A breve si scoprirà la cinquina del Premio Strega 2025: vi raccontiamo i dodici romanzi in gara - Affaritaliani.it

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A breve si scoprirà la cinquina del Premio Strega 2025: vi raccontiamo i dodici romanzi in gara

I libri rientrati nella dozzina e le interviste agli autori: lo speciale di Affaritaliani.it sul Premio Strega 2025

di Chiara Giacobelli

4) Poveri a noi di Elvio Carrieri (Ventanas)

Con Poveri a noi, sorprendente romanzo d’esordio pubblicato da Ventanas del ventenne Elvio Carrieri, la narrativa italiana accoglie una voce nuova, capace di attraversare i margini della società con linguaggio tagliente e compassione lucida. Edito da Ventanas, il libro si muove nel cuore pulsante di una Bari periferica e disillusa, ritraendo un’amicizia nata nell’adolescenza e minata dal senso di colpa.
     
L’evento originario è brutale: nel cortile di una scuola media, uno studente viene ferocemente aggredito sotto gli occhi inerti di un compagno. Il primo finisce in ospedale, il secondo – bloccato dal terrore – resta a guardare. Due decenni dopo, Plinio e Libero sono ancora legati, quasi fratelli. Ma la relazione che li unisce è satura di omissioni e rimorsi: una protezione reciproca che ha il sapore del risarcimento.     

Libero, ormai docente di lettere nel carcere di Bari, cerca redenzione nel lavoro quotidiano e nell’incontro con Letizia, psicologa pugliese che segna una nuova traiettoria affettiva. La comparsa di questa figura femminile, portatrice di quieta determinazione, mette in crisi l’equilibrio che teneva insieme ciò che restava di un rapporto segnato da un’ombra antica.


 

     
Il romanzo si snoda lungo strade urbane percorse da voci disilluse e pensieri interrotti. Lo sfondo è quello di una città colpita da trasformazioni irreversibili, spogliata del suo senso originario e attraversata da corruzione e abbandono. Tuttavia, è proprio in questo spazio disgregato che emergono gesti di umanità, frammenti di speranza, piccoli atti di resistenza quotidiana.
    
Carrieri costruisce una lingua diretta, asciutta, ma densa di tensione emotiva. I dialoghi si muovono tra ironia e malinconia, regalando uno sguardo tagliente sulla condizione dei “perdenti apparenti”, coloro che, pur stremati, continuano a camminare. Il romanzo è abitato da personaggi che non chiedono riscatto, ma possibilità di essere riconosciuti. La scuola, il carcere, le strade: ogni spazio diventa metafora di un confine da attraversare.
Tra cultura, affetto e disillusione, Poveri a noi è un inno sommesso alla dignità della sopravvivenza

Come afferma il protagonista: “Mediare tra vuoto e pieno. Parlare, almeno. È già qualcosa”. Un libro che ha il coraggio di nominare l’inadeguatezza senza compiacersene, e che, nel farlo, celebra il valore dell’imperfezione come forma più autentica di resistenza.


 

Intervista all’autore

Che cosa significa per lei e per il suo romanzo essere nella dozzina? Pensa che quest’anno l’editoria indipendente sia stata premiata più del passato?
“Per me significa tenere a bada la vanità e attuare una sana epochè, una sospensione del giudizio (per ora con risultati sorprendenti), per Poveri significa farsi una bella passeggiata in giro per le librerie d’Italia e non solo per le strade di Bari, che non è mica poco. I numeri non sono il mio forte, ma pare proprio che gli indipendenti quest’anno possano ritenersi soddisfatti”. 

La critica ha scritto che la sua opera rimanda a Pier Vittorio Tondelli e apre a una narrativa contemporanea nuova. Quali sono i suoi riferimenti letterari e i modelli che hanno influenzato il suo percorso di scrittore?
“La critica in questo caso è stata troppo gentile, per fortuna che a controbilanciare ci hanno pensato alcuni blogger e lettori. I miei riferimenti? Gli autori che hanno spinto la lingua al massimo e quindi Dante, Campana, Gadda, Fosse. Ma amo anche i narratori puri come Giovanni Arpino”.

La sua storia prende avvio da un “non fare”, da un restare a guardare di fronte alla violenza, pur provando senso di colpa. Perché per agire ci vuole sempre coraggio. Che cosa pensa della società attuale? Siamo ancora in grado di agire e di proteggere o il cinismo e la tendenza a voltarsi dall’altra parte, oltre a una certa indifferenza al male, ci caratterizzano ormai? 
“Non è ancora il momento per me di tirar fuori massime sapienziali sulla società e spero mai lo sarà, ma mi pare che siamo tutti, me compreso, molto anestetizzati al male, forse anche per il modo in cui oggi viene letteraturizzato. 
In Poveri ho cercato di scavare nella passività e nell’inazione senza mire edificanti in senso morale: i miei personaggi sono pessimi esseri umani che espongono forme del male, senza far scattare l’ingiunzione letteraria (e secondo me è tutto qui il danno) che dice al lettore come schierarsi dalla parte dei buoni, dopo magari essersi fatto voyeur di una bella scorpacciata di drammi altrui. 
La mia ingiunzione è semmai quella di attraversare l’ambiguità storica del male e della colpa e di farlo facendosi annientare (ma c’è chi mi ha detto cullare) dalla lingua. Forse solo così io, come lettore e dunque essere umano, posso rendermi più sensibile, se il male mi attraversa mentre leggo”.