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Covid, Ciocca: “La Cina paghi i danni a famiglie e imprese”

Il Covid-19 proviene dalla Cina, dove è potuto passare dagli animali all'uomo a causa dello scarso livello di igiene dei mercati locali. E dopo aver scoperto il focolaio di Wuhan il governo di Pechino non ha avvertito tempestivamente gli altri Stati, permettendo al virus di diffondersi in tutto il mondo. Per queste ragioni la Cina dovrebbe “istituire un fondo di solidarietà per supportare economicamente le famiglie colpite da lutti e le aziende che oggi sono in difficoltà”, propone ad Affaritaliani.it Angelo Ciocca, eurodeputato lombardo della Lega.

Onorevole Ciocca, partiamo proprio dalla sua regione di appartenenza, la Lombardia. Come si dovrebbe gestire l'emergenza Covid-19? Lockdown sì oppure no?

“Noi abbiamo chiesto alle nostre imprese, alle scuole e alle attività commerciali in generale di adeguarsi ad una serie di norme per evitare il contagio. Ora non possiamo fare marcia indietro e chiudere tutto. Sarebbe un segno di resa della politica, che non sa gestire il momento, e causerebbe un danno economico enorme all'economia”.

Però la curva dei contagi è in salita, qualcosa si deve pur fare...

“Bisogna fare controlli e far rispettare le regole. Mi permetta un paragone: i cantieri edili sono luoghi pericolosi, per questo agli operai viene imposto l'uso di caschetti e imbragature di sicurezza. E si controlla che questi dispositivi di protezione personale siano usati. In questo modo si tutela l'economia e la salute. Sarebbe assurdo chiudere i cantieri per evitare che qualcuno si faccia male. Lo stesso dobbiamo fare con il covid: controlli e multe a chi non segue le regole”.

In queste settimane abbiamo visto un rimpallo di responsabilità tra Regioni e Stato centrale. Chi è che deve decidere la linea da seguire?

“Le regole devono essere valide per tutti, ci vuole un provvedimento di carattere nazionale. La competenza deve essere dello Stato, ma i provvedimenti devono essere costruttivi e coordinati con le amministrazioni locali. In passato le Regioni sono intervenute quando lo Stato è stato latitante”.

Da europarlamentare ha denunciato varie volte la mancanza di solidarietà a livello europeo, penso ad esempio al tema dei migranti. Sulla questione coronavirus ha visto un cambio di passo?

“In un momento di emergenza, in cui tutti gli Stati sono in difficoltà, è difficile essere solidali. Quello che è mancato è stato un coordinamento europeo per affrontare il pericolo. Quando è scoppiata l'epidemia in Cina era chiaro che prima o poi sarebbe arrivata in Europa, eppure non si è fatto nulla”.

Probabilmente nessuno pensava ad uno scenario come quello che stiamo vivendo...

“Eppure c'è una agenzia europea, con a capo un tedesco che prende 140mila euro all'anno, che si occupa proprio di prevenire le pandemie. Mi chiedo cosa abbiano fatto per mettere al sicuro i cittadini europei. Sarebbe bastato ad esempio coordinarsi con la Cina per tracciare gli arrivi in Europa, in modo da monitorare un eventuale focolaio”.

C'è stata una carenza di comunicazione da parte della Cina?

“Questo sicuramente, se fossero stati più chiari ci saremmo potuti preparare meglio. La Cina ha indubbiamente delle colpe e per questo io ritengo che l'Europa dovrebbe pretendere la creazione di un fondo di solidarietà da parte di Pechino per aiutare le molte famiglie che hanno subito un lutto. Non dimentichiamoci che oltre al dolore per la perdita di un famigliare spesso ci sono delle famiglie in difficoltà economica che contavano su uno stipendio o una pensione”.

Anche le imprese sono in forte crisi...

“E infatti oltre a questo primo livello di solidarietà minimo nei confronti delle famiglie sarebbe auspicabile un fondo di aiuto per le imprese che oggi sono in difficoltà e, paradosso, rischiano di diventare preda degli appetiti di aziende di stato cinesi. Cina che, oltretutto, guadagna anche dall'acquisto dei bond emessi dagli Stati europei per far fronte alle spese causate dalla pandemia. Il debito pubblico italiano è un fardello enorme che peserà sulle spalle delle nuove generazioni per i decenni a venire”.

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