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Culture
Esce documentario su Malala, un'adolescente contro talebani

L'interno di un autobus bianco insanguinato: è una delle immagini più drammatiche dell'attentato talebano subito nel 2012, a 15 anni, dalla pakistana oggi 18enne, Malala Yousafzai, il più giovane premio Nobel per la pace della storia. L'adolescente simbolo del diritto all'istruzione delle ragazze, scrive l'Ansa, viene raccontata tra pubblico e privato in Malala, il documentario del premio Oscar Davis Guggenheim, nelle sale dal 5 novembre con 20th Century Fox e nel 2016 in onda su National Geographic (Sky). Arriva un momento ''in cui bisogna scegliere se restare in silenzio o farsi avanti'' dice la teenager, sopravvissuta grazie a varie operazioni (la prima in Pakistan, le altre in gran Bretagna, dove ora vive con la famiglia), al proiettile che le ha sparato l'attentatore tre anni fa alla testa. Una ferita che le ha fatto perdere l'udito a un orecchio e ha rischiato di danneggiare gravemente la mobilità del volto e del corpo. Eppure dopo la riabilitazione (di cui il film mostra le fasi) Malala è tornata coraggiosamente subito in prima linea, affrontando anche i capi di Stato, dalla Nigeria per la liberazione delle ragazze rapite da Boko Haram, agli Usa con Obama. Un ritratto, ma non un santino, che restituisce la ragazza anche nella sua vita di tutti i giorni, dai simpatici battibecchi con i due fratelli, alle ricerche al computer di attori e sportivi che le piacciono, come Federer e Brad Pitt, alle difficoltà ad ambientarsi nella nuova scuola in Gran Bretagna: ''qui non passo per la più brava'' dice scherzando alle amiche via skype. Un racconto fra presente e il suo passato in Pakistan (dove non può tornare, i talebani hanno annunciato che se lo facesse la ucciderebbero) con i ricordi ricostruiti attraverso le animazioni in 2d. Oltre a Malala, il film ha un altro protagonista, il padre Ziauddin Yousafzai (doppiato in italiano da Filippo Timi) insegnante e attivista, sempre al fianco della figlia, accusato da alcuni di 'manovrarla', fin dalla scelta del nome, Malala, ispirato a quello di un'eroina afghana, Malalai. ''Mio padre mi ha solo dato il nome Malalai - precisa la ragazza -. Non mi ha fatto diventare Malalai. Ho scelto io questa vita''. E non c'è da dubitarne, visto che l'adolescente, ha accettato di denunciare i soprusi dei talebani, fin da undicenne, descrivendo le difficoltà della sua vita quotidiana in forma anonima su un blog della Bbc per poi denunciare le violenze degli estremisti in tv. ''Un bambino, un insegnante, un libro, e una penna, possono cambiare il mondo'', ha detto Malala nel suo discorso all'Assemblea dell'Onu. Una battaglia, la sua, per restituire a oltre 60 milioni di bambine e ragazze in 70 Paesi il diritto di studiare. ''Racconto la mia storia - ha spiegato nel suo discorso di accettazione del Nobel, nel 2014 - non perché sia unica, ma perché non lo è''.

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