Herzog risponde a Mattarella: “Israele vuole vivere in pace e agisce nel rispetto del diritto internazionale” - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 19:07

Herzog risponde a Mattarella: “Israele vuole vivere in pace e agisce nel rispetto del diritto internazionale”

Di Ernesto Vergani

Mercoledì il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – da sempre favorevole al diritto di Israele ad esistere - ha affermato che “la situazione a Gaza diviene, di giorno in giorno, più grave e intollerabile. È difficile non ravvisarvi l’ostinazione a uccidere indiscriminatamente”. Parole che hanno suscitato la reazione del Presidente israeliano Isaac Herzog: “Israele non uccide indiscriminatamente. Sì, gli errori accadono in guerra e non siamo indifferenti al dolore dei civili palestinesi. Agiamo secondo il diritto internazionale in condizioni quasi impossibili”. Herzog ha anche ribadito un principio essenziale per Israele: “Tutto ciò che vogliamo è vivere in pace — e lo vogliamo, lo meritiamo come ogni altra nazione”.

Pace e giustizia nella radice spirituale di Israele

Nella tradizione biblica ed ebraica, pace e giustizia non sono solo ideali etici, ma elementi costitutivi dell’identità spirituale di Israele. Il Salmo 85 recita: “giustizia e pace si baciano” (Salmo 85,10), un’immagine potente che esprime l’armonia tra rigore morale e riconciliazione. Nel simbolismo rabbinico, questa alleanza si riflette nei quattro angeli che accompagnano l’uomo nella sua ricerca di senso. Israele – il nome stesso significa “colui che lotta con Dio” – porta con sé, fin dalla radice, una tensione verso l’alto che include la pace come vocazione profonda, non solo politica ma teologica.

La responsabilità di Hamas, la storia della guerra

La guerra a Gaza non nasce da un’astratta volontà di violenza, ma da una data precisa e tragica: il 7 ottobre 2023, quando Hamas ha compiuto un’aggressione barbara, uccidendo, rapendo, seminando terrore. Israele ha reagito legittimamente. La responsabilità è di Hamas. La tragedia del popolo palestinese è reale e lacerante. I bambini che muoiono di fame a Gaza gridano alla coscienza del mondo. Tuttavia, se oggi vogliamo parlare di pace, dobbiamo partire dalla storia: nel 1947 Israele accettò la spartizione in due Stati; furono i Paesi arabi a respingere l'accordo e a dichiarare guerra. Quella guerra non è mai finita.

Dio, Israele e l’odio per il diverso

Anche per un ateo, ricordare che Dio è ebreo non è un’affermazione confessionale, ma culturale: il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe è il fondamento della coscienza morale dell’Occidente. Nella mistica ebraica, “Israele” è chi tende verso il cielo, chi lotta per la verità, per la giustizia, per la pace. Ed è proprio in questo riconoscimento, in questa identità di “popolo eletto” e di custode di una vocazione morale, che affonda la radice dell’odio: quello verso il diverso, verso chi eccelle, verso chi porta un segno di alterità. È lo stesso meccanismo dell’invidia che trasforma l’ammirazione in risentimento e il rispetto in rifiuto.

Roma e Israele

A Roma — la capitale, e per estensione simbolica l’Italia intera — vive la più antica comunità ebraica della diaspora, presente senza interruzione da oltre duemila anni. Già in epoca repubblicana, Roma riconobbe agli ebrei la libertà di culto, e nel 161 avanti Cristo il Senato romano siglò un trattato con Giuda Maccabeo, sancendo un’alleanza difensiva tra i due popoli: uno dei primi riconoscimenti ufficiali della nazione ebraica nella storia antica. Un legame profondo, che ha resistito nei secoli. Non a caso, nel Talmud (Sanhedrin 98a), è proprio “alle porte di Roma” che — in una celebre parabola — si dice attenda il Messia, pronto a manifestarsi nel momento in cui l’umanità sarà degna.