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Cronache
Csm e procura di Roma: una proposta per estirpare il malcostume

In questi giorni i vertici della magistratura offrono uno spettacolo desolante, sia componenti del CSM sia della Procura di Roma in cui uno dei magistrati coinvolti, Luca Palamara, non era un sostituto qualunque ma è stato segretario nazionale dell’ANM e quindi portavoce di tutti i magistrati. Questo spettacolo, che, al di là delle responsabilità ancora da accertare, non ha nulla da invidiare a certi scandali della politica, ha due antefatti molto semplici.

La nomina del Procuratore capo di Roma è molto più importante di quella di un Ministro. I Ministri di Giustizia vanno e vengono, nessuno si ricorda nemmeno più chi ha ricoperto tale ruolo nelle scorse legislature. Invece un Procuratore capo come quello di Roma, ma anche quello di Milano, dispongono anche per otto anni consecutivi di un potere tale da poter condizionare con le loro scelte e le loro iniziative la stessa vita politica del paese. In più le correnti della magistratura sono molto più deideologizzate rispetto ad un tempo. Quando ho iniziato la mia carriera in magistratura le correnti non si affannavano solo per spartirsi le nomine e gli incarichi ma soprattutto si attaccavano, anche duramente, su questioni ideologiche, le correnti conservatrici contro quelle di sinistra e anche di estrema sinistra e viceversa. Oggi prevale invece una ideologia di categoria autoreferenziale che accomuna tutti i gruppi e che rende la magistratura quindi più potente a fronte di partiti politici destrutturati, spesso ridotti ad un guazzabuglio di persone che pensano quasi solo al loro interesse immediato.

LP 3682870Guido Salvini
 

In questo quadro, a bassa voce lo ammettono tutti, in ogni nomina importante più che una valutazione di merito vi è uno scontro senza esclusione di colpi dove prevale chi appartiene o riesce a costruire la cordata vincente.

Ci sarebbe una via molto semplice per rendere le nomine agli incarichi direttivi più trasparenti e stroncare in radice manovre e clientelismi con gli esiti disastrosi che hanno per la credibilità della magistratura. Qualche commentatore in proposito ha scritto con un po’ di malignità ma non a torto che se i protagonisti di questa vicenda non fossero magistrati ma amministratori locali sarebbero già stati arrestati o quantomeno sarebbero finiti agli arresti domiciliari.

Basterebbe limitare l’intervento del CSM all’individuazione di una rosa di idonei tra i concorrenti 3, 5 o 6 candidati per ciascun posto escludendo i concorrenti chiaramente inadatti. In tutti i concorsi infatti c’è un numero di aspiranti, che, più o meno alla pari, hanno le capacità e le caratteristiche per ricoprire il posto cui concorrono e che sarebbero facilmente individuabili in una prima selezione. Anche per il posto di Procuratore capo di Roma del resto gli aspiranti iniziali erano una dozzina ma dopo la prima valutazione della Commissione del CSM si sono ridotti a tre, Viola, Creazzo e Lo Voi e questa selezione vale di fatto per tutti concorsi.

In questa rosa, in una seconda fase, basterebbe estrarre a sorte il vincitore.

Ecco così divenute inutili di colpo le consultazioni a cena o in corridoio e le cordate. Traffici e raccomandazioni per soddisfare ambizioni personali e di gruppo non avrebbero infatti più alcun senso se la parte finale della scelta avvenisse in base all’alea. Nello stesso tempo sarebbe garantito che all’incarico direttivo arrivasse un magistrato meritevole di ricoprirlo e sarebbe anche accelerata la estenuante copertura dei posti oggi spesso bloccata dalle trattative e dai patti a scacchiera (io voto il tuo qui, tu voti il mio là) tra le varie correnti.

Del resto la scelta per sorteggio tra gli idonei è un meccanismo decisionale conosciuto nella storia, dall’antica Grecia in poi - si eleggevano così ad esempio i Dogi di Venezia – per stroncare i gruppi di potere che danneggiano la credibilità e l’indipendenza di un’istituzione e per ampliare le possibilità di partecipazione dei singoli e dei non allineati.

D’altronde non sono sorteggiati già oggi i giudici che compongono il Tribunale dei Ministri e i giudici popolari che possono condannare un imputato all’ergastolo? Nessuno se ne scandalizza.

È un metodo che è in grado di resistere a qualsiasi obiezione di principio ma sono certo che non passerà mai.

Le correnti, poche centinaia di magistrati che costituiscono l’apparato di comando, non accetteranno mai che tramite un meccanismo di nomina non controllabile venga meno il loro potere su tutta la magistratura. Quindi continuerà come è sempre stato, magari qualche volta con qualche incidente di percorso da dimenticare il prima possibile.

Infine una piccola annotazione che discende da quello che sempre emerge in indagini di questo genere.

Come mai, a Roma soprattutto, i magistrati importanti sono spesso al telefono o a cena con imprenditori, avvocati d’affari, politici, lobbisti? Io a cena frequento quasi solo i miei ex compagni di scuola e parliamo dei tempi del liceo. Quasi sempre meno è meglio.

*magistrato

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