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Cronache
D'Amato: "Nessuna equità senza sviluppo, l'assistenzialismo non basta".

Non si può fare equità e solidarietà senza prima creare sviluppo e ricchezza. Occorre uno sforzo collettivo del Paese nel creare le condizioni per rilanciare in maniera significativa gli investimenti pubblici e privati, i soli che possono creare vera e buona occupazione. Gli imprenditori stanno facendo la loro parte, investono per crescere e competere. Quelli che non lo fanno sono destinati al fallimento, così come un Paese che non investe su se stesso e non sa competere è condannato ad una recessione continua che genera disuguaglianze, disoccupazione ed emarginazione.  Lo ha detto stamattina il presidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Antonio D’Amato, intervenuto alle celebrazioni della Festa del lavoro al Quirinale. “La contraddizione che stiamo vivendo è duplice”, ha affermato D’Amato. “Da un lato distribuiamo risorse che non abbiamo. E dall’altro, dando priorità ad interventi di sostegno   sociale  rispetto agli investimenti pubblici produttivi, in un contesto a risorse finite, rinunciamo a creare da subito posti di lavoro veri e sostenibili. Il dibattito politico cui assistiamo quotidianamente nel nostro Paese -ha continuato- sembra non registrare sufficiente consapevolezza della partita che oggi è in gioco nell’economia mondiale. La portata della competizione non è più solo tra regioni e né solo tra sistemi-paese ma è tra continenti. Alle forti e crescenti tensioni geopolitiche che contraddistinguono lo scenario mondiale, si sovrappone in maniera sempre più prepotente lo scontro per il controllo dell’economia globale. E in questo contesto nessun paese da solo può reggere il confronto. Solo un’Europa più competitiva, più forte e più unita può contribuire all’affermazione dei suoi valori fondanti: la difesa del pianeta, la pace tra le nazioni, il benessere tra i popoli”. In questo contesto, ha ribadito l’ex numero uno di Viale dell’Astronomia, “l’Italia deve essere un convinto protagonista della costruzione di questa Europa. Se non invertiamo rapidamente la rotta, sappiamo già a quale destino saremo condannati. Continueremo a diventare sempre più marginali, più divisi, più poveri. Non è questo il futuro che noi vogliamo per noi stessi e per i nostri figli. Quegli imprenditori che pur potendo andare nel mondo, dove già operano, continuano a restare in Italia lo fanno perché credono nel nostro Paese.  Ma ognuno è artefice del proprio destino”. E ciò, ha sostenuto, vale non solo per gli individui ma anche per le comunità. “Mai come in questo  momento i ceti dirigenti del Paese devono assumersi le proprie responsabilità e devono essere impegnati nel superare le egoistiche convenienze del breve momento. Dobbiamo saper costruire il nostro futuro mettendo in campo non solo idee e progetti, ma anche avendo il coraggio di fare le scelte necessarie. Dobbiamo sapere testimoniare con l’esempio il nostro impegno nel costruire un’Italia migliore. E dobbiamo farlo -ha concluso- facendo forza sulle nostre capacità e sulle nostre possibilità ma, al tempo stesso, consapevoli dei rischi che abbiamo di

Fronte”.                                                                                                                                        

 

 

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