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Scambio di azioni tra società Europee: non è indice di frode fiscale

Il diritto comunitario e la giurisprudenza dell’Unione Europea si fa sempre più incisiva negli scenari giuridici dei singoli Stati della UE.

La preminenza dell’ordinamento comunitario si è affermata in ambito nazionale già a partire dai primi anni ’80 grazie al riconoscimento da parte della Corte Costituzionale del primato del diritto dell’Unione Europea.

È interessante notare come detto primato condizioni non solo le sorti del diritto nazionale  ma anche dei giudici che sono chiamati ad interpretarlo e ad applicarlo. Per quanto riguarda il nostro Paese, la Corte di Cassazione si è più volte occupata dell’efficacia delle decisioni rese in ambito comunitario all’interno del nostro ordinamento, statuendo il principio di vincolatività diretta della giurisprudenza europea in ambito nazionale.

Giova a questo punto riportare qualche decisione della Corte di Cassazione in merito al riconoscimento delle sentenze comunitarie in ambito nazionale. La Corte ha dapprima ritenuto vincolanti le decisioni comunitarie pronunciate in seguito ad un rinvio pregiudiziale, per cui queste ultime sono immediatamente applicabili ponendosi come unico limite il “rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e dei diritti ineliminabili della persona umana”(Cass. 28.03.1997, n. 2787).

L’iter giurisprudenziale della Suprema Corte è stato poi costellato da diverse pronunce che hanno avuto l’effetto di consolidare il valore del precedente comunitario per i nostri giudici. Ad esempio, la Suprema Corte nella sua composizione più autorevole (Cass. SS.UU. 24.05.2007, n. 12067) ha riconosciuto l’efficacia diretta delle norme e della giurisprudenza comunitaria.

L’attività ermeneutica dei giudici europei ha offerto diverse applicazioni con riguardo alla materia tributaria, dove si sono affermati diversi principi anche a tutela del contribuente sia esso privato piuttosto che società.Uno dei principi recentemente affermati, ad esempio, inerisce alle operazioni commerciali tra società aventi sede in più Stati europei che non costituisce di per sé indice di frode. La pronuncia della Corte di Giustizia Europea (d’ora in avanti CGUE) si inserisce nell’orientamento giurisprudenziale che in più occasioni ha tutelato la legittimità delle operazioni intersocietarie volte all’acquisizione di aziende aventi sede in altro Stato membro.

Questo è quanto sancito dalla CGUE con sentenza del 19.07.2012 all’esito del procedimento C-48/11 - meglio noto come Veronsaajien contro A oy – che ha confermato il suo orientamento in materia di inammissibilità di presunzioni generali di frode (si veda la sentenza su www.studiolegalesances.it – sez. Documenti).

La Corte, infatti, si mostra sempre particolarmente attenta alle istanze di giustizia in materia di fiscalità diretta e libertà di trasferimento delle società all’interno del territorio comunitario.

Nello specifico, il rinvio pregiudiziale alla CGUE scaturisce dall’esigenza di fornire un’interpretazione armonizzatrice all’Accordo SEE, che ha l’obiettivo di rafforzare le relazioni commerciali tra gli Stati membri dell’Unione e i paesi aderenti all’AELS (Associazione europea di libero scambio) per cui la Corte Suprema Amministrativa finlandese formulava il rinvio con la seguente questione: Se uno scambio di azioni, con il quale una società per azioni finlandese cede ad una società norvegese azioni di una società da essa posseduta ricevendo quale controprestazione azioni emesse dalla società norvegese, debba essere trattato ai fini dell’imposizione, tenendo conto degli artt. 31 e 40 dell’accordo SEE, allo stesso modo, cioè in maniera neutrale, come se lo scambio di azioni riguardasse società per azioni nazionali o società stabilite in Stati membri dell’unione europea.

Ebbene, secondo la CGUE il principio della libertà di stabilimento si estrinseca nella possibilità per uno Stato membro o per uno Stato aderente all’Accordo SEE che ha la propria sede all’interno del territorio comunitario di poter svolgere la propria attività mediante una controllata, una succursale o un’agenzia.

Viene evidenziato, inoltre, come la normativa nazionale finlandese prevedesse che la neutralità dell’operazione di scambio di azioni tra società fosse concessa solo qualora: “la sede sociale della società acquirente sia stabilita in Finlandia o in uno Stato membro dell’Unione europea”.

Per tale motivo la CGUE ha considerato le predette disposizioni nazionali una restrizione incompatibile sia con le norme dell’Unione che con l’art. 31 dell’Accordo SEE proprio perché andavano a ledere il principio di non discriminazione, in quanto lo Stato membro è tenuto ad applicare lo stesso regime fiscale riservato agli scambi di azioni tra società nazionali e quelli che coinvolgono società con sedi in  Paesi terzi aderenti all’Accordo SEE.

Viene chiarito, infine, che una limitazione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

Alla luce di ciò, non essendoci nel caso di specie motivi ostativi di interesse generale, la CGUE ha affermato che un’operazione di scambio di azioni fra uno Stato membro e un Paese terzo aderente all’Accordo SEE non può essere assoggettata a tassazione quando fra i medesimi Stati è in vigore una convenzione che preveda una collaborazione amministrativa in ambito fiscale.

 

Dott. Housni Kotni

Avv. Matteo Sances

 

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    Tags:
    #scambiodiazioni #frodefiscale #europa





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