Criticare il Papa
Criticare il Papa è un esercizio periglioso. Per i credenti è già anatema giudicare l’uomo, prima ancora del pontefice; per i non credenti è un atto di cattivo gusto che va contro i sentimenti dei più. Lo schema ricorda però la mentalità dei Paesi a regime di partito unico. In un Paese liberale deve pur essere lecito non rispettare le convinzioni dei più e dire che il calcio è uno sport noioso, che sentir cantare Celentano è uno strazio, e che chi ascolta il messaggio di fine anno dei Presidenti della Repubblica farebbe bene a riconciliarsi con i parenti, se è ridotto a quel punto. Ma la realtà è quella che è. In un Paese prevalentemente di sinistra come il nostro non prosternarsi dinanzi al Papa, come fanno le televisioni, è anatema. Per fortuna, l’anatema non può fare impressione al miscredente.
I fatti sono evidenti. Papa Francesco invia a tutti e costantemente un messaggio evangelico. La regola fondamentale della religione, quella che sta al di sopra di tutte le altre, è l’amore del prossimo. La fede è più importante della teologia. Beati i poveri, perché loro è il Regno dei Cieli. Il cristiano deve amare i bambini (sinite parvulos venire ad me) e cercare di somigliare a loro, nell’ingenua semplicità della fede. Le regole, incluse quelle della Chiesa, sono fatte per l’uomo e non l’uomo per le regole. Esattamente come il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. E infatti sono evidenti le aperture del Papa ai miscredenti, ai sodomiti, ai divorziati, perfino agli atei. In tutti i modi e costantemente, miracoli a parte, Francesco somiglia a Gesù di Nazareth. Questi si permise di deridere la devozione formale dei farisei e persino di frequentare pubblicani e prostitute.
Altro punto in comune è il modo in cui la loro azione si è posta rispetto alla religione vigente. Gesù affermava intrepidamente che chiunque avesse cambiato anche solo una virgola nella religione ebraica sarebbe stato il più piccolo nel Regno dei Cieli (Matteo, V, 18), e tuttavia proprio in suo nome è nata una religione diversa ed opposta all’ebraismo. Naturalmente del Gesù storico sappiamo troppo poco, per stabilire se la nascita della Chiesa cristiana sia stata in linea con la sua volontà o no, e dunque la questione rimarrà irrisolta. Ma qui interessa Bergoglio. Questi, come Gesù rispetto all’ebraismo, volendo ritrovare l’essenza della fede dei padri, per ciò stesso la interpreta, la modifica e, in prospettiva, ne crea una nuova. Questo è un punto cruciale.
Il Cristianesimo non è più, da due decine di secoli, una religione di falegnami e di pescatori analfabeti. Sin dai tempi di Costantino è stato la spina dorsale dell’Occidente intellettuale: col monachesimo si ebbe addirittura coincidenza di cultura e religione. Si è dotato di una filosofia (la Scolastica), ha cristallizzato l’ortodossia dottrinale nei Concili, si è dato una struttura rigida addirittura fornendole il crisma dell’ispirazione dallo Spirito Santo. Crisma che implica la più totale immodificabilità: infatti non è concepibile che lo Spirito Santo si sia sbagliato. I Protestanti non hanno accettato questa dottrina e dunque sono liberi di non seguire né le indicazioni dei Concili né ciò che il Papa proclama ex cathedra: ma per gli altri non può cambiare nulla. Si è liberi di non essere cattolici, ma non di essere cattolici à la carte, accettando alcune parti della dottrina e negandone altre.
La predicazione di Bergoglio lascia teologicamente perplessi, ma “politicamente” le cose potrebbero stare in modo diverso. Le folle dei semplici sono più sensibili al fascino paterno di Papi come Giovanni XXIII che all’impeccabile severità intellettuale di Ratzinger. Da questo il successo di Francesco. E tuttavia è lecito chiedersi se questo diverso approccio non rischi di perdere in profondità ciò che guadagna in estensione, fino a trasformare la religione in superstizione, se va male, e in umanismo, se va bene: mettendo comunque in pericolo la Fede. L’umanismo infatti si distingue dalla religione proprio perché ne accoglie la spinta morale senza recepirne la trascendenza: e per ciò stesso la nega.
Ciò che sembra non si capisca, nel momento contemporaneo, è che alla comprensione del Cristianesimo, di ciò che esso è e di ciò che esso impone, non basta il sentimento morale. Un uomo può essere estremamente mite e generoso senza essere cristiano. ché anzi la religione della pietà per antonomasia è il buddismo. Ma queste considerazioni non trovano ascolto. In passato si è avuto uno scisma anche perché si discuteva se i preti dovessero sì (ortodossi) o no (cattolici) avere la barba. Oggi si è disposti a passar sopra a ciò che è stato giudicato assolutamente intangibile per secoli. Forse, parlare di perplessità è poco.
Gianni Pardo