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Cronache
"Telefonini spenti in ospedale. Così siamo arrivati al boss". Il capo dei Ros

Angelosanto: "Nel recente passato un blitz fallito per pochissimo"

L'arresto di Matteo Messina Denaro continua a far discutere, per le modalità e per il luogo dove è stato catturato, in pieno centro a Palermo a pochi chilometri dal suo rifugio. A spazzare via le voci su una "trattativa" per catturarlo ci pensa il comandante dei Ros, che svela anche retroscena inediti sull'arresto del capo della mafia. "Chi pensa a trattative segrete o addirittura a una consegna concordata - spiega Pasquale Angelosanto al Corriere della Sera - umilia gli investigatori e i magistrati che per anni hanno lavorato giorno e notte per catturare Matteo Messina Denaro. Non è un caso se il procuratore Maurizio De Lucia ha parlato di “borghesia mafiosa”. La rete che lo ha protetto è molto stretta. E non dimentichiamoci che svariate volte, in tutti questi anni, siamo stati vicinissimi alla cattura e poi siamo stati beffati o traditi".

"Venerdì scorso, il 13 gennaio, - prosegue Angelosanto al Corriere - quando il signor Andrea Bonafede ha confermato una particolare terapia presso la clinica la Maddalena abbiamo capito che era Messina Denaro. Ma la certezza io l’ho avuta soltanto quando il colonnello Arcidiacono mi ha telefonato e mi ha detto: "L’abbiamo preso, ha ammesso di essere lui. Ci eravamo insospettiti perché in determinati momenti i suoi familiari avevano comportamenti anomali. All’improvviso annullavano impegni già presi, spegnevano i telefoni, diventavano irrintracciabili e dunque abbiamo pensato che questo potesse accadere in occasione di interventi chirurgici o comunque di cure mediche particolari. A quel punto ci siamo concentrati sui database sanitari e siamo andati su obiettivi mirati. Poco prima della visita il vero Andrea Bonafede era a casa sua. A quel punto abbiamo fatto scattare l’operazione con oltre 150 uomini".

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matteo messina denaro
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