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Cronache
Paola, la prima vedova gay che riceverà l'eredità dalla moglie

Paola, la prima vedova gay che riceverà l'eredità dalla moglie

Paola e Laura, nomi inventati per riservatezza, erano state fra le prime ad unirsi civilmente a Bologna. A loro la priorità era stata data poiché Laura era gravemente malata, e grazie al matrimonio contratto, Paola potrà godere dei pieni diritti delle unioni civili, compresi quelli relativi all'eredità.

Pochi giorni fa Michele Giarratano, avvocato specializzato nei diritti Lgbt (sigla utilizzata utilizzata in riferimento a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), marito dell'ex senatore Sergio Lo Giudice e padre di due bambini, ha ricevuto una lettera ed in fondo c’è la firma di Paola. Quello che si legge è il dolore di una donna che ha perso l’amore della sua vita, e nelle sue parole strazianti si legge un senso di vuoto.

Laura e io siamo state le seconde a unirci civilmente a Bologna, avvalendoci della priorità concessa ove uno dei due partner fosse gravemente malato, ed ora sono ufficialmente la prima vedova same-sex della città. Un primato a cui avrei rinunciato volentieri perché, come ripeto spesso, morire a 50 anni appena compiuti è proprio una schifezza”. Questo l’inizio della lettera scritta da Paola.

Lo sfogo di Paola: "I politici capiscano e guardino alla realtà"

Dopo aver ripercorso la loro storia, vissuta tra riconoscimenti, ma soprattutto lotte e speranze, Paola vuole sottolineare come fra unioni civili e matrimoni convenzionali non sussistano grandi differenze: “Bene, tutto questo andrebbe raccontato ai politici che ancora scorgono del morboso nelle unioni civili: nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia avvengono incontri di Anime che sono incontri d’Amore, e che godono e subiscono gli eventi della Vita esattamente come chi contrae un matrimonio convenzionale.”

La società si cambia con l’esempio e noi lo eravamo, mettendoci la faccia, usando un linguaggio nuovo, perché forse anche grazie a questi piccoli tasselli i giovani di domani saranno più liberi di essere chi sono e non dovranno più vergognarsi o dare spiegazioni”, così termina la lettera di Paola, speranzosa verso il futuro.

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