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L'avvocato del cuore
"Abbiamo fatto l'eterologa. Ma ora lui minaccia di disconoscere nostra figlia"

Gentile Avvocato, io e il mio compagno stiamo insieme da circa 7 anni. Non sono mai riuscita a rimanere incinta, fino a quando abbiamo deciso di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (PMA). Dopo numerosi sforzi, finalmente aspetto una bambina che chiamerò Sofia. Da qualche tempo però, il mio compagno è molto cambiato tanto che minaccia addirittura di disconoscerla al momento della nascita e io sono preoccupata. Può realmente farlo?

Cara futura mamma,

La genitorialità può diventare un obbiettivo difficile da raggiungere quando uno dei partner, o entrambi, siano affetti da sterilità o infertilità. Fortunatamente la scienza negli anni ha fatto dei passi enormi, dando la possibilità a queste coppie di ricorrere alle tecniche di inseminazione artificiale. In particolare, la legge del 19 febbraio n. 40 del 2004 ha disciplinato la fecondazione assistita, vale a dire una tecnica alla quale le coppie infertili o sterili, o anche portatrici di malattie genetiche trasmissibili, possono ricorrere quando gli altri metodi terapeutici risultano inadeguati a rimuovere le cause che impediscono il concepimento. Inizialmente, in Italia, la legge aveva previsto la sola possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita di tipo “omologo”, per la quale gli spermatozoi e gli ovociti utilizzati ai fini della fecondazione provengono direttamente dalla coppia che si sottopone al trattamento. In questo modo, veniva assicurata al minore una famiglia con il proprio patrimonio genetico. Solo a partire dal 2014, grazie a una pronuncia costituzionale, è possibile anche utilizzare il gamete di un donatore esterno alla coppia (fecondazione di tipo “eterologo), al quale comunque il nato non sarà legato da alcun rapporto giuridico, né potrà far valere nei suoi confronti alcun diritto, né tanto meno potrà essere titolare di obblighi.

Invece, il partner infertile o sterile che presta il consenso a questo metodo terapeutico, instaura sin da subito una relazione parentale con il nato tanto che, dopo la fecondazione dell’ovulo, è impedito l’esercizio dell’azione di disconoscimento della paternità (articolo 9 della legge n. 40 del 2004). Pertanto, cara signora, da quello che scrive, il Suo compagno non potrà esercitare l’azione di disconoscimento quando Sofia nascerà, perché, in realtà, il limite temporale entro il quale avrebbe potuto al più revocare il proprio consenso coincide con il momento della fecondazione dell’ovulo, che per voi è stato ampiamente superato. Infatti la Corte Costituzionale ha ribadito che la revoca del consenso paterno in un momento successivo alla fecondazione dell’ovulo, priverebbe di fatto il nato del suo diritto alla bigenitorialità e quindi della possibilità per il bimbo di istaurare un rapporto affettivo, formativo e assistenziale con il padre, ritenuto fondamentale per la sua crescita.

Intraprendere questo percorso terapeutico significa volere davvero un figlio, mettersi in gioco e affrontare cure spesso molto lunghe e spese notevoli. Dunque, comporta coscienza e consapevolezza profonde della propria scelta. Insomma, voglio rassicurarLa sul fatto che il Suo compagno, il quale ha deciso scientemente di ricorrere a queste tecniche per avere un figlio insieme a Lei, non potrà in ogni caso attivare il procedimento di disconoscimento della paternità di Sofia. Anzi, al momento della nascita dovrà assumersi tutti gli obblighi che ogni genitore ha verso i propri figli. Auguri!

*Studio legale Bernardini de Pace

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    matrimonio e sessualitàmatrimonio e mancanza di rapportimatrimonioavvocato del cuorestudio bernardini de pace





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