anche qui è stato spedito immediatamente in tendenza per una dichiarazione di buon senso.

Con il centro – destra al governo qualcosa sta cambiando nelle fibre della società italiana, lo vediamo ad esempio nell’assertività dimostrata con la Francia o sul reddito di cittadinanza, ma niente è così efficace per cambiare la società come applicare misure di buon senso nella scuola, a cominciare dal reintrodurre la fondamentale parola “merito”, come è stato fatto.

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