Il 1/5 non è il giocattolo di Landini. Meloni le ha suonate ai sindacati

Non ha amichetti in questo governo il leader Cgil...

Di Giuseppe Vatinno
Politica

 

Landini era molto infastidito per il Cdm che deve approvare il decreto lavoro che contiene il taglio del cuneo fiscale, piazzato proprio il 1 maggio. La misura determinante può attendere. Oggi si deve festeggiare il non lavoro


Giorgia Meloni e il governo, hanno incontrato ieri la trimurti sindacale guidata dal capo Maurizio Landini per la Cgil, con Luigi Sbarra per la Cisl e Pierpaolo Bombardieri per la Uil.

Landini era molto infastidito per il Cdm che deve approvare il decreto lavoro che contiene il taglio del cuneo fiscale, piazzato proprio il 1 maggio. La misura determinante può attendere. Oggi si deve festeggiare il non lavoro.

Inoltre era furioso per essere stato convocato all’“ultimo momento”, solo ieri, segno secondo lui di protervia, spocchia e personale antipatia.

Infatti per i sindacati il 30 aprile è visto come giorno prefestivo e poiché la voglia di lavorare per i capi dei lavoratori è sempre latitata la cosa gli ha destato una certa fatica.

Avrebbe preferito starsene comodamente sul divano a vedersi la partita ma ahiloro –ogni tanto- bisogna anche lavorare, anche per i sindacalisti.

Ma purtroppo i concetti di lavoro e sindacato –come ha detto la Meloni- sono spesso ortogonali.

Già quando guidava un partito allora piccolo, il premier ha sempre visto la festa dei lavoratori come un atto ipocrita perché ai sindacati interessano solo i numeri degli iscritti e non i lavoratori, come disse nel 2019 a Jesolo alla manifestazione “Sconcerto”.

L’incontro di eri è durato due ore e mezza e avrà sicuramente stremato Landini che non è abituato a confrontarsi con governi in cui non ha amici e amichetti che lo possano supportare e per questo appariva così nervoso e sospettoso.

Quando ha incontrato i giornalisti davanti a Palazzo Chigi si è finto costernato perché dovessero lavorare ieri e oggi, magari sotto la pioggia.

Sono decenni che i sindacati non rappresentano più i lavoratori se mai li abbiano mai rappresentati.

L’idea che si ha è quella di gruppi di potere che utilizzano invece i lavoratori per i loro scopi e più ce ne sono e più contano.

Basti pensare ai danni strutturali all’economia italiana che hanno combinato quando appoggiarono il piano dell’allora ministro Pierluigi Bersani dei DS per fare lo “spezzatino” dell’Olivetti, la più grande industria italiana e un fiore all’occhiello nel mondo.

E c’è da chiedersi dove fossero quando Renzi, allora segretario del Pd, abolì l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Forse c’era qualche partita in Tv.

La Meloni dovrebbe anche chiedere conto alla triplice perché non pubblichi i bilanci, visto che è una richiesta che viene addirittura direttamente dalla Carta costituzionale.

Ma su questo punto, come su altri, cade una cortina di imbarazzato silenzio perché pubblicare i bilanci vorrebbe dire scoprire altari e altarini.

Male non fare paura non avere.

Relativamente al decreto lavoro la leader di FdI ha ribadito rivolta a Landini:

«Per lei approvare il decreto il 1° maggio è un affronto ai sindacati, per me invece è un modo di partecipare alla festa dei lavoratori con qualcosa di buono. Siamo su mondi diversi».

Landini dovrebbe finalmente capire che il 1 maggio non è il suo personalissimo giocattolino, il suo “Natale laico” ma dovrebbe essere la festa di chi veramente lavora e non la sua.

Dovrebbe essere la festa di chi è sfruttato ed emarginato ed invece è solo utilizzato come carne da macello sul tavolo delle contrattazioni.

Ai grandi discorsi retorici che sentiamo dai palchi, oltretutto menano anche gramo visto che piove sempre al concerto di San Giovanni, segue solo e sempre la fastidiosa sensazione per i lavoratori di avere qualcosa di non nobile nelle terga.

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