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“Così salviamo i cani dai lager bosniaci”. La testimonianza
Foto Facebook

L'EVENTO - Mercoledì 15 dalle 19.30 al Turné in via Paolo Frisi, a Milano, è stato organizzato un aperitivo in favore dell associazione Prijedor Emergency. I cani salvati sono tanti, per aiutare o conoscerne altri scrivi a: prijedoremergency@gmail.com

Da anni le volontarie della Onlus Prijedor Emergency si battono per salvare cani e gatti destinati al mercato nero o a una morte violenta nei canili lager della Bosnia. "Prijedor Emergency Onlus - racconta la presidente Valentina Grancini  - è nata nel 2014 per salvare, curare, portare in Italia e far adottare i randagi della repubblica serba di Bosnia, cani e gatti. L'attività si svolge in particolare a Prijedor, città tristemente nota per il canile lager di Kurevo, dove i cani vengono barbaramente uccisi ogni venerdì nei modi meno ortodossi possibili che vanno dal veleno per i topi nel cibo alle bastonate, fino ai pezzi di vetro nella pappa e alle impiccagioni. Alcuni vengono abbandonati al cannibalismo per fame. Gli operatori del canile fatturano circa il corrispettivo di 35€ per ogni soppressione dichiarata al comune».

Come organizzate i salvataggi e come portate i cani in Italia?

«Organizziamo partenze dalla Bosnia con 5 cani per macchina, ogni auto tenta un confine diverso a diversi orari della notte. L'operazione può durare parecchie ore perché i doganieri trovano qualsiasi cavillo per rispedire indietro i cani, anche se i documenti sono in regola. A complicare il tutto c'è il fatto che i vari confini sono lontani tra loro. Fuori dal confine si caricano i cani sulle macchine deputate al trasporto in Italia e si riparte per il Veneto dove abbiamo una cara amica volontaria che mette a disposizione il suo tempo e il suo giardino per dissetare, sfamare e far sgranchire i cani. Lì vengono o gli adottanti direttamente, o gli staffettisti che li portano nelle varie destinazioni. Tutto questo avviene una o due volte al mese.

Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate?

«In primis le autorità cittadine che ci sono proprio nemiche poiché sottraiamo loro una delle migliori fonti di lucro che hanno. Oltre a ciò la mancanza di risorse umane in loco ci impedisce di essere più efficaci, infatti due soli volontari si occupano dei circa 150 cani che abbiamo salvato e che si trovano divisi in due rifugi costruiti con poco materiale e poche risorse. Ultima, ma non meno importante, la difficoltà economica: mancano costantemente i fondi per aiutare le povere creature ed essere sempre pronti ad affrontare ogni emergenza».

In Italia c'è attenzione a questo tema, vi arrivano aiuti e sostegno?

«L'attenzione sta crescendo e le persone acquistano via via fiducia nel nostro operato. Abbiamo una pagina fb molto attiva dove aggiorniamo costantemente quello che viene fatto grazie agli aiuti che ci arrivano (migliorie, acquisto cibo, emergenze veterinarie, staffette per portare i piccoli in Italia). Siamo ancora una realtà piccola, ma piano piano stiamo guadagnando visibilità e credibilità».

E ora, che cosa sta succedendo?

«La presidentessa dell'associazione bosniaca SPAS-Adopting Animals in Prijedor, gemellata con la nostra Onlus Prijedor Emergency, ha ricevuto una convocazione a presentarsi in tribunale a causa di un'indagine richiesta dall'ispettrice veterinaria del Kurevo Asylum (Canile di Kurevo) Vesna Vučeta, sostenuta dall'ispettrice comunale del servizio edile Biljana Rodic, per l'accusa di traffico internazionale di cani. Secondo l'ispettrice, la volontaria Ina Ritan, di SPAS- Adopting Animals in Prijedor, recuperebbe cani randagi dalla strada e li riscatterebbe dal canile di Kurevo, a scopo di lucro, cioè per farne commercio al di fuori della Bosnia per scopi non ben identificati: farne pellicce, esche di caccia, strumenti per vivisezione e presunti studi scientifici».

E dunque ora che cosa rischiate?

«La volontaria Ina Ritan, che si occupa di mantenere vivi e in salute più di 150 cani da lei stessa salvati, in due rifugi privati, provvedendo al nutrimento, al riparo, alle cure veterinarie e all'adozione (con il supporto dell'associazione Prijedor Emergency) degli stessi, ha ricevuto minacce non solo in merito al suo lavoro di volontariato, ma anche riguardanti la sua vita personale e la sua professione di insegnante al servizio dello stato».

Ma chi sta disturbando con il suo operato?

«Il volontariato di Ina Ritan è ritenuto scomodo dagli operatori, dai veterinari e dagli ispettori del Kurevo Asylum, innanzitutto perché mette in luce a livello internazionale le ingiustizie, il non rispetto delle norme sanitarie, le violenze e l'incuria perpetrata all'interno del canile municipale ( che è sito al centro della discarica cittadina di Prijedor - proprio in mezzo ad una montagna di rifiuti maleodoranti e liquame). Inoltre Ina sottrae, salvando cani dalla strada e riscattando per mezzo di volontari, legalmente, i cani dal canile della morte, una grossa fonte di lucro per chi lavora intorno al business del randagismo: gli operatori guadagnano sia sulla detenzione che sulla soppressione degli animali custoditi all'interno. Infatti per ogni cane a cui viene fatta l'eutanasia (o meglio per cui viene dichiarata eutanasia , ma stiamo parlando di pezzi di vetro nel cibo o veleno per topi, bastonate o colpi di fucile) viene presentata fattura al comune, in quanto servizio ecologico e di prevenzione del randagismo».

La legge che cosa dice?

«Il Kurevo Asylum non rispetta alcun requisito di legge, è un luogo che sopravvive nell'illegalità e grazie ai favoritismi di alcune personalità di spicco all'interno del distretto, e grazie al totale disinteresse di autorità e cittadini in merito alla questione della dignità animale. La legge sulla tutela degli animali esiste, ma a nessuno interessa farla rispettare, questo non solo a Prijedor, ma in tutta la Bosnia (basti pensare all'esempio del Hresa Asylum nei pressi di Sarajevo, un kill-shelter dove nessun cane può uscire una volta entrato). Nell'ultimo mese sono stati riscattati legalmente più di 20 cani dai volontari incaricati da Ina Ritan, cani che versano in condizioni improponibili: magri al limite dell'anoressia, affetti da rogna, ricoperti di pulci e zecche, feriti o invalidi».

Da quanto va avanti questa situazione?

«Quest'estate sono arrivate le prime minacce: l'ispettrice Vučeta si è presentata senza preavviso ai cancelli del rifugio privato gestito da Ina Ritan, accompagnata da un gruppo di accalappiacani con un furgone pieno di scatoloni di cartone vuoti, con la pretesa di sequestrare cani e di portarli al Kurevo Asylum. La volontaria ha dovuto chiamare la polizia per allontanare la delegazione dal rifugio (che non aveva alcun diritto di presentarsi in quel modo) e ha contattato un avvocato per farsi istruire sul da farsi. Grazie a una mail bombing dall'Italia, promossa dal progetto ENPA BIH, rivolta al sindaco della municipalità di Prijedor, alle testimonianze delle associazioni e dei sostenitori italiani e svizzeri, l'accusa è stata ritirata».

E chi potrebbe darvi una mano per proseguire in questa grande opera di civilizzazione che portate avanti?

«Potrebbe aiutarci l'ambasciata italiana in Bosnia, fornendo supporto morale al progetto Prijedor Emergency, ma anche la municipalità di Prijedor opponendosi con forza e fermezza agli abusi perpetrati dagli operatori del canile».

 

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canili bosniacani randagi bosniacanili lager bosnia





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