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Cronache
Sudan: condannata a morte per lapidazione una ragazza accusata di adulterio

La lapidazione è ancora praticata in Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Afghanistan e Yemen 

L'Organizzazione non governativa (Ong) Avaaz e la Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) hanno lanciato due campagne distinte ma con lo stesso obiettivo: salvare la vita ad Amal, una ragazza di 20 anni condannata a morte per lapidazione in Sudan.

Amal è un falso nome, richiesto da Intisar Abdala, l'avvocato della ragazza, per mantenere l'anonimato della sua cliente. La sentenza contro Amal è stata emessa lo scorso 26 giugno da un tribunale di Kosti, città sud di Khartum, perché ritenuta colpevole di adulterio.

La ragazza è separata dal marito dal 2020 ed è ritornata a vivere con i genitori. Dopo un anno, l'ex marito l’ha denunciata per infedeltà. Il processo si è svolto senza difensore, per questo Amal ha impugnato il verdetto tramite il suo avvocato. La Corte ha già ascoltato le parti, ora si attende la decisione dei magistrati, con la speranza che la sentenza possa essere ribaltata. 

Delle sette sentenze di lapidazione emesse dai tribunali sudanesi negli ultimi 30 anni, nessuna è stata applicata, ma ogni volta è servita una forte pressione a livello internazionale  per ribaltare la decisione della Corte. Ecco il motivo delle due campagne internazionali per salvare la vita ad Amal. 

Anche le organizzazioni per i diritti delle donne in Sudan hanno chiesto alle autorità di Khartum di annullare la sentenza, che costituisce una “punizione crudele, inumana e degradante”, e di garantire il rilascio immediato e incondizionato della giovane donna sudanese, in carcere da giugno.

Il rituale della lapidazione prevede che la persona condannata venga avvolta in un lenzuolo bianco e poi seppellita fino alla vita, se si tratta di un uomo, fino al petto, se si tratta di una donna. 

La lapidazione è ancora praticata in Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Afghanistan e Yemen. In Iran è stata abolita nel 2012, ma poi reintrodotta per il solo "reato" di adulterio nel 2013.

 

 

 

 

 

 

 

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