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Cronache
Gibello, senza istruzione e formazione non c'è futuro per i giovani e il Paese

“Dobbiamo invertire la rotta e aumentare i nostri sforzi per dare ai nostri ragazzi quello che noi abbiamo dato per scontato: una formazione di base solida per creare le fondamenta del loro futuro. Solo con la cultura e l’educazione possiamo assicurare loro le competenze per avere un lavoro dignitoso". E’ questo uno dei punti chiave dell’intervento del presidente della Fondazione Deloitte, Paolo Gibello, sul blog istituzionale di Deloitte.

"Per questo -spiega Gibello- sin dall’inizio dell’emergenza pandemica, come Fondazione Deloitte  siamo intervenuti con iniziative a favore delle comunità maggiormente colpite dagli effetti della crisi economica e sociale. Tra queste iniziative, vorrei citare il sostegno a Fondazione Arché per l’acquisto di pc rigenerati utili per la didattica a distanza, che l’associazione ha distribuito sul territorio italiano a famiglie in difficoltà economiche con figli in età scolare. Un aiuto concreto e, in questo momento, vitale per tutti gli studenti, piccoli e grandi, che dipendono dal mondo digitale per portare avanti la loro istruzione".

"Nella stessa direzione -rilevava- il nostro impegno portato avanti con l’Osservatorio della nostra Fondazione: il primo studio che abbiamo condotto sulle materie Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics), presentato a luglio del 2020, metteva in luce il grande spreco di talenti e potenziale del nostro Paese. Dei nostri iscritti alle Università, infatti, meno del 30% viene indirizzato a facoltà tecnico-scientifiche. Ma è proprio attraverso questi percorsi di studio che i nostri ragazzi e ragazze possono maturare le competenze del futuro. Le stesse competenze che le aziende chiedono sempre di più e che -paradosso dei paradossi- in Italia faticano a trovare, mentre quasi il 30% dei giovani è a casa disoccupato o, addirittura, nemmeno più cerca lavoro e va a ingrossare le fila dell’inoccupazione.”

Il presidente della Fondazione Deloitte accende poi i riflettori sui dati. “In Italia, nonostante -scrive Gibello- i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non si è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata". A dirlo è il rapporto Bes di Istat pubblicato a inizio marzo del 2021. Una fotografia molto precisa di quello che sta accadendo nel nostro Paese. E che torna di grande attualità con il ripristino della didattica a distanza per i milioni di studenti delle zone rosse istituite dal 15 marzo. Una misura di contenimento del virus che tuttavia non deve farci abbassare la guardia sul rischio di gap educativo che il Covid-19 sta generando. Secondo il rapporto Istat, infatti, oltre alle disparità di accesso all’istruzione che già conoscevamo, "la pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze". Perché, spiega lo stesso rapporto, "in Italia una famiglia su tre non dispone di computer e accesso a Internet da casa" e, così, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto completamente escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza, quota che sale al 23% tra gli alunni con disabilità.Immaginate la difficoltà di un bambino di sei anni che deve imparare a leggere e scrivere attraverso uno schermo. Pensate alla solitudine dei tanti adolescenti che, da mesi, devono rinunciare alla socializzazione con i loro coetanei. E riflettiamo bene sul dato più allarmante di tutti: da un anno migliaia di bambini e ragazzi sono completamente tagliati fuori dal sistema scolastico. Una situazione senza precedenti, che lascerà cicatrici non solo sulla psiche dei più giovani, ma che rischia anche di allargare il divario sull’istruzione che ci separa dall’Europa.Secondo l’Istat, infatti, in Italia la quota di persone tra i 25-64 anni che ha almeno il diploma superiore è inferiore alla media europea di 16 punti percentuali. E tra i giovani di 30-34 anni solo il 27,9% ha un titolo universitario o terziario contro il 42,1% della media Ue27. Oltre a questo, nel secondo trimestre del 2020 è salita al 23,9% la quota di giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano (Neet), registrando il più alto aumento d’Europa per questa categoria".

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