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Cronache
'Ndrangheta: truffato ex ministro Oman, ma senza querela resta fregato

'Ndrangheta: truffato un ex ministro dell'Oman, ma la Dda di Catanzaro non ha potuto contestare il reato in mancanza della denuncia della parte offesa

Società in Ungheria e in altri Stati europei, come Cipro, Regno Unito, Francia e Danimarca, per riciclare il fiume di denaro frutto delle attività illecite e per reinvestirlo, una volta 'ripulito', in immobili, yacht e ville di lusso: così il 'locale' di 'Ndrangheta di Sant'Onofrio (Vibo Valentia), rappresentato dalla cosca Bonavota, aveva fatto il salto di qualità muovendo milioni di euro in un vorticoso giro su scala europea, il cui epicentro era lo studio di un'avvocata ungherese, e puntando a inserirsi nella nuova frontiera delle criptovalute.

Questo e' lo scenario che la Dda di Catanzaro ha svelato con la "terza tranche" dell'operazione "Rinascita Scott", seguita dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale dell'Arma di Vibo Valentia e concretizzata nell'applicazione di 11 misure cautelari. I dettagli dell'operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa nella sede della procura di Catanzaro, cui ha partecipato il capo della Dda Nicola Gratteri.

L'attivita' rivelata dalle indagini "si posiziona a un livello superiore rispetto all'articolo 416 bis, di una "'Ndrangheta evoluta", ha evidenziato Gratteri, secondo il quale dall'inchiesta emerge l'immagine della "specializzazione di una cosca 'ndranghetista in un contesto mafioso piu' grande e che, partendo da un paese nel Vibonese, riesce ad avere un respiro internazionale agganciando professionisti che si trovano all'estero e riuscendo a interfacciarsi con piu' banche di vari paesi per far fare ai soldi tanti giri cosi' da farne perdere le tracce, a ripulirli e a fari ritornare in Italia attraverso investimenti soprattutto nel settore immobiliare".

TRUFFATO EX MINISTRO DELL'OMAN

E' emersa anche una truffa per due milioni di euro ai danni di un ex ministro dell'Oman che, pero', la Dda di Catanzaro non ha potuto contestare, in mancanza della denuncia della parte offesa come richiesto dalla riforma Cartabia, cosa che ha motivato l'evidente disappunto dello stesso Gratteri. L'operazione odierna ha comunque consentito agli inquirenti di bloccare l'enorme riciclaggio attivato dalla cosca Bonavota, capace di esprimere un 'mammasantissima' come Pasquale Bonavota, uno dei superlatitanti rimasti da catturare dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro.

Soprattutto l'operazione ha permesso dalla Dda di Catanzaro e ai carabinieri, grazie anche alla sinergia con Eurojust e alla cooperazione internazionale con magistratura e forze dell'ordine degli Stati esteri interessati dalle indagini, di ricostruire il sofisticato meccanismo di 'lavaggio' del denaro sporco gestito dal 'locale' dei Bonavota, che aveva costituito all'estero, soprattutto in Ungheria ma anche a Cipro, Regno Unito, Francia e Danimarca anche numerose societa' fittiziamente intestate a terzi. In questo contesto - hanno ricordato gli inquirenti in conferenza stampa - e' stato emesso un mandato d'arresto europeo per un'avvocata ungherese risultata intestataria del 50% delle quote societarie di una di queste societa', ed e' stata individuata una banca ungherese specializzata in criprovalute, nuova frontiera degli interessi della 'Ndrangheta.

Un risultato da rimarcare, per Gratteri, che ha evidenziato come l'Ungheria sia stata "il primo Stato estero a mettere microspie, e questo e' importante, considerando la ritrosia che all'estero hanno nei confronti di questo tema, ma evidentemente la nostra credibilita' ci ha fatto aprire le loro porte". Alla conferenza stampa, oltre al procuratore Gratteri, hanno partecipato anche il vicecomandante del Ros dei carabinieri Gianluca Valerio, il comandante del secondo Reparto Investigativo del Servizio Centrale del Ros, Massimiliano D'Angelantonio e il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, Luca Toti: in collegamento il vicepresidente di Eurojust, Filippo Spiezia, che ha rimarcato "la collaborazione a livello internazionale e in particolare il contributo delle autorita' ungheresi, e questo non era scontato", evidenziando il fatto che "il modello avviato alla Procura di Catanzaro diventa sempre piu' un punto di riferimento nelle indagini contro la criminalita' organizzata". 

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