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Cronache
Ogni 55 minuti un reato contro gli animali
Reati contro gli animali

Riceviamo e volentieri pubblichiamo
 

Ho letto con molto interesse l'articolo da voi proposto (leggi qui),  sono felice per l'attenzione dedicata  agli individui delle altre specie e per la pubblicazione del report.

Ritengo tuttavia che  sia necessario affrontare anche i paradossi intrinseci alla legislazione vigente. L'ultima svolta in questo senso può essere considerata la legge n. 189/2004 e l'introduzione del nuovo titolo IX-bis del codice penale "dei delitti contro il sentimento per gli animali", cui si arrivò non da ultimo per il dilagare dei combattimenti tra animali. Come leggiamo nel testo "La tutela giuridica degli animali e il loro valore come categoria protetta" (Laura Boscolo Contadin, Editore Key) i reati commessi a danno degli animali non sono più reati contro la proprietà o contro la polizia dei buon costumi, ma sono inseriti in un contesto separato, anche se rimane prevalente la concezione antropocentrica volta a tutelare la sensibilità umana di fronte ad atti di violenza verso i non umani (non si parla infatti né di soggettività né di personalità). L'intervento normativo va comunque collocato nel mutare del paradigma culturale in corso per cui gli altri animali vengono riconosciuti come esseri senzienti, capaci di soffrire, gioire,  con "progetti di vita", portatori di interessi individuali.

L'art. 544 bis recita: Uccisione di animali. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni. La contraddizione è qui principalmente dovuta all'art. 9 ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale (introdotto insieme al Titolo IX bis del Codice nel 2004), che "stabilisce che la disciplina del nuovo Titolo non si applicherà alle disposizioni speciali in materia di allevamento, caccia, pesca, macellazione, sperimentazione, circhi, zoo, trasporto, manifestazioni di tipo storico  culturale che coinvolgono gli animali" (L.B. Contadin). Vale a dire ci troviamo di fronte a eccezioni che costituiscono per milioni di volte la regola e che di fatto fanno apparire la normativa come una manovra politica per accontentare di facciata l'opinione pubblica, dal momento che oggi nel criterio di necessità non può certo rientrare il consumo di carne e prodotti animali o altri fenomeni citati (anche per ragioni che esulano dai diritti degli animali, sulla base di una ormai rilevantissima letteratura scientifica). Le ragioni di tale contraddizione vengono menzionate  nel testo  citato e  vengono a coincidere, in modo assai interessante,  con quelle dell'antispecismo nella sua corrente più politica. Nel testo infatti si nota quanto segue: "La bioetica ecocentrica deve ancora progredire sulle riflessioni e argomentazioni perché non potrà ottenere molti risultati fin tanto che rimarrà legata alle esigenze economiche. In sostanza è il valore economico che gli animali rappresentano per l'uomo che impedisce l'affermarsi di un principio etico di liberazione (...) si tratta di un meccanismo circolare, un sempre maggior sfruttamento proporzionato a un minor costo di produzione e vendita e di conseguenza una maggior domanda da parte dei consumatori e crescita del guadagno dei produttori".  Spesso si parla di "pregiudizio" nei confronti degli altri animali: in realtà, semplificando, non è la discriminazione a generare l'oppressione, ma l'inverso. Il pregiudizio (sono meno intelligenti, non soffrono poi tanto, non hanno l'anima o la coscienza diventate di fatto intercambiabili ...) è "solo" un vestitino applicato a posteriori per legittimare lo sfruttamento, e si può qui operare un parallelo con la condizione degli schiavi, come esposto da Colette Guillaumin: "the mark followed slavery and in no way preceded the slave grouping. The slave system was already constituted when the inventing of the races was thought up" (Racism, sexism and ideology, Ed. Routledge). I nessi con lo sfruttamento umano, la radice comune,  non solo sono evidenti, ma si potrebbe arrivare a dire che l'uomo ha esercitato parallelamente su se stesso la tecnica dell'addomesticamento.  A dover essere combattuto non è quindi solo l'abuso secondo normative vigenti, ma la norma da queste sancita.

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zoomafia
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