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Cronache
Cna Lombardia, a fine anno Pil a -9,6%, consumi -9,1%, investimenti -13,6%

Dalle ultime stime di Cna Lombardia il prodotto interno lordo della regione risulta in flessione del 9,6% nel 2020. Consumi ed investimenti si confermano in picchiata, rispettivamente del 9,1 e del 13,6%, l’industria estrattiva perde il 2,9%, il manifatturiero il 2,2%, commercio e turismo -1,4%. Crescono solo le utilities con il +2,7%. I danni economici e sociali dello stop and go cui le attività imprenditoriali sono state sottoposte nel corso del 2020 per contenere il virus Covid 19 saranno purtroppo di lungo periodo, anche se reversibili. Al termine del 2021 potremmo essere risaliti ad un livello di Pil che ci collocherà al -3,6% rispetto al 2019.

È una fotografia dolorosa quella che Cna Lombardia ha scattato nelle ultime ore per spiegare a media, politica, pubblica amministrazione e stakeholder il livello di allarme della crisi pandemica e per chiedere misure energiche e tempestive.

Il primo aspetto su cui il presidente degli artigiani e delle micro e piccole imprese lombarde dell’organismo insiste è la tempestiva disponibilità del governo a fare di più per le imprese delle zone rosse: “Apprezziamo l’impianto del decreto varato dal governo con il Consiglio dei ministri del 6 novembre. Bene l’allargamento e l’incremento dei ristori, ma ci vogliono molte più risorse”.

Una misura che Cna Lombardia chiede con forza per le imprese chiuse delle zone rosse è l’individuazione di un periodo d’imposta da azzerare completamente in relazione al regime del fermo delle attività. Parolo è netto: “Non basta congelate, non basta rinviare, occorre azzerare le imposte per gli operatori economici chiusi nelle zone rosse, naturalmente in relazione temporale al periodo di chiusura”.

Le disposizioni delle ultime ore riservano ancora margini di contraddizione che secondo Cna Lombardia andrebbero tempestivamente risolti. Nelle zone rosse mentre le imprese di acconciatura possono giustamente operare, finalmente riconosciute come attività di fondamentale servizio alla persona e come ambienti per definizione salubri e di grande attenzione all’aspetto igienico-sanitario, tutta la filiera dell’estetica viene arbitrariamente esclusa.

“Un fatto di cui sfugge la ratio”, osserva il presidente Parolo. “La filiera dell’estetica non presenta rischi di assembramento. Ci si va su prenotazione. È oltremodo rispettosa delle norme igienico-sanitarie. È del tutto omologa alla filiera dell’acconciatura. Parliamo di 6 miliardi di fatturato annui, 263 mila addetti in 130 mila saloni dedicati al benessere, con oltre 1 milione di visite all’anno. Solo in Lombardia sono 25 mila i saloni, per un fatturato di oltre 1 miliardo di euro.”

 

 

 

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