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Cronache

L'inchiesta Consip fa scoppiare la guerra tra Libero e La Verità e tra i loro direttori Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro.

Nelle carte dell'inchiesta che sta facendo tremare Matteo Renzi e il ministro dello Sport Luca Lotti si parla di un finanziamento di Alfredo Romeo al giornale di Belpietro su suggerimento dell'ex braccio destro di Gianfranco Fini, Italo Bocchino, che nelle carte definisce il direttore de La Verità "un giornalista pericoloso". In prima pagina, domenica scorsa, Feltri affianca le foto di Romeo e del suo ormai ex amico. E titola: "Bocchino a Romeo: diamo soldi a Belpietro".

Segue un articolo in cui si racconta come Bocchino consigliasse a Romeo di versare 50mila euro tramite erogazione alla fondazione del senatore ex Ncd Gaetano Quagliariello Magna Carta, dicendogli: "Ti levi da tutti gli imbrogli". E di come l'imprenditore raccontasse di star facendo un favore all'"amico Belpietro".

Il direttore de La Verità scrive la sua versione in un lungo articolo, in cui parla di un "blitz per inserirsi nella società editrice del nostro giornale". Spiega di aver ricevuto l'aiuto della fondazione Magna Carta (che ha una quota del 18,52% del quotidiano ed è la seconda socia dietro il 45,88% detenuto dallo stesso Belpietro. Gli altri soci de La Verità sono Benedetto Nicola, assessore regionale della Giunta Pd della Basilicata, Ferruccio Cristiano Invernizzi, patron di Pronto Gold, ed Enrico Scio, consulente finanziario) senza sapere di preciso da chi provenissero i fondi, dopo aver avviato il giornale praticamente da solo. "Nel giro che ho fatto in cerca di finanziamenti ho incontrato molti imprenditori, anche Romeo. Ma non ho avuto altri contatti, né pressioni. Una persona dell'ufficio stampa mi ha chiamato per girarmi dei comunicati sull'inchiesta e io li ho dati al cronista. Siamo stati i primi a scrivere del coinvolgimento di Tiziano Renzi. Siamo quelli che più di tutti hanno dato spazio a questa storia. Di cosa stiamo parlando?". Quanto a Libero: "So solo che ho contribuito a salvare quel giornale da chi lo voleva far chiudere e ora dà lezioni".

Feltri, ieri, attaccava ancora in un editoriale dal titolo: "Belpietro finanziato a sua insaputa". Lui ribatte: "Ma se nelle carte anche Romeo dice di non ricordare se ha fatto il bonifico? Dovrei saperlo io?". La rivalità tra i due si è trasformata in guerra dopo la cacciata di Belpietro da Libero "perché troppo antirenziano", come ha raccontato più volte lui stesso. Mentre l'ex mentore, subentratogli dopo aver fondato quel giornale e averlo diretto anche insieme a lui, ha dato versioni diverse: "È Maurizio che è stato due volte a colazione da Renzi. Io non l'ho mai conosciuto".

Quagliariello, invece, racconta: "Volevo solo aiutare Belpietro a far crescere una voce antirenziana nel momento della battaglia sul referendum. Magna Carta gli ha dato 150mila euro (a La Verità secondo il suo direttore, ne risultano 100mila, ndr). Di questi, 50mila arrivavano da Romeo".

"Volevamo creare una società di scopo - continua il senatore di Idea - poi, per motivi fiscali, ci è stato detto che era molto più semplice agire attraverso la fondazione. Ma non vedo cosa ci sia di male, visto che si trattava di un imprenditore stimato. L'importante è la trasparenza e io sono pronto a mostrare tutti i bilanci". E poi, "le volte che ho incontrato Romeo abbiamo parlato di politica: ha sempre dato giudizi duri su Matteo Renzi".

INCHIESTA CONSIP - I PIZZINI DI ALFREDO ROMEO (Da “Libero Quotidiano”)

Libero è venuto in possesso delle carte dei magistrati sull’inchiesta per il super appalto Consip che ha portato in carcere l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo con l’accusa di corruzione e che vede il padre di Matteo Renzi indagato per traffico d’influenze e alcuni vertici dell’Arma dei Carabinieri nonchéil ministro dello Sport, Luca Lotti, per fuga di notizie. Tra le carte è spuntato anche il nome di Maurizio Belpietro, passato dopo Libero a dirigere La Verità. È l’ex braccio destro di Fini, Italo Bocchino, attuale consulente di Romeo, a fare il nome di Belpietro, suggerendo all’imprenditore napoletano di finanziarne il giornale perché Belpietro lo potrebbe aiutare in quanto "ha le conoscenze giuste e una serie di informatori importanti".

Allo scopo, Bocchino suggerisce a Romeo di servirsi della fondazione Magna Carta del senatore Gaetano Quagliariello, già Forza Italia e Ncd, il che gli garantirebbe vantaggi fiscali e di non figurare direttamente trai finanziatori, e lo rassicura che Belpietro non avrebbe nulla da obiettare riguardo alla modalità dell’erogazione. In merito alla vicenda, Belpietro ha scritto di "non sapere se Romeo abbia versato o no un contributo a Magna Carta ma che indipendentemente dalla presenza della fondazione nell’azionariato della Verità nessuno dei finanziatori ha mai influito sulle scelte redazionali".

Il giornalista ha poi spiegato di aver fatto partire La Verità con i propri risparmi, 300mila euro, e ha rivendicato di essere tra i più zelanti cronisti delle vicende del caso Consip. Vi facciamo grazia delle restanti 4.000 battute autocelebrative del giornale e soprattutto di sé medesimo.

Noi di Libero ovviamente non sappiamo com’è andata, e del resto come potremmo se perfino Belpietro asserisce di ignorarlo. Per la conoscenza non superficiale però che abbiamo dell’uomo, straordinariamente attento e preciso, mentre non dubitiamo della libertà delle sue scelte giornalistiche, ci risulta più difficile pensare che abbia ricevuto denaro senza informarsi di chi glielo fornisse e soprattutto del perché lo facesse, a maggior ragione considerando che nell’impresa ci ha messo - dixit - «i risparmi di una vita».

Insomma, Belpietro non è uno Scajola qualsiasi e l’ipotesi che sia stato finanziato a sua insaputa ci lascia sgomenti. I casi a questo punto sono due: o Belpietro cerca di approfondire la vicenda e capire chi lo finanzia -ma sono poi così tanti da non riuscire a raccapezzarsi? - o, più semplicemente, cambia il nome alla sua testata, la Verità. Le si addicerebbe il Dubbio ma purtroppo è già impegnato.

QUELLO CHE L'ANONIMO AVVELENATO NASCONDE (Maurizio Belpietro per “La Verità”)

Chi scrive su un giornale di solito dovrebbe almeno saper leggere, ma non sempre è così. Sicuramente non sa leggere l'anonimo che ieri sulla prima pagina di Libero ha vergato un commento contro il sottoscritto e La Verità. Di che cosa ci accusa l'anonimo? Di ignorare se Alfredo Romeo, l'imprenditore arrestato nei giorni scorsi per il caso Consip, abbia o meno versato un contributo a favore del nostro giornale.

Come ho spiegato domenica, quando diedi vita al progetto di un quotidiano indipendente, che non dovesse piegarsi agli interessi economici dell'editore, cercai di mettere insieme tanti piccoli e medi imprenditori che avessero quote di minoranza, in modo che nessuno fosse in grado d'influenzare la linea della nuova testata. Avvicinai parecchi industriali, ricevendo molte promesse ma pochissimi fondi, probabilmente perché all'epoca partecipare alla nascita di un giornale d' opposizione al renzismo non era molto popolare.

In questa ricerca incontrai anche Gaetano Quagliariello, un senatore che, nella diaspora del centrodestra, ha fondato un movimento contrario alle modifiche costituzionali dettate da Matteo Renzi. Quagliariello, che sui temi etici ha idee molto simili alle mie, mi propose di diventare il portavoce del comitato referendario per il No alla riforma Boschi.

Respinsi l'offerta spiegandogli che stavo lavorando a un nuovo giornale che si opponesse al ducetto di Rignano. Quagliariello a questo punto si offrì di darmi una mano con la sua fondazione, Magna Carta, presentandomi alcuni imprenditori. E qui arriviamo ad Alfredo Romeo, uno degli aspiranti soci che incontrai grazie a Quagliariello. Innanzitutto una premessa.

Non era la prima volta che incontravo l'uomo che poi sarebbe finito nei guai per la vicenda Consip. Mi era già capitato anni prima, dopo il suo arresto e la sua riabilitazione in Cassazione, celebrata persino con una doppia pagina di intervista a firma di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. Dunque, quando lo rividi, Romeo era un imprenditore incensurato e certo non sospettato di distribuire tangenti a uomini del Giglio magico.

Ma alla fine Romeo ha versato oppure no un contributo al nostro giornale? Qui viene il bello. Se l'anonimo che ha vergato il corsivo contro di me fosse stato capace di leggere le carte della Procura di Napoli, avrebbe scoperto che a non saperlo era soprattutto lo stesso Romeo, il quale in una conversazione con Italo Bocchino spiega di non ricordarsi della faccenda.

Alla domanda precisa dell'ex parlamentare di An, Romeo risponde testualmente: "Non mi pare di aver fatto il bonifico a Magna Carta". Replica di Bocchino un po' scoraggiato: "Sì, sì, ti ho mandato un appunto, perché tu a Magna Carta stai insieme con la Erg, con Mediaset, stai con gli imprenditori che la finanziano», anche se, aggiunge Bocchino, «non si sa per che cosa l' hai finanziato".

Ecco, questo sta scritto nelle carte. Dunque, se Romeo non sa di aver fatto un bonifico a Magna Carta, devo saperlo io che della fondazione di Quagliariello non sono né consigliere né iscritto né un frequentatore? Comunque, i finanziamenti a Magna Carta mi risulta che siano tutti tracciati e Magna Carta ha regolarmente comprato una quota di minoranza della Verità.

E - attenzione - l'intercettazione registrata dai carabinieri risale alla fine di settembre, quando La Verità era già in edicola e io - anche questo è nelle intercettazioni dei carabinieri - secondo Bocchino avevo già scritto "un articolo pesantissimo sull'appalto della scuola Consip dove in sommi capi critico Renzi e Romeo".

Naturalmente tutto ciò l'anonimo che scrive su Libero non lo dice, probabilmente perché, come spiegavo all'inizio, non sa leggere. Del resto, che l'anonimo abbia qualche problemino con la lettura lo si deduce dal fatto che ometta di riferire alcuni passaggi importanti delle intercettazioni disposte dalla Procura di Napoli e che si trovano nel fascicolo. Passaggi che erano noti fin da sabato, quando Libero ha pubblicato una paginata per dar conto della vicenda, ma che curiosamente anche quel giorno il quotidiano ha omesso di raccontare ai propri lettori. I carabinieri riferiscono una conversazione tra Romeo, Bocchino e Quagliariello.

Quest'ultimo chiede ai primi due se abbiano letto il mio libro I segreti di Renzi, aggiungendo, testuale, "che se Belpietro non verrà stroncato in tribunale, con quel libro Renzi è finito". Bocchino, che nelle intercettazioni mi definisce un giornalista pericoloso, evidentemente perché pubblico le notizie, osserva "che all' interno del libro si parla di Lotti, del padre della Boschi che incontra Carboni tre volte in albergo ad Arezzo, del padre di Renzi, di fatture, di numeri, di Consip, di massoneria e del pakistano che prendono come prestanome per fargli fare l'amministratore di Banca Etruria".

Ma le intercettazioni non captano solo questo. Leggete qui: "Quagliariello - annotano i carabinieri - sempre facendo riferimento al libro, dice che Belpietro racconta di un incontro con Verdini e gli presenta le fatture di Angelucci a qualche esponente del Pd e dice "queste ce le deve scontare Renzi, o tu la smetti, oppure questo non ci paga", per poi riportare tutti i pagamenti che Lotti inizia ad autorizzare".

La conversazione fa riferimento a un colloquio mai smentito che Verdini ebbe con me quand'ero direttore di Libero, in cui il fondatore di Ala mi invitava a piantarla di attaccare Renzi e i suoi familiari e amici, perché da Renzi medesimo e da Luca Lotti (attuale ministro dello Sport, all'epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio) dipendeva il pagamento di centinaia di milioni che l'editore di Libero reclamava dalla Regione Lazio.

Tutto ciò è scritto negli atti della Procura di Napoli. Ma siccome Antonio Angelucci, proprietario di cliniche private e deputato, è anche l'editore di Libero, l'anonimo che mi attacca sulla prima pagina del suo giornale non è capace di leggere il testo del dialogo con Verdini.

Tuttavia, questa non è la sola omissione dell' editorialista senza volto che scrive sul giornale che ho diretto e da cui sono stato estromesso. In un' intercettazione registrata dai carabinieri, Romeo e Carlo Russo, il faccendiere amico di Tiziano Renzi che avrebbe fatto pressioni sull'amministratore delegato di Consip, parlano di un appalto e fanno il nome del tesoriere del Pd, Bonifazi.

Poi, a proposito dell'appalto, dicono che in due si sono presi tre lotti e si riferiscono a un Consorzio energia locali, che a giudizio di Russo - così riferiscono gli inquirenti - sta con Verdini. Sempre i due alludono ad un avvocato parlamentare, che poi sarebbe Ignazio Abrignani, braccio destro di Verdini. Romeo esclama in napoletano: "Chill a fatt u... l' operazione!». E chiosa: "Eh! I soldi li ha portati a casa Verdini".

A questo punto, come da informativa dell' Arma, "Russo racconta a Romeo un episodio della vita di Verdini che può spiegare i motivi per cui quest' ultimo possa aver fatto aggiudicare al Consorzio energia locali: "Eh! Io penso proprio di sì. Anche perché, c' è un altro parlamentare forzista che ha delle cliniche Molto ricco.

Angelucci! Pensi che Verdini aveva delle difficoltà (il sequestro disposto dalla Procura di Firenze in seguito al crac della Banca cooperativa di Firenze, per cui la scorsa settimana il senatore di Ala è stato condannato a 9 anni di carcere e a un sequestro di 22 milioni, ndr) e Angelucci s'è comprato la casa di Verdini (incomprensibile, farfuglia) 'sti soldi insomma.

E... però doveva doveva in qualche modo rientrare perché E quindi può darsi che siccome la cosa è piuttosto fresca risale a un anno e mezzo fa, può darsi che si sia chiusa così l' operazione". Parlando sempre dell' operazione che avrebbe fatto Verdini, i carabinieri ascoltano poi una ricostruzione dell' operazione che essi stessi definiscono non chiara, ma evidenziano in neretto una frase. "vogliono portarsi a casa 40 milioni".

Avete capito che cosa l'anonimo di Libero non è stato in grado di leggere? Secondo Romeo, Verdini tramite Abrignani "si è portato a casa i soldi» e, secondo Russo, Angelucci, ossia l'editore di Libero, dopo aver comprato la casa di Verdini "doveva rientrare".

Tutto qui? No, c' è dell' altro che l' anonimo non ha letto e non ha riferito sul suo giornale. In una conversazione avvenuta negli uffici di Romeo, Italo Bocchino parla di un incontro che lo stesso Bocchino deve avere con Angelucci a proposito degli Aeroporti di Roma. Il dialogo, scrivono gli inquirenti, è disturbato dal fatto che Romeo parla fuori dall' ufficio con la segretaria, ma, una volta rientrato, Bocchino torna sull' argomento chiedendo della persona che ha avvicinato Romeo e «che fa parte di questo gruppo che risponde ad un generale dei carabinieri: "Ah, non mi hai detto bene di quello che ti è venuto a trovare con Antonio che voleva?"». Chi è Antonio? Potrebbe essere Antonio Angelucci, che di Bocchino è stato collega di partito dato che si stava parlando di Angelucci?

Gli investigatori non lo spiegano. Sta di fatto che Romeo replica: «Un po' di cose le sa...», ribadendo che «lui è uno dei trenta consulenti e del, del di questo generale Frascati, Frastanesi dei carabinieri».Tutto chiaro? No. Molte cose sono avvolte nella nebbia.

Ciononostante alcuni fatti sono certi e non smentibili.

Alfredo Romeo non è azionista della Verità. Azionista di minoranza della Verità è una fondazione che ha ricevuto contributi da diversi imprenditori. Tra questi, oltre a Erg e Mediaset, probabilmente c' è anche Romeo, ma di certo tutto ciò non ha impedito al nostro giornale di raccontare per primo l' esistenza dell' inchiesta di Napoli che lo riguarda, senza tacere una virgola, perché oltre a scrivere sappiamo anche leggere, a differenza dell' anonimo che verga su Libero. Del resto, è sufficiente passare in rassegna il numero di articoli che noi abbiamo pubblicato sul caso Consip, e il numero di editoriali che ho scritto, e confrontarli con quelli pubblicati da Libero.

Ah, dimenticavo. Visto quel che è successo, e che nel mese di settembre, quando è nata La Verità, certo non potevo immaginare, già nella giornata di domenica ho chiesto a Magna Carta, che pure non ha responsabilità nella vicenda che riguarda Alfredo Romeo, di uscire dall' azionariato di questo giornale. Ringrazio la fondazione e Gaetano Quagliariello per l' aiuto che ci hanno dato nella fase iniziale, ma forse è meglio separare le nostre strade almeno dal punto di vista azionario, in modo che nessuno sciacallo possa cercare di tapparci la bocca. Non ci sono riusciti quando eravamo a Libero. Non ci riusciranno qui.

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