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Cronache
Le università chiedono un piano nazionale per il digitale

Gli atenei italiani superano la prova della didattica a distanza imposta dall'emergenza Covid ma si ribadisce la necessità di un piano nazionale per il digitale, che riguardi infrastrutture ma anche specifica formazione dei docenti. Questi, in sintesi, alcuni risultati, emersi da una ricerca sulla didattica durante il semestre dell’emergenza, promossa dal Centro "Luigi Bobbio" del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, in collaborazione con UNIRES, il centro interuniversitario di ricerca sui sistemi di istruzione superiore e presentata, oggi, nel corso di un incontro in diretta streaming a cui è intervenuto il ministro Gaetano Manfredi. Per lo studio è stato intervistato un campione di 3.398 professori e ricercatori delle università statali italiane che hanno risposto a un articolato questionario online.

Dall'indagine emerge che i ritardi nell’avvio delle lezioni sono stati contenuti: il 72% dei docenti, infatti, è riuscito ad attivare la didattica a distanza entro il 13 marzo; le ore di lezione non si sono discostate molto da quelle previste: nei corsi triennali l’86% dei docenti ha svolto tutte le ore previste, mentre nei corsi magistrali l’89%. Ed ancora, la stragrande maggioranza dei docenti (l’80%) è riuscita a svolgere tutto il programma di insegnamento e la maggioranza dei professori ha adattato le proprie strategie didattiche all’insegnamento a distanza: il 67% ha modificato un po’ sia i contenuti sia la struttura dei propri insegnamenti; il 9% ha ripensato la propria didattica.Le lezioni sono state prevalentemente tenute in diretta streaming, il 66%; il 15% ha tenuto lezioni sia in diretta sia preregistrate. Il numero di studenti frequentanti non è diminuito: per il 53% sono rimasti invariati, per il 22% sono aumentati e gli esami si sono svolti regolarmente.I docenti hanno perlopiù fatto didattica da casa, con una infrastruttura tecnologica sufficiente a garantire lo svolgimento delle lezioni, ricevendo un supporto dalle loro università (l’89% dei docenti) e dai loro colleghi per la transizione alla didattica a distanza, soprattutto sotto il profilo tecnico.L’80% degli universitari italiani valuta, quindi, positivamente il modo in cui i loro atenei e Dipartimenti hanno affrontato l’emergenza, "assicurando la continuità della didattica, con poche variazioni tra le università del Nord, del Centro e del Sud del Paese e tra i grandi atenei e quelli piccoli". Il 75% dei docenti si dichiara soddisfatto della propria esperienza di didattica a distanza ed il 57% dei docenti ritiene di aver accresciuto le proprie competenze professionali.

Con questi risultati, il 54% dei docenti vorrebbe che almeno una parte della didattica venisse svolta in “forma mista”, integrando le lezioni in presenza con attività online; il 44% vorrebbe, appena possibile, tornare alla situazione precedente all’emergenza, senza mantenere niente dell’esperienza fatta con la didattica a distanza.Le risposte mettono in luce anche le difficoltà incontrate e gli aspetti negativi e stressanti dell’emergenza. La crisi, rileva lo studio, ha messo in evidenza una “insospettabile” capacità reattiva delle università italiane ma si conferma che la didattica in presenza è insostituibile.Inoltre, emerge dalla ricerca, "le nuove piattaforme tecnologiche non sono di per sé capaci di rinnovare la didattica" ed è necessario "un piano nazionale per il digitale. Ciò richiede - è stato spiegato -  non soloun adeguato programma di investimenti sulle dotazioni infrastrutturali delle università, ma anche una specifica attenzione dedicata alla formazione didattica dei docenti.In conclusione, "le nuove tecnologie possono aiutare a far maturare e consolidare le 'buone pratiche' diinnovazione didattica già presenti nelle aule universitarie. Molte di queste tecnologie infatti,anziché sostituire la didattica in presenza, possono arricchirla agevolando forme piùinterattive e collaborative di didattica".

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