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Cronache
Camorra, misure cautelari per 7 imprenditori per rapporti con clan Casalesi

Sette imprenditori sono indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, in particolare i rapporti si sarebbero intrattenuti con il clan dei Casalesi. I carabinieri del Ros in collaborazione con i colleghi del Comando provinciale di Caserta, hanno eseguito un'ordinanza di misure cautelari in carcere emessa dal Tribunale di Napoli, su richiesta della locale procura.

Il provvedimento si inserisce nell'indagine "Sistema Medea". coordinata dalla procura distrettuale di Napoli,  che ha svelato l’esistenza "di un 'sistema' gestito dal defunto Francesco e Michele Zagaria che consentiva a imprese di riferimento del clan di ottenere l’assegnazione, tramite affidamento diretto, dei lavori di somma urgenza riguardanti la rete idrica regionale"

La gestione in forma di oligopolio del ciclo integrato delle acque - secondo gli investigatori - è stata realizzata attraverso "una sistematica attività di corruzione e di pervasivo condizionamento dell’attività politica e amministrativa che si è avvalsa del rilevante contributo del politico e dirigente regionale Tommaso Barbato (già arrestato e condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa), responsabile del 'Settore Ciclo Integrato delle Acque' della Regione Campania fino al 2005, il quale, nel corso del tempo, ha procurato ai diversi imprenditori legati agli Zagaria commesse in regime somma urgenza garantendo così al clan rilevanti introiti: una parte dell’utile di azienda era destinato agli Zagaria ed una parte alle attività corruttive".        

Le recenti indagini hanno permesso di individuare ulteriori 10 aziende, facenti capo ai 7 destinatari del provvedimento restrittivo, le quali, nel periodo che va dal 2001 al 2015, avrebbero beneficiato del rodato sistema di assegnazione di appalti e lavori in somma urgenza ottenendo commesse per oltre 40 milioni di euro.    

Il Ros ha eseguito anche un provvedimento di sequestro preventivo di 10 imprese edili per un valore di circa un milione di euro, con sede in provincia di Caserta, riconducibili agli indagati. 

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