Alla conquista della fiducia

Di Maria Martello*
La fiducia è un sentimento complesso, saldo e definito, che richiede lunghi percorsi e scelte di attesa verso l'altro, che è, come sappiamo, pur sempre un terreno sconosciuto. Uno degli aspetti, infatti, più difficili, nell'avere fiducia, è proprio il fatto che dobbiamo riconoscere affidabilità ad un "altro" che non conosceremo mai fino in fondo. Eppure il dare fiducia e riceverla costituisce, spesso, nei naufragi della vita, una bussola, una forma di orientamento in un mare sconfinato e sconosciuto.
La fiducia è un sentimento elaborato che si sviluppa solo nella relazione con l'altro. E', infatti, sul terreno dell'incontro con l'altro che si sperimenta anche la fiducia in se stessi: se fossimo completamente soli o del tutto incapaci di metterci in contatto con i nostri simili, non potremmo mai sperimentare la fiducia neppure verso noi stessi oltre che verso gli altri. La chiusura nella solitudine come "mancanza dell'altro", ci fa sentire onnipotenti, unici spettatori della nostra vita. Non è un caso che il termine "patto" in latino si dicesse "foedus", la stessa radice della parola "fides", cioè "fiducia".
La fiducia è, quindi, un patto, un accordo che riconosce regole, scritte e non, che stabiliscono un rapporto di reciproco riconoscimento dell'altro, sia nella sua capacità di essere che in quella di fare. E' solo in un contesto di relazioni profonde che la fiducia ha il suo ruolo più importante, nel consolidare rapporti di reciproca responsabilità che partono sempre e comunque dal "riconoscere" l'altro. Si tratta, dunque, di una fase fondamentale della vita umana, anzi della crescita umana, fatta di uno spazio sufficientemente ampio per accogliere, per "trattare" ciò che dell'altro ci fa "avere fiducia", o ciò che di noi "fa avere fiducia" all'altro. Da sentimento complesso qual è la fiducia, la sua parte più difficile è, ancora una volta, quella che riguarda il rapporto con noi stessi.
La fiducia in se stessi si conquista, si raggiunge dopo un percorso di ricerca e di scoperta di un contesto che consente la pratica di questo sentimento: mai come in questo caso vale l'esperienza vissuta attraverso lo scambio con l'altro, in un contesto "garantito". La fiducia, più di altri, è innanzitutto un percorso ad ostacoli dentro noi stessi, contro il senso di incertezza che è insito nel vivere. Il punto non è raggiungere la certezza assoluta, ma convivere con l'incertezza e renderla una spinta verso la vita piuttosto che un freno. Questo passaggio richiede un "patto" con noi stessi, un accordo che non passa solo dal riconoscere i nostri punti di forza, quanto dall'accettare i nostri punti deboli, come una parte altrettanto importante quanto l'altra: un equilibrio tra limiti e risorse che diventa "fiducia" in se stessi. Negoziare per diminuire il senso di incertezza o semplicemente farlo diventare qualcos'altro, significa affrontare un rischio e decidere cosa rischiare realmente. Patteggiare con noi stessi è difficile perché presuppone la conoscenza della nostra interiorità e l'accettazione dei nostri limiti: solo dopo che abbiamo raggiunto un accordo anche con i nostri "vuoti", le nostre mancanze potremo cominciare a negoziare i "vuoti" ed i "pieni" cioè le positività degli altri.
Conoscenza, limite, ascolto, rischio sono parole che entrano nel campo della fiducia, contribuiscono a stabilire il patto, ma su tutte, deve esserci una condizione fondamentale: la responsabilità. Per stabilire un accordo bisogna fissare le regole da seguire, i tempi, le condizioni di partenza, i punti di arrivo e, soprattutto, i soggetti con cui trovare l'accordo stesso.
La fiducia è grande atto di responsabilità verso noi stessi e verso gli altri. Avere fiducia in se stessi allora non significa avere un'immagine perfetta di sé, negare i limiti, le paure e le debolezze del nostro essere, avere lo sguardo rivolto verso i punti di forza e gli occhi chiusi verso i nostri vuoti, avere fiducia è, innanzitutto, un patto con noi stessi. Un patto che si rinnova continuamente in relazione ai cambiamenti interiori ed esteriori della nostra vita, che richiede una "rilettura e riscrittura" delle regole, anche in base ai "patti" che facciamo con gli altri. Fa bene a noi, traspare nei messaggi che diamo agli altri e induce risposte dello stesso tenore. Crea un circolo virtuoso: sono affidabile e tu mi riconosci affidabile, sei affidabile ed io ti riconosco affidabile.
* Docente di Psicologia dei rapporti interpersonali. Formatrice A.D.R. Mediatrice dei conflitti. Autrice di Sanare i conflitti (Guerini e Associati Editore, Milano, 2010) nonché di Oltre il conflitto; Intelligenza emotiva e mediazione (McGraw-Hill, Milano, 2003); Conflitti, parliamone. Dallo scontro al confronto (Sperling e Kupfer, Milano, 2006); Mediazione dei conflitti e counselling umanistico. Lo spazio della formazione (Giuffrè, Milano, 2006); L'arte del mediatore dei conflitti Protolli senza regole, una formazione possibile (Giuffrè, Milano, 2008); Educare con SENSO senza disSENSO. La risoluzione dei conflitti con l'arte della mediazione (Franco Angeli, Milano, 2009); Mediatore di successo. Cosa fare/Come essere (Giuffrè Editore, Milano, 2011).
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