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Cronache
Coronavirus, la nuova fase: organizzare e differenziare. Ecco come

Coronavirus, la nuova fase: organizzare e differenziare

Dobbiamo essere tutti consapevoli che le condizioni di partenza con le quali stiamo affrontando questa fase di crisi sono molto differenti. E dopo circa un mese di coprifuoco generalizzato, a tendere e soprattutto in alcuni contesti, questa situazione diventerà obiettivamente insostenibile. Non parlo solo di problemi di natura economica, che sono sicuramente centrali e alla base delle differenze e sui quali le soluzioni sono di enorme complessità, ma anche della semplice richiesta di sacrificio del “restiamo tutti a casa” che è il giusto refrain di questo primo periodo di crisi. Esistono vari livelli di sacrificio. Malati, personale ospedaliero, lavoratori che sono obbligate a rischiare un contatto pubblico con poche tutele e per garantire beni essenziali, sono al primo livello dell’impegno e del sacrificio e quindi della tutela. Ma ci sono anche differenze sostanziali tra chi deve “semplicemente” rimanere a casa. E più passa il tempo e meno sarà possibile non tenerne conto. Per essere totalmente espliciti: ci sono famiglie composte da 5-6 individui che vivono in 50mq – 60 mq abitabili, altre che nella stessa condizione non hanno a disposizione balconi o che hanno finestre con poco accesso alla luce naturale. C’è chi vive con una vista su un raccordo autostradale in zone fortemente degradate o chi ha bambini o adolescenti da dover gestire in queste condizioni. Chi non può permettersi un accesso efficiente al web e quindi non ha la fortuna e l’opzione di poter mettere i propri figli davanti a 4/5 strumenti di streaming per vedere l’ultimo film della Marvel. O chi non ha la possibilità di far partecipare i bambini a lezioni online offerte dalle scuole. E andiamo ancora più in profondità. 

Fabrizio Milano D'aragona
Fabrizio Milano D’aragona – Ceo e co-Fondatore Datrix Spa

Con il virus non sono scomparsi ulteriori disagi sociali preesistenti. Gestione in casa di malati non da virus, gestione di persone con varie disabilità che potrebbero anche necessitare di semplici uscite quotidiane, gestione di persone che convivono con chi ha problemi di droga e soprattutto situazioni di violenza domestica. Se si parla di un mese di sacrificio si può chiedere di farlo forse in modo indiscriminato. Se i mesi diventeranno 2/3 etc. la questione è per definizione più complessa. 

E bisogna iniziare ad organizzarsi, prendendone atto pubblicamente. Non sto parlando quindi dell’atteggiamento deprecabile di chi, durante una richiesta di “coprifuoco”, rivendica il diritto ad uscire per farsi la corsetta o per fare attività fisica all’aperto. Di quelli che per “svago” escono 3 volte al giorno per fare acquisti e che amabilmente passeggiano o si fermano a prendere il sole su panchine pubbliche senza reali necessità. In mezzo a quelle folle che talvolta vediamo nei video, ci sono persone con situazioni che a breve faranno loro considerare il virus come il minore dei mali. Un altro “male” da evitare per chi può permetterselo. E ripeto non solo per problemi di “fame”, per i quali sarà necessario per un periodo più o meno lungo garantire voucher per pasti quotidiani. Necessità sicuramente impellente.Principalmente per questa parte di popolazione, dobbiamo iniziare a discriminare (termine che normalmente non mi piace, ma che in questo contesto considero efficace) “verso l’alto” o se preferite “tollerare verso il basso”. Creando quindi un sistema “progressivo” di tolleranza. 

L’ordine lineare o se volete orizzontale del #stiamotuttiacasa (necessario all’inizio) a breve non basterà più, soprattutto in uno scenario di mancanza di tempi chiari per una via di uscita. E la tecnologia a supporto di approcci più “verticali”, in questo contesto, non solo è di aiuto ma diviene essenziale. La tecnologia sarà necessaria anche per il governo corretto di tutto il resto (per esempio per la gestione degli spostamenti e per il controllo degli ambienti lavorativi). Ma voglio soffermarmi proprio su questo aspetto più sociale, che si accompagna anche ai sistemi di controllo del rischio di contagio individuale, adottato in altri paesi.

Alcuni semplici esempi? È possibile incrociare banche dati disponibili per verificare dimensioni abitative e numero di componenti familiari per autorizzare, anche in specifiche fasce orarie, l’uscita scaglionata dei componenti familiari (compresi bambini e anziani che in condizioni di particolare disagio, stanno pagando un prezzo altissimo già oggi). Le uscite possono essere controllate con sistemi di geo-localizzazione obbligatori su smartphone (oggi davvero diffusi in tutti gli strati sociali) o tramite semplici rilevatori della posizione atti a far questo e se non acquistabili, prevedendo la distribuzione gratuita degli stessi (esistono alcuni dispositivi decisamente economici). Con questi strumenti che devono diventare obbligatori per accedere a questi diritti progressivi e rispettando il più possibile la privacy e tutelando le informazioni, sarà possibile verificare, in tempo reale, sia l’eccesso di assembramenti in aree cittadine che i tempi e le motivazioni di movimento. In questi giorni sentivo lamentare alcuni sindaci o presidenti di Regione, di non avere forze dell’ordine sufficienti per controllare tutto un territorio. È sicuramente così. Ma la tecnologia, che sarà resa disponibile, potrà aiutare a spostare in modo efficiente e oggettivo le risorse dove sono strettamente necessarie. 

Non basta la semplice segnalazione o la telefonata del singolo cittadino, c’è bisogno di avere visioni chiare, immediate e oggettive sul dove impiegare gli sforzi per i controlli e dopo qualche settimana di dati è possibile avere anche degli strumenti che predicono un possibile assembramento. Pensare che nel 2020, sia un foglio compilato il “lasciapassare” per muoversi è oltre che inefficiente anche francamente un pò ridicolo, se non per un momento breve di emergenza. In questo contesto si potrebbero anche riaprire parchi pubblici per periodi di tempo strettamente necessari e con un controllo preciso dei frequentatori degli stessi anche tramite sistemi di video sorveglianza già attivi. Sempre in base ai dati disponibili è possibile prevedere chi ha fatto denunce nel tempo per violenze domestiche, assegnando loro degli spazi disponibili in strutture alberghiere oggi in disuso, anche con controlli stringenti. Stessa cosa per chi ha reali esigenze di avere più spazio durante il corso della giornata o per gestire classi virtuali distribuite (anche quelle controllate), in modo da permettere l’accesso a sistemi di connessione per chi non li ha a disposizione in casa, ma che oggi potrebbero essere disponibili in strutture alberghiere che probabilmente e purtroppo resteranno vuote per un periodo di tempo piuttosto lungo. In questo modo chi ha questi spazi può ricevere non semplicemente incentivi, ma anche riconvertire in parte e per un periodo l’attività. 

La “discriminante” deve diventare necessariamente più hai, in termini di spazio, di risorse tecniche, economiche e non, e meno hai diritto a muoverti o a spostarti, al netto delle attività lavorative. Per esempio, chi ha a disposizione un giardino o un balcone per far giocare i bambini è in una situazione di oggettivo privilegio che gli potrà consentire di uscire meno, al netto di esigenze specifiche (spesa e quanto altro). Viceversa, per esempio, chi durante la settimana garantisce servizi essenziali e vive anche in condizioni di disagio, deve avere la possibilità nei giorni liberi di far uscire i propri figli e di portarli al parco. Tutto questo con il massimo della sicurezza per sé e per gli altri. Il rischio è che, alcune situazioni di vantaggio presenti prima della crisi, alla lunga diverranno insostenibili e faranno scattare una rabbia sociale difficilmente comprimibile.

La consapevolezza di fondo deve essere che, in questa crisi, non siamo tutti uguali. E che la condizione economica è un aspetto di un problema più generale che sta rendendo impossibile vivere con quel poco che si ha, anche con l’aggiunta di restrizioni così profonde e potenzialmente durature.Oggi la tecnologia deve servire anche per gestire in una situazione di emergenza, queste evidenti differenze. Assegnando diritti, verificando obblighi e sanzioni con una giusta proporzione. Abbiamo fior di startupper anche nel nostro paese, abituati a ragionare in modo discontinuo e che potranno proporre idee e soluzioni. Facciamoli lavorare dandogli delle commesse oltre che supporti economici, che sono fondamentali.Mai come in questa situazione è necessario incrociare informazioni per assegnare “diritti”. Prendere delle decisioni assolute per chi governa in un contesto come quello attuale è davvero difficile, oltre che probabilmente sbagliato. Almeno da essere generate da un approccio rischiosamente ideologico. Molti per esempio chiedono tempi certi sulle disposizioni, ma dobbiamo con onestà ammettere che quasi nessuno può darli. Anche i governi che decideranno di riaprire tra qualche giorno, si troveranno probabilmente nella condizione di dover gestire dei nuovi momenti di lockdown (come vediamo già oggi in Cina). Da cittadini ciò che possiamo pretendere dalla politica è che preveda e pianifichi, nel più breve tempo possibile, differenti scenari. E per gli stessi predisponga differenti piani organizzativi. Come già sostiene qualche osservatore, la crisi non può più essere solo approcciata da un punto di vista medico/sanitario. Non ci si può più schermare con i pareri di esperti sanitari, che in alcuni casi non sono del tutto allineati. Sono, inoltre, necessari piani che si attivino anche nel caso di situazioni di stop and go, che probabilmente ci saranno nel tempo.

La gestione di questa crisi, quindi, richiede una capacità organizzativa che delinei questi differenti scenari anche in modo dinamico (cosa accade in caso di nuova chiusura, cosa in caso di prima apertura, cosa in caso di un’apertura più diffusa, etc.) e con soluzioni complesse e articolate per gestirli. Immagino che oggi qualsiasi imprenditore ancora attivo stia ragionando in base a differenti scenari. Lo stesso deve avvenire per la gestione pubblica della crisi. Per quanto di gran lunga più complesso e con possibili errori che dovremmo comprendere e forse anche giustificare da cittadini. La presenza di questi piani deve essere comunicata, in modo chiaro e creando le giuste aspettative. Auspicabilmente ricevendo prima un consenso diffuso da più parti sociali e politiche. Dovrà essere il “piano antincendio” cui tutti dovremmo aderire e che verrà modificato in base a virtuosismi, palesi errori o nuove evidenze. Rendere possibile tutto questo con un controllo democratico renderà impossibili fughe in avanti e accuse di creare una sorta di “Grande Fratello”.Obblighi o richieste generalizzate accompagnate da slogan positivi, possono andar bene per un periodo e sono anche utili per provocare inizialmente, delle reazioni virtuose. Come quelle che abbiamo visto in gran parte della popolazione nell’ultimo mese. Ma dobbiamo avere la consapevolezza che non basteranno ancora per un periodo di tempo lungo. 

Oggi bisogna dare delle risposte che generino speranza, risposte che partendo da condizioni economico-sociali differenti siano per definizione più articolate e granulari. Le conoscenze e gli strumenti ci sono. Sono lì disponibili e pronti all’uso. È solo una questione di volontà e di organizzazione, non solo di risorse economiche. E’ anche necessaria un pò di audacia, tipica di persone che pensano in modo non convenzionale. Proviamo a coinvolgerle e ad ascoltarle di più. Mi riferisco a nuove leve e persone impegnate nel mondo dell’innovazione, ad oggi tenute troppo lontane dai centri decisionali.

E se saremo abili e lungimiranti potremmo trarre anche dei vantaggi dall’attuale situazione, facendoci fare un salto in avanti anche dal punto di vista di un cambiamento che prima o poi avremmo dovuto attuare. Risentire, per esempio, il “profumo” dell’aria nei grandi centri urbani, percependo nuovamente la “puzza” degli scarichi quando passa una macchina, vedere le acque dei nostri mari, dopo appena un mese di stop, ridiventare splendenti, abilitare tanti a svolgere il proprio lavoro con nuovi strumenti, utilizzabili anche a distanza, potrebbe generare un nuovo benessere cui forse non sapremo più rinunciare, anche in una fase di ritorno ad una normalità che ci sembrava immodificabile in un recentissimo passato. 

Questa deve essere per tutti noi almeno una legittima speranza.

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