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Lo sguardo libero
Libri/ Di Molfetta: "Riformiamo l’avvocatura con Calamandrei"
Nicola Di Molfetta, giornalista, esperto di mercato dei servizi legali, autore di importanti pamphlet, direttore delle testate Legalcommunity e MAG

Da questa iniziativa emergono nuove prospettive per il riordino del ruolo e della funzione dell’avvocato

Nel Paese delle 110mila leggi e dei 246.000 avvocati, si torna a discutere in questi giorni della riforma forense che quest’anno compirà dieci anni. Tuttavia, il paradosso è che la legge 247/2012, arrivata dopo 80 anni, sembra avere già bisogno di essere rivista. Per avere un riferimento puntuale, illuminante è disponibile da qualche mese in libreria e in tutti gli store online un’opera inedita e originale sia per contenuto che struttura: Troppi Avvocati! di Piero Calamandrei/ Quali Avvocati? di Nicola di Molfetta (editore LC Publishing, novembre 2021, euro 39,90).

Si tratta di un elegante cofanetto che contiene la copia anastatica di Troppi Avvocati!, il testo che Calamandrei, padre costituente, tra i più autorevoli giuristi del 900, pubblicò per i “Quaderni della Voce” di Giuseppe Prezzolini nel 1921 e il saggio “Quali Avvocati?”, firmato da Nicola Di Molfetta, giornalista, esperto di mercato dei servizi legali, già autore degli apprezzati Avvocati d’Affari e Lex Machine, direttore delle testate Legalcommunity e MAG. 

All’epoca del testo di Calamandrei gli avvocati in Italia erano 25mila. Oggi sono quasi decuplicati. E la questione del troppismo forense, come la chiama Di Molfetta, continua a tenere banco. Calamandrei espresse una critica mirata a scuotere le coscienze di una categoria che rischiava di perdere il contatto con la consapevolezza di sé, perché sommersa dagli affanni di un’attività sempre più difficile da sostenere. Una condizione simile a quella odierna. Il 2021 è stato un anno record sul piano delle cancellazioni di avvocati dagli Albi

Col piglio e la chiarezza del giornalista, Di Molfetta analizza in una prospettiva attuale, chiara e persuasiva i nodi della professione, dall’indipendenza all’associazionismo alla reputazione, dalla riforma alla formazione ai corsi universitari. Soprattutto propone un cambio di paradigma. Suggerisce che la differenziazione sul mercato sia l'unica via d'uscita rispetto alla retorica dei troppi avvocati. Spiega che servono le specializzazioni, che la trasparenza del settore è un elemento fondamentale per la differenziazione dei professionisti, che le carriere possibili per gli attori del diritto sono molteplici e che vanno presentate non più come altro rispetto all'avvocatura tribunalizia, ma come alternativa altrettanto nobile e soprattutto utile.

“Gli avvocati – scrive di Molfetta - hanno bisogno di riflettere sul ruolo che la professione può e deve giocare in un contesto socioeconomico in profonda trasmutazione. Complesso. Globalizzato. Iper-regolamentato. E soprattutto, mediatizzato. Un contesto in cui gli avvocati servono, ma non in modo indistinto”. 

 “Non tutti gli avvocati sono uguali”. Esclama Di Molfetta, intendendo che 246mila avvocati non possono essere tutti impiegati nello svolgimento delle medesime funzioni e che per “smettere di essere troppi” gli avvocati devono distinguersi e specializzarsi. Devono diventare interpreti delle esigenze legali espresse dalla società e dall’economia del loro tempo e organizzarsi nelle modalità più adeguate a rispondere ad esse nella maniera più efficace ed efficiente. 

Il riconoscimento della verità - scrisse Calamandrei nel 1921 - è la prima condizione di ogni rinascita”. “Lo specchio, dinanzi al quale la professione si è intrattenuta per troppo tempo - gli fa eco oggi, un secolo dopo, Di Molfetta - deve diventare una finestra affacciata sul mondo e in posizione utile per comprenderne bisogni e necessità. Questa è la condizione indispensabile per l’affermazione di un’avvocatura nuova. Di un’avvocatura utile”.

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