Paolo Guzzanti la dice tutta sul razzismo alla rovescia

Il giornalista ieri sera, 14 dicembre, ha fatto un'analisi lucida dei fatti che riguardano la vicenda Soumahoro

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Paolo Guzzanti la dice tutta sul razzismo alla rovescia

Paolo Guzzanti è un giornalista intelligente, chiaro e ficcante e ieri sera al Tg4 ha fatto un’analisi lucida e impietosa sul caso Soumahoro. Riavvolgiamo il nastro. Finalmente la moglie del deputato, Liliane Murekatete, è stata indagata dalla Procura di Latina per i noti fatti relativi alle cooperative Karibu e Aid. Con lei è indagata pure la suocera Marie Terese Mukamitsindo e altre quattro persone. Lei si dichiara –come da prassi- innocente e così il marito Abubakar Soumahoro: "Ribadendo la mia totale estraneità ai fatti contestati sull'indagine della Coop. Karibù e del Consorzio Aid, di cui, come più volte affermato, non ero a conoscenza, nel prosieguo delle indagini, sempre più alla luce del sole, continuerò a impegnarmi nella mia attività politico-parlamentare sui temi che hanno da sempre caratterizzato il mio impegno". 

Sarebbe bello che Soumahoro compisse allora un bell’atto dimostrativo come quando è entrato con gli stivaloni lordi di fango in Parlamento (tra l’altro mica pulisce lui) e cioè si dimettesse. Sarebbe bello che Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni spingessero perché lo facesse. Ma finora niente. Soumahoro si è abbarbicato nella sua villetta a Casalpalocco e ignora i giornalisti. Guzzanti ha fatto notare che in questa vicenda, come in altre, si fa un utilizzo strumentale del termine “razzismo”.

Le Soumahoro non sono indagate perché “nere” e Abubakar non è al centro di una campagna mediatica perché “nero”, come qualche giornalista si ostina a dire, e facciamo solo i nomi di Paolo Mieli e Piero Sansonetti. Il colore della pelle qui non c’entra assolutamente nulla. E lo prova il fatto è che –ad esempio- nello scandalo delle mazzette di Bruxelles c’è la stessa ostinazione e ricerca della verità, eppure Eva Kaili, che si è recentemente paragonata in un delirio di onnipotenza a Ifigenia, è bionda che più bionda non si può e Antonio Panzeri sfoggia un bianco sgargiante che manco BioPresto.

E questo non ha certo spinto i giornalisti ad essere più indulgenti. Il presunto razzismo è quindi una comoda scappatoia per chi si vuole trarsi rapidamente d’impiccio. Il razzismo, a ben guardare, non è nei giornalisti e nell’opinione pubblica ma è proprio in quei politici e in quei giornalisti che hanno utilizzato il colore della pelle dei Soumahoro per riciclarsi la coscienza e acquisire una sorta di presunta immunità a vita, per il solo fatto di aver coinvolto persone di colore, questa la tesi di Guzzanti, peraltro perfettamente condivisibile.

Si tratta di una sorta non di greenwashing ma di blackwashing che sta compiendo l’intero Occidente. Si è pensato per troppo tempo che bastava che ci fosse una persona di colore per ottenere una sorta di impunità, come le aziende utilizzano il concetto dell’ecologia per coprire le proprie magagne di inquinamento. Occorre fare quindi molta attenzione anche a chi supporta questa visione perché il sospetto che si tratti di “professionisti dell’anti-razzismo”, come avrebbe detto Leonardo Sciascia, è alto.

 

 

 

 

 

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