Culture
"È del forte l’ascolto". La recensione sulle poesie di Carlotta Lezzi

di Alessandra Peluso
Parlare è una necessità, ascoltare è un’arte, afferma Goethe, ascoltare è come vedere una nuova realtà, in un’altra prospettiva, riscoprire nuovi orizzonti che solo l’attitudine dell’ascolto comporta: Ė del forte l’ascolto (Lupo Editore 2013), lo sa bene Carlotta Lezzi, che lo scrive, lo vive.
E dunque tenaci disponiamo gli orecchi all’ascolto e leggiamo lasciando parlare i versi imperiosi di questa silloge che come diamanti illuminano ed hanno un peso. Sono complessi, poliedrici, dalle mille forme ed esprimono l’amore: il femminile e il maschile in una guerra ineguagliabile. «M’incaponivo / amara d’amore ideale / amavo / lo amavo. (...) Mi incaponivo nei suoi no». ( p. 41).
È il tormento, è l’angoscia che pervade l’animo di Carlotta Lezzi, cerca un appiglio, un rifugio, una cura per un amore cercato, voluto ad ogni costo come una preda, «come appare il cane / dinanzi al nemico feroce / per difesa o istinto / abbaiavo funeste parole». (p. 33). Sono bellissimi i versi sofferti e altèri che la bocca di Carlotti Lezzi acclama, penetrano come una lama tagliente e affilata l’animo del lettore.
Di una straordinaria capacità descrittiva nell’esprimere il sofferto sentimento dell’amore. Predilige la poesia perchè è convinta che solo con il dolce ritmo di allitterazioni, rime, parole che battono il tempo mai a caso si è in grado di comunicare e far capire le sensazioni forti, o forse semplicemente sfogare una rabbia che straripa dall’incipit sino all’ultima poesia con versi graffianti e incisivi. «Altéra / diversamente altéra / cucendosi addosso / un niente che è tutto / è in ogniddove / è luce e tempesta. / Altéra / a tratti divina / con le sue piccole croci». (pp. 49-50).
È singolare l’uso della terza persona che giace tace e soggiace nei versi come se parlasse al lettore che forte ascolta ed elegantemente si toglie dalla scena con un “Io” lasciando il lettore protagonista al contempo soggetto/oggetto incapace di decidere, disorientato, ma sempre attento all’ascolto. Come disorientato è quest’amore verso il maschile forte vittorioso rivoluzionario come Napoleone, o sensibile e fragile come il don Chisciotte. Così si legge: «Sei Napoleone / il virgulto della Francia, sei Bach / e le sonate in crescendo, / sei il poeta, / il don Chisciotte della Mancia, / sei la lancia / nella piaga di chi sta morendo». ( p. 51).
Risuona l’eco sensibile e tormentato degli anni della giovinezza di Alda Merini - la nostra grande poetessa contemporanea - che ci ha fatto conoscere e amare l’amore se pur folle come scrive e non ha mai rinnegato la poesia perchè anche col silenzio si possa scrivere e con i versi comunicare e avere l’ardore di narrare con passione la propria fragilità, i propri limiti, “trasformandoli in energia, in forza appunto” ed è proprio questo che fa con veemente passione e vorticoso tormento Carlotta Lezzi.
Si racconta, canta l’amore - l’anima amante - e lo fa con egregia sinfonia, come si può non ascoltare, sarebbe come restare indifferenti alla “Cavalcata delle Valchirie di Wagner”: «Una lama, / il tuo illuminato sorriso / e poi niente. / Ho perduto schiere di angeli / e santi dolori acuminati / mi hanno invasa al tuo trapasso / dorato di stelle altrui». (p. 61).
Perciò lasciamoci cavalcare dai versi di “Ė del forte l’ascolto” e galoppiamo indomiti come cavalli impazziti, rapiti dal Dioniso, gioia e tormento, vita e morte, paradiso e inferno verso la meta che è al di là dell’abisso della superficilità, la profondità della vita nella pianura incontaminata della poesia.
«La mente, un ventre / di membri / sperduti sonagli / di membra / ove il genio acceso / riposa. / ... / ove un’eco / silenziosa / nel moto del tempo / col tempo / si sposa». (p. 55).
Sposa fedele è la poesia che chiede unione indissolubile all’amore e a chi con lei convola alle nozze della vita come Carlotta Lezzi in “Ė del forte l’ascolto” (Lupo Editore).