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Costume
La voce degli innocenti: il fitness vittima di scelte incomprensibili
Alexandra Bring - Da Instagram

Antonio Tarenzi, nel 2012 socio fondatore del marchio Fit Easy (democratic fitness), è titolare di due centri Fit Easy a Jerago con Orago a Varese e a Olgiate Comasco, nel cuore del nord lombardo a due passi dall’aeroporto internazionale di Malpensa. Nel 2014 era alla direzione marketing/vendite della Four Fit International e nel 2018 fondatore e presidente della società sportiva dilettantistica Double ssd.

Un imprenditore di fitness capace di innovare un comparto che sempre più ha bisogno di nuovi progetti. Titolare di due centri Fit Easy a Jerago con Orago a Varese e a Olgiate Comasco, nel cuore del nord lombardo a due passi dall’aeroporto internazionale di Malpensa.

Con lui abbiamo parlato di lockdown, dei momenti drammatici che sta vivendo un settore, quello del fitness , che si è sentito dimenticato dal Governo.    

Quale è la prima sensazione che le viene in mente dopo tutto questo tempo di pandemia? Un tempo che per le palestre è stato di totale lockdown?

“Non c'è sensazione peggiore per un imprenditore del sentirsi impotente davanti alle scelte di altri. Ed è questa la sensazione che da oltre 13 mesi noi imprenditori del fitness viviamo ogni giorno senza vedere una luce di speranza in fondo al tunnel. Al momento non abbiamo alcuna certezza né vediamo piani concreti per il futuro”.

Quando è cominciato il vostro incubo?

“Il 23 febbraio 2020 è iniziato quello che, per un attività commerciale, è l’incubo peggiore, quello della chiusura. Tutto il lavoro di pianificazione fatto fino a quel momento è iniziato a vacillare e non abbiamo potuto fare altro che attendere le decisioni di altri, giuste o sbagliate che potessero essere. Decisioni che immancabilmente non sono arrivate mai in tempo e, soprattutto, in quantità sufficienti a dare una regolare continuità al business”.

Come si è comportato, nei vostri confronti, il passato Governo?

“Purtroppo da mesi ho la sgradevole e preoccupante sensazione che chi ci governa si sia dimenticato completamente di un settore che nel suo silenzio vale il 5,3% del PIL mondiale. Solo in Italia il nostro comparto conta 1 milione di addetti, 100mila centri che muovono un fatturato di 12 miliardi. Oltre chiaramente a generare livelli di benessere e salute che, se calcolati, potrebbero valere al servizio sanitario nazionale un risparmio di almeno altri 10 miliardi in cure e medicinali”.

Perchè, secondo lei, il mondo del fitness è stato così tanto penalizzato?

“Nonostante le prove scientifiche considerino i centri fitness e comunque lo sport in generale un rimedio preventivo a tantissime malattie, il governo ha continuato ad ignorare il settore, penalizzandolo maggiormente rispetto ad altri che con la salute poco hanno a che fare. Inutile sottolineare che, nella scala delle priorità, sarebbe certamente stato meglio tenere aperti, con tutti i protocolli imposti e rivisti più volte dal Cts, i centri fitness, anziché i bar delle movida o i ristoranti cinesi. Spazi dove possono accedere centinaia di persone che, non appena sedute al tavolo, tolgono mascherine e dispositivi di prevenzione, convinti che il virus da quelle parti non potesse raggiungerli”.

Vi sentite presi in giro dal Governo?

“E’ inutile sottolineare che sarebbe stato meglio evitare di far spendere centinaia di migliaia di euro al nostro comparto per adeguarlo ai protocolli, per poi ignorarlo completamente e chiudendolo a tempo indeterminato. Siamo stati beffati oltre che ignorati anche dai media che,  a discapito di quanto la scienza continua a sostenere, ci hanno presentati come vero e propri untori di virus e contagi e i nostri locali dei lazzaretti”.

E per quanto riguarda i tanto sbandierati ristori?

“Questo è un tema delicato e drammatico. I famosi ristori/sostegni i bazooka messi a disposizione del settore, in dodici mesi di perdite ( pari mediamente al 75/80% dei ricavi ) non hanno raggiunto il 2% del valore. Così come gli interventi complementari, quali la cessione del credito imposta, il credito per i lavori di sanificazione, insufficienti e spesso umilianti per il valore delle nostre aziende”.

E adesso come sta il settore?

“Oggi il nostro settore si trova nella condizione peggiore fin dalla sua nascita. Oltre 15mila centri non riapriranno più (i numeri sono in difetto). Stimiamo un calo del fatturato per i primi 6 mesi dalla riapertura ( quando arriverà ) di almeno il 50%, dovuto anche all'effetto voucher compensativi che, come sempre, ricadranno sui costi delle aziende. Almeno 400mila addetti saranno senza lavoro e molti altri verranno sfruttati e sottopagati senza alcuna possibilità di scelta.Il fitness è stato messo in ginocchio, così come molte altre categorie, ma questa volta purtroppo il mal comune non risulta essere mezzo gaudio. La vita delle persone e la loro sicurezza devono e dovranno essere sempre la priorità, così come tutto ciò che può contribuire alla salute e al benessere della gente. L’attività fisica deve entrare a pieno titolo tra queste priorità. Non dimentichiamoci che, una sana e costante attività fisica, contribuisce ad un maggior benessere sociale e un miglioramento delle relazioni umane”.

Cosa chiedete allo Stato?

“Lo stato deve dare garanzie con scelte concrete sia economiche immediate che di rilancio del settore. Non basta pensare all'emergenza, si deve pensare al futuro, con azioni quali una riforma sostanziale dell'ambito fiscale dello sport, incentivi economici per le persone meno abbienti, per gli anziani, per i disabili, per far nascere una coscienza collettiva alla salute fisica generata dallo sport. Quello che ci serve sopratutto sono piani di sviluppo per le nostre aziende,  piani che prevedano agevolazioni per i prossimi anni, anni di rilancio post pandemia. Come diceva Pierre de Coubertin “lo sport deve essere per tutti”.

 

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