Cronache
Siamo pronti, non siamo più in ritardo. Ma c'è un desiderio più grande

Di sicuro, da un po’ di giorni, tappati forzatamente in casa, in molti stiamo facendo l’esperienza che ormai non siamo più in ritardo su nessun impegno
Siamo pronti, non siamo più in ritardo
Di Marco Palmisano, Presidente Club Santa Chiara
Di sicuro, da un po’ di giorni, tappati forzatamente in casa, in molti stiamo facendo l’esperienza che ormai non siamo più in ritardo su nessun impegno. Non siamo più in ritardo alla mattina per andare in ufficio, ci si alza quando si vuole e si fa colazione con calma, intanto per il lavoro c’è lo smart working, per chi ce l’ha, mentre per chi non ce l’ha, la giornata inizia cmq mollemente davanti al primo video in arrivo sul Pc di casa o sullo smartphone, immancabilmente già acceso.
Non c’è che dire, da un punto di vista materiale, siamo meno impegnati e le ore del giorno sono scandite dalla fisiologica curva della natura: ritmo sonno/veglia, pranzo e cena, faccende di casa, attenzione ai figli e a chi ci sta intorno, due telefonate, quattro mail, tanti social e scorpacciate di tv.
Se a questa ritmo di vita si potesse aggiungere, anche solo per prova, la liturgia delle ore, cioè le preghiere che la tradizione cristiana assegna alle diverse fasi della giornata (Lodi, Ora media, Vesperi e Compieta) le ns famiglie sarebbero di colpo trasformate in tanti piccoli monasteri benedettini, alla scuola della famosa e mai troppo celebrata regola dell’Ora et Labora.
Invece questo non avere più impegni pressanti, non essere più in ritardo su niente, e avere tutto il tempo della giornata davanti a noi, alla maggioranza delle persone genera noia, solitudine e ansia, per il tempo che sembra non passare mai.
Eppure fuori, in decine di ospedali c’è gente che lavora in trincea lottando ogni giorno contro la stanchezza, il male e la morte, e migliaia sono oramai quelli che non ce la fanno e lasciano per sempre questa terra a causa del maledetto virus.
Memento mori, cioè ricordati che devi morire, è la famosa frase che i monaci trappisti nel medioevo facevano risuonare due volte al giorno nelle celle dei confratelli, mentre il compianto Massimo Troisi, rispondeva “Si, si, mò me lo segno” salvo poi, dopo un anno, salutare anche lui questo mondo.
Non c’è che dire, tutto questo vuoto apparente delle ns giornate è forse l’indicazione che abbiamo un desiderio interiore più grande, che è quello dell’anima e dello spirito, della preghiera e della riflessione personale, che non è mai troppo presto per affrontare, anche perché come dice il Vangelo “Estote parati” cioè siate pronti, lieti e pronti, perché non sapete né il giorno né l’ora della vs dipartita.
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