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Cronache
Addio a Silvano Oldani, l'uomo col dono divino dell’ascolto
Silvano Oldani

Silvano Oldani (1948-2022) direttore di LUCE, già dirigente per la Comunicazione di AEM 

Silvano se ne è andato in punta di piedi senza fare rumore, come se non volesse disturbare, lasciandoci un’immagine di serenità anche nel momento del passaggio verso un “qualsiasi aldilà”. Era il suo stile, era il suo paradigma esistenziale quella discrezione d’altri tempi che avevamo imparato ad apprezzare in questi decenni, e quanti ne sono passati forse quattro, di condivisione, di suoni leggeri, di parole pacate mai urlate, di gentilezza profonda che si diffondeva nello spazio e nel tempo.

Quando scompare un amico, vero, sincero, senti quel dolore profondo come se ti mancasse un organo vitale, come se il respiro diventasse più pesante, ma questo senso dell’assenza comincia a diventare sempre di più insegnamento, un flusso di messaggi che dalla metafisica si trasformano in realtà.

Dunque il dolore si stempera, scompare negli atti, nelle azioni che ci invita medianicamente a compiere, gesti concreti nella potenza discreta del suo pensiero, fino a diventare una presenza ancora più “viva” da quella tragica ma serena notte del dodici novembre dell’anno duemilaventidue, perché noi, io lo sento ed è un mistero personale, intimo che non voglio ne posso rivelare

Silvano era l’amore per la bellezza in tutte le sue sfaccettature, era quella forza che ci ispira mondi lontani da questa mediocrità quotidiana che abbiamo attraversato, ci racconta che una realtà diversa è possibile, dove talento ricerca culturale e passione possono dialogare contro la notte della ragione che questa contemporaneità ci ha costretto a sopportare.

Per questo motivo dobbiamo rendere grazia alla Grazia innata di quest’uomo buono, generoso e silenzioso ma profondo, capace di dare senso alle pause di tutti i nostri rumorosi discorsi, e quanti sono stati gli indizi di questo percorso che quasi involontariamente voleva indicarci durante la vita e adesso che continua e continuerà a manifestarsi in altre forme.

Io gli volevo bene e avrei voluto condividere molto più intensamente le sue emozioni, il suo pensiero nascosto, il suo mistero, e qualche volta sono andato vicino, fino a bussare con delicatezza alla porta della sua grande anima, fino ad ascoltare quel suono dolce, delicato del cuore, perché era come una melodia capace di annullare il rumore di una stanza, di una casa, di una città e del mondo intero.

Certo tutti ricorderanno e faranno tesoro del suo lavoro, del suo impegno intellettuale nei vari ambiti, che poi sono quelli che abbiamo condiviso: arte, architettura, musica e letteratura, e non mi mai fatto mancare un consiglio, un apprezzamento per i miei libri o per i miei articoli, ma nella purezza del giudizio affettuoso e sincero. Poi pensate ad un progetto come il Museo dell’Energia, nome emblematico e identitario della sua attività professionale in AEM/A2A.

Queste poche parole servono anche ad allontanarmi dalla commozione per descriverlo vivo e pieno di progetti, come se potesse apparire col suo andamento lento dalla curva di via santa Marta verso quel ristorante che amava tanto, e che era una parte di quell’infinita sequenza di luoghi della “Sua Famiglia”, di cui ciascuno di noi, ciascuno di tutti i presenti facevate e facevamo parte.

Infatti questa era la sua grande famiglia, una parte importante di questa città, di Milano che tanto lo ha visto attore di iniziative e proposte, anche di natura urbanistica, come un assessore ombra, nato dal desiderio di rendere ancora più bella questa città che fosse splendida ed elegante come la sua preziosa tana/casa/ufficio che rappresenta l’identità perfetta del suo carattere.

Ma oggi sento in questo spazio un’energia vitale, positiva, un concerto di suoni misteriosi ma conosciuti, ed è il suo modo di salutarci, di accarezzarci, di tenderci ancora una volta, e non sarà l’ultima la mano, e noi saremo sempre pronti a stringerla, a fargli sentire quel calore che oggi arriva ,direttamente, al centro esatto delle nostre coscienze.

E non avremo bisogno di dimenticarlo perché lui vive nella nostra realtà quotidiana, la migliora, la rende bella ed elegante con il suo insegnamento intimo e pubblico al contempo, e non ho paura di chiamarlo maestro, insieme ai tanti che ho avuto e che ho conosciuto, ma Silvano aveva il dono divino dell’ascolto, un suono che non si estinguerà nel tempo.

Siamo cresciuti insieme, frequentandoci spesso e allontanandoci altrettanto spesso, ma oggi anche con tutta la mia antica e profonda gratitudine non riesco ad immaginarlo chiuso in questo piccolo spazio di legno, perché Silvano vola e vola leggero in questa chiesa, in questa città e se fate attenzione riuscirete a vederlo seduto accanto a voi. “Custodire il segreto dell’essere e vegliare sull’inviolabilità del possibile” M. Heidegger . Oltrepassamento della metafisica

RIP

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