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Cronache
Suicidio assistito, va in tribunale il caso di un tetraplegico di 42 anni
La Presse

Ieri mercoledì 24 marzo, si è tenuta la prima udienza del procedimento di urgenza, in cui un uomo di 42 anni tetraplegico in condizioni irreversibili, che chiameremo Mario per non ledere la sua privacy, si è opposto al diniego ricevuto dalla sua ASL di riferimento delle Marche rispetto alla sua richiesta di accedere al suicidio assistito. Un diniego arrivato, spiegando i suoi legali, senza che sia stata effettuata alcun tipo di verifica sulle sue attuali condizioni cliniche, come previsto dalla sentenza 242\2019 della Corte Costituzionale che risulta immediatamente applicativa dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Affaritaliani.it ne ha discusso con Filomena Gallo Segretario Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni. “Per prima cosa dobbiamo fare una premessa” dice la dottoressa Gallo, che fa parte anche del collegio di legali presente ieri in udienza. “Questa persona è malata e ha una patologia irreversibile a seguito di un incidente. Ha una lesione alla spina dorsale, quindi una situazione molto particolare. La persona che chiamiamo Mario, prova grandi sofferenze, è nella piena capacità di autodeterminarsi ed è sottoposto a trattamenti di sostegno vitale. Mario ha deciso di porre fine alle sue sofferenze ricorrendo al suicidio assistito e per questo motivo ha scritto alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale per chiedere di poter accedere al suicidio assistito in base a quanto è stato previsto dalla Corte Costituzionale sul caso Cappato. Ricordiamo che quella sentenza prevede che l'aiuto al suicidio non sia reato solo se fornito ad un malato con le condizioni di Mario. Però, quelle condizioni devono essere verificate e accertate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale.

Deve essere accertato anche che la persona malata non vuole ricorrere a cure palliative con sedazione profonda. Solo dopo questa istruttoria che verifica la volontà della persona malata e le sue condizioni fisiche, ci sarà un parere del comitato etico affinché sia stato effettuato tutto ciò che è stato indicato dalla Corte Costituzionale, e poi il farmaco diventa prescrivibile, e chi lo prescrive non incorre nel reato di aiuto al suicidio. Questa è la premessa fondamentale per poi dire che la Corte Costituzionale ha dato delle indicazioni precise per tutelare la libertà delle persone che sono in determinate condizioni. Queste indicazioni precise hanno valore fino a quando il Parlamento non emanerà una legge che parta da questi presupposti per tutelare le libertà di tutte le persone che vogliono porre fine alla proprie sofferenze” sottolinea Filomena Gallo.

“Il sig. Mario a seguito della sua richiesta riceve una risposta dall'Asur Marche in cui si dice la stessa Asur prende atto della domanda e che l'unico percorso che il malato può fare è quello dell'accesso alle cure palliative, che non si può procedere diversamente perché quella della Corte Costituzionale è solo una sentenza e si deve attendere una legge. Però, si dimentica che una sentenza della Corte Costituzionale ha valore di legge ed è direttamente applicativa dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La Corte Costituzionale di sicuro non può scrivere una legge però ha ancorato la sua previsione stabilita in sentenza di verifica delle condizioni del malato alla legge 219”.

In sostanza la struttura pubblica dovrà verificare se il malato rifiuta i trattamenti sanitari. “Ricevendo questo diniego dalla struttura pubblica, come collegio legale dell'Associazione Luca Coscioni, abbiamo offerto assistenza legale e Mario ha così deciso di ricorrere ad un giudice. La richiesta dell'uomo è molto semplice. Rivolgendosi al giudice Mario sottolinea che ogni giorno che passa le sofferenze aumentano, la dignità personale è lesa da questi tormenti, e chiede al giudice che ordini all'Asur Marche di effettuare le verifiche sulla sua condizione per sapere se si può accedere alla prescrizione del farmaco” conclude l'avv. Gallo.

La prima udienza è passata “e l'Asur Marche ha ribadito di non poter procedere perché sostiene che non può somministrare il farmaco. Ma la richiesta non è quella di somministrare il farmaco ma di prescriverlo previa verifica delle condizioni del malato. Ma la verifica non è stata fatta. Nessun medico dell'Asur Marche ha incontrato Mario. Non ha fatto alcuna visita con uno psicologo della struttura pubblica, non ha visto un medico che ha proposto le cure palliative spiegandone il percorso. Insomma, l'Asur si è basata solo sui certificati che sono stati inviati, come la cartella clinica. Mentre dovrebbe effettuare una verifica completa e in seguito dare parere sull'accessibilità”.

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