Donne in ufficio, che guerra. Ecco perché si cannibalizzano
Donne manager, donne in carriera... Donne-lupo per le loro colleghe. Sarà vero? O sarà soprattutto una sorta di percezione per cui, considerando la donna più malleabile per indole, si tollera meno la sua autorità in ufficio? In questi giorni il dibattito è aperto in tutto il mondo, le donne al lavoro sono nel mirino.
A scatenarlo pochi giorni fa è stata una donna d'affari spagnola, Monica Oriol, leader del più grande gruppo di servizi Seguriber-Umano: ha detto che lei non assumerebbe donne tra i 25 ei 45 anni per paura di una gravidanza e ha consigliato alle donne che vogliono far carriera di sposare un funzionario pubblico o di avere un marito che ama i bambini. Una visione machista molto comune tra le donne leader. Satya Nadella, CEO di Microsoft da pochi mesi, durante una conferenza sull’importanza delle donne nel mondo del lavoro, ha invece affermato che queste dovrebbero usare più il karma, evitando di chiedere un aumento al proprio capo. Non chiedere l’aumento, secondo Nadella, indurrà il capo a dare più responsabilità alla donna. Entrambi hanno scatenato un acceso dibattito e poi ammorbidito le loro dichiarazioni.
Ma perché i rapporti tra donne sono così complicati in ufficio? E' la "sindrome da ape regina",per l'esattezza. Un'espressione coniata dai ricercatori dell'Università del Michigan nel lontano 1970: cresciute in ambiente a prevalzenza maschile le donne manager si oppongono alla promozione delle loro colleghe in posizioni inferiori perché, ossessionate dalla cultura patriarcale nel lavoro, tendono a mimetizzarsi e ad assumere codici di comportamento "maschile".
"Per le donne, le relazioni sul posto di lavoro sono molto importanti. Prendono le cose sul personale, si lasciano influenzare dalla vita privata, hanno memoria lunga ed accumulano emozioni e rancori. Tendono a paragonarsi agli altri e talvolta a deprezzarsi se l'autostima è bassa. Qui si crea lo squilibrio", spiega Louise Doucet, autore di "Femmes au travail. Déjouer les comportements assassins - Apprendre à se comprendre" (Éd. Logiques, 2006).
Non solo. Le aspettative di comportamento aziendale sono molto diverso a seconda dei sessi. In altre parole, da una donna ci si aspetta un atteggiamento "dolce e gentile". Un comportamento autoritario viene stigmatizzato automaticamente mentre viene considerato "normale" in un uomo. "I conflitti tra le donne sono più visibili perché vanno contro la norma sociale. Una donna dovrebbe essere più accondiscendente secondo le aspettative sociali", afferma Ariane Ollier-Malaterre, docente di Management presso l'Università del Quebec Montreal.
"Basta farci la guerra" - Leggi il commento della scrittrice Hélène Battaglia*
E' vero che sono ancora troppo numerosi i capi dall'atteggiamento 'macho' e soprattutto in paesi di tradizione mediterranea come l'Italia ma non solo. Ma le cape, il cui numero tende a crescere, come se la passano? E se in fine dei conti queste ultime non fossero affatto più women friendly ma si comportassero a volte anche peggio dei loro colleghi maschi?
Se da sempre l'uomo é considerato un lupo per l'uomo, fatto sta che, in ufficio, la donna sta diventando una vera lupa per la donna. La solidarietà femminile? Oggigiorno é sempre più utopia pensare che esista. Parliamoci chiaro, le donne sono per natura più compettitive degli uomini. Sarà nei geni. E lo sono stranamente soprattutto tra di loro. Non c'é cosa peggiore secondo me che un ufficio zeppo di donne o quasi. E' guerra aperta al quotidiano. Condizioni pessime che non portano a niente di buono anzi. A perdere solo tempo e a non crescere mentre gli uomini loro procedono sereni e solidali.
In grandi metropoli come Milano, la figura della capa, spietata donna in carriera é ormai temuta. E non fa più sognare. E come potrebbe farlo? Di mia personale esperienza, posso affermare che, a certe donne, il potere dà infatti proprio alla testa. Non tutte siamo in grado di gestirlo. Diventano tremende. Del tipo che ti assumono sorridenti, promettendoti ottime prospettive. Poi tu ti dimostri competente forse più del previsto e li iniziano i guai. Sei troppo in gamba e quindi diventi pericolosa. Iniziano a trattarti male, ti mettono con le spalle al muro, bastoni fra le ruote fin quando non crolli e magari decidi di andartene. Lo sa bene la mia eroina HOPE alle prese nel sequel 'Una promessa di felicità' con una capa del genere. Cosa personalmente ci guadagnano? Me lo chiedo. Si sentono meglio dopo essersi comportate cosi?
La cosa buffa é che dopo anni di lotta contro il 'machismo al maschile', sono sempre più numerose le donne vittime del 'machismo al femminile'. Perché la realtà é tale che molte donne appena promosse cape si comportano ancora peggio di certi uomini di cui forse hanno, in passato, subito il machismo.
E se semplicemente, le donne soprattutto le 'cape' cominciassero ad essere più sicure di sé, meno invidiose e finalmente serene? E se semplicemente, tornassero ad essere vere donne? Esseri capaci di grande generosità, di comprensione e di cuore. In questo caso, forse ci potrebbe essere uno spiraglio per vedere nascere una vera e sincera forma di solidarietà. Basta farci la guerra, ognuna di noi é unica, ricordiamocelo. Insieme possiamo essere più forti! Voi che ne dite?
* Hélène Battaglia è l'autrice della duologia in rosa e successo editoriale "Appuntamento al Ritz" (2012) e "Una promessa di felicità" (2013) (Baldini & Castoldi). Nata e cresciuta in Francia, vive a Milano dal 1999 dopo essersi laureata presso l'università di lettere di Aix-en-Provence. Giornalista e appassionata di moda da sempre, ha coperto per numerosi anni, la Fashion week milanese per ELLE.fr. Da un paio di anni é fashion editor per il magazine di moda svizzero OPEN magazine. Nell'estate 2013, ha siglato con l'it-brand italiano London Ink by Hélène Battaglia, una capsule collection artistica di t-shirt venduta in numerosi paesi d'Europa.
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