Auto e Motori
Mobilità nelle province italiane: perché l'auto domina ancora i viaggi
Nelle città medio-piccole l'auto resta una scelta obbligata a causa di trasporti pubblici inefficienti, ma cresce la sensibilità verso i blocchi dei motori diesel.

Mentre il dibattito pubblico si concentra spesso sulle grandi metropoli come Roma e Milano, esiste un’altra parte del Paese, composta da comuni medio-piccoli sotto i 250.000 abitanti,
che rappresenta la vera spina dorsale dell’Italia. In questi centri risiede circa il 70% della popolazione, eppure è proprio qui che la mobilità sostenibile sembra segnare il passo. In queste realtà, l'automobile non è solo un mezzo di trasporto, ma una scelta quasi obbligata per la maggior parte dei cittadini.
La fotografia attuale scattata nelle province mostra un panorama in cui i mezzi pubblici appaiono in forte affanno, incapaci di intercettare le reali necessità di una popolazione che lavora, produce e si sposta quotidianamente. La discrepanza tra le ambizioni di una transizione ecologica e la realtà infrastrutturale del territorio emerge con forza, delineando una sfida complessa per le amministrazioni locali e nazionali.
Auto vs Mezzi Pubblici: un divario strutturale
I numeri parlano chiaro: il 67% degli intervistati utilizza abitualmente l’auto per i propri spostamenti. Al contrario, la quota di chi si affida al trasporto pubblico locale si ferma a un modesto 12%, la stessa percentuale di chi sceglie di muoversi esclusivamente a piedi. La micro-mobilità, che include biciclette tradizionali ed elettriche, resta ancora un fenomeno marginale, pesando complessivamente solo per l’8% nelle abitudini dei cittadini di provincia.
A spingere gli italiani verso il volante è soprattutto il bisogno di velocità negli spostamenti, indicato come fattore determinante dal 54% del campione. Il tempo, in un’economia dinamica e parcellizzata come quella delle province, diventa il bene più prezioso. Di contro, la percezione di un’offerta di trasporto pubblico insufficiente (lamentata dal 29% degli utenti) agisce come un forte deterrente. Solo poco più di un terzo degli italiani si dichiara oggi soddisfatto dei servizi pubblici disponibili, un dato che evidenzia la necessità urgente di investimenti mirati.
Il paradosso del consenso: sì al bando degli Euro 5 diesel
Nonostante la forte dipendenza dal mezzo privato, emerge un dato sorprendente riguardo alla consapevolezza ambientale. Ben 6 cittadini su 10 si dichiarano favorevoli alle limitazioni alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5 nei centri cittadini. Questo orientamento non è dettato da un mero spirito punitivo, ma da una precisa gerarchia di valori: al primo posto troviamo la volontà di contribuire al miglioramento della qualità dell’aria (55%), seguita dalla necessità di alleggerire il traffico urbano (24%) e dal desiderio di allinearsi ai parametri ambientali europei (21%).
La cosa più interessante è che molti dei favorevoli frequentano abitualmente il centro città per motivi di lavoro o svago, ma ritengono che tali divieti non avrebbero un impatto negativo sulle loro abitudini quotidiane. Questo suggerisce che esiste una disponibilità psicologica al cambiamento, a patto che vengano fornite alternative valide o che il sacrificio sia percepito come utile per la salute pubblica.
Le barriere economiche e l'impatto sulle famiglie
Tuttavia, il fronte del "no" alle restrizioni non va sottovalutato e affonda le radici in preoccupazioni concrete di natura economica. Chi si oppone al bando degli Euro 5 solleva dubbi sull'effettiva efficacia di tali misure per la pulizia dell'aria, ma soprattutto teme il forte impatto economico sulle famiglie. Dover sostituire un'auto ancora funzionale con un modello più recente e meno inquinante rappresenta una spesa ingente che non tutti possono permettersi nel breve periodo.
Per molti, l'acquisto di una nuova vettura o il passaggio a soluzioni di mobilità alternative più costose non è una scelta percorribile senza adeguati incentivi statali o un potenziamento radicale delle infrastrutture. Il rischio, dunque, è che le politiche ambientali possano trasformarsi in un onere sociale insostenibile per le fasce più fragili della popolazione residente nei piccoli comuni, dove le alternative di trasporto sono ridotte al minimo.
Prospettive per una mobilità del futuro nelle aree provinciali
Per superare l'attuale stallo, non basta imporre divieti, ma occorre ripensare l'intero ecosistema della mobilità nelle aree meno densamente popolate. Il successo della transizione energetica dipenderà dalla capacità di offrire un sistema integrato dove l'auto elettrica, il trasporto pubblico efficiente e la micro-mobilità possano coesistere. Serve una visione che non penalizzi la provincia rispetto alle grandi città, garantendo la stessa efficienza e rapidità che oggi i cittadini trovano solo nel mezzo privato.
Investire in tecnologie digitali per la gestione del traffico e in servizi di mobility-as-a-service potrebbe essere la chiave per rendere il trasporto collettivo più appetibile. Solo quando la velocità del bus o del treno sarà paragonabile a quella dell'auto, il 67% di italiani che oggi guida per necessità potrà finalmente considerare di lasciare le chiavi a casa, trasformando la propria propensione verso l'ambiente in azioni quotidiane concrete.
