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L'avvocato del cuore
"La mia futura moglie è musulmana: voglio sposarla, ma non convertirmi". L'avvocato risponde

“Buongiorno avvocato, io sono italiano, sono fidanzato con una ragazza iraniana e abbiamo deciso di sposarci in Italia. Lei ha un contratto di lavoro ed è in regola con il permesso di soggiorno. Sappiamo che la legge del suo paese, per riconoscere il matrimonio della donna musulmana, impone al futuro marito di convertirsi alla religione della futura moglie. Io la amo ma non voglio essere costretto a convertirmi all’islam. Lei e suo padre sono d’accordo con me. Cosa possiamo fare?”

Questi due fidanzati sono incastrati in un circuito normativo.

Da una parte ci sono le norme di diritto italiano che richiamano le leggi straniere in materia di condizioni per il matrimonio dello straniero. E in particolare, l’art. 116 del nostro codice civile, per il quale lo straniero che vuole contrarre matrimonio in Italia deve presentare all’ufficiale dello stato civile la dichiarazione rilasciata dall’autorità competente del proprio Stato d’origine dalla quale risulti che “giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio”e deve soddisfare le condizioni relative alla capacità di contrarre matrimonio dei cittadini italiani.

Dall’altra c’è la norma di diritto straniero che considera nullo il matrimonio fra una donna musulmana e un uomo non musulmano.

L’applicazione della normativa straniera nel nostro ordinamento, però, incontra dei limiti e non può essere rispettata quando si pone in contrasto con l’ordine pubblico interno e internazionale.

Esattamente come avviene in questo caso.

La legge straniera che subordina l’autorizzazione richiesta dall’art. 116 c.c. per il matrimonio della donna musulmana alla conversione all’islamismo del futuro marito, infatti, VIOLA le norme costituzionali e le disposizioni fondamentali di diritto internazionale generalmente riconosciute e INCIDE, comprimendoli, sul principio di uguaglianza e sul divieto di discriminazioni (neanche per motivi religiosi), sul diritto alla famiglia e al matrimonio, nonché sulla libertà di coscienza, religione e culto sanciti sia dalla nostra Carta Costituzionale (artt. 3, 19 2 29), sia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (artt. 9, 12 e 14), sia dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo (art. 12 e 16), sia ancora dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE di Nizza (art. 7 e 9).

Per di più, la nostra Carta Costituzionalesancisce la liceità dello Stato italiano e non può consentire limitazioni alla liberà di contrarre matrimonio che dipendano dal credo religioso di uno o di entrambi i coniugi.

Sul punto la giurisprudenza di merito è da sempre unanime nel ritenere che la norma dell'ordinamento straniero che impedisce la celebrazione del matrimonio per motivi religiosi non può trovare applicazione nel nostro ordinamento in quanto discriminatoria e in contrasto con i diritti di rango costituzionale che non consentono di condizionare il matrimonio in dipendenza della fede religiosa.

Né la condizione giuridica dello straniero può essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorati. Tanto più che la limitazione del diritto dello straniero a contrarre matrimonio nel nostro paese si tradurrebbe anche nella compressione del corrispondente diritto del cittadino italiano.

Anche e soprattutto per questo, la Corte Costituzionale ha ribadito, a chiare lettere, che “il diritto di contrarre matrimonio, come riconosciuto dalla Costituzione e a livello sovranazionale, è un diritto fondamentale, che spetta ai singoliin quanto esseri umani.

E allora cosa potranno fare questi due innamorati?

Come prima cosa, dovranno richiedere le pubblicazioni all’ufficiale di stato civile competente.

L’autorità consolare iraniana – tenuta a rispettare la legge del proprio paese – non rilascerà il nulla osta richiesto dalla legge italiana, ai sensi dell’art. 116 c.c., per ragioni religiose (ossia per la mancata adesione del futuro sposo alla religione islamica della futura sposa). Di conseguenza, l’ufficiale di stato civile rifiuterà di procedere con le pubblicazioni.

Contro il rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato civile i fidanzati potranno e dovranno proporre ricorso davanti al tribunale.

Il tribunale, una volta accertato il palese contrasto tra la legge straniera e i principi di ordine pubblico interno e internazionali, non potrà che disapplicare la norma di diritto iraniano/islamico e ordinare all’ufficiale dello stato civile di procedere alle pubblicazioni di matrimonio richiesto. Ferme in ogni caso le norme di diritto italiano sulla capacità delle parti di contrarre matrimonio.

E finalmente i fidanzati potranno coronare il loro sogno!

* Studio legale Bernardini de Pace

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