Lo sguardo libero
Leone XIV ribadisce che Gesù è Dio

Papa Leone XIV
Nella Chiesa, i gesuiti – l’ordine di Francesco – rappresentano la volontà pura; gli agostiniani – l’ordine di Leone XIV – incarnano la coscienza interiore. Se così è, allora lo Spirito Santo, per chi ci crede, per dirla con lo slang di Donald Trump, ha fatto un buon lavoro, eleggendo giovedì scorso Francis Robert Prevost a Vescovo di Roma, e quindi al soglio di Pietro (con un habemus Papam annunciato forse troppo in fretta dal cardinale Dominique Mamberti, come se ignorasse la potenza oratoria della pausa). Significative, naturali e coerenti per come lo stiamo conoscendo le prime parole con cui il nuovo Papa si è presentato al mondo: "La pace sia con voi!"
Il messaggio principale del Papa venuto da oltreoceano è che Dio è Gesù. Lo ha ribadito con forza affermando: “Gesù non è un leader carismatico o un superuomo.” È un’affermazione netta, che restituisce verticalità alla fede. Il cuore del messaggio cristiano non è la giustizia sociale, ma la salvezza eterna.
Con Francesco, Gesù assumeva i tratti di una figura universale, quasi laica, in grado di ispirare anche i non credenti come esempio morale (per intenderci una sorta di Gandhi). Con Leone XIV, il messaggio cambia tono: si torna a un Cristo pienamente divino, fondamento teologico e non solo simbolo etico. La sua postura richiama Benedetto XVI, con un’attenzione netta all’ortodossia dottrinale e ai pericoli dell’arianesimo: l’antica eresia del vescovo Ario (256–336 d.C.), secondo cui Gesù sarebbe una creatura di Dio e non Dio stesso, minando così il fondamento trinitario della fede cristiana.
Il fatto che Leone XIV si sia presentato all’elezione con stola e mozzetta, e che dovrebbe tornare a vivere nel Palazzo Apostolico invece che a Santa Marta, come aveva fatto Francesco, è significativo. Che il Papa abbia cantato in latino il Regina Caeli durante la preghiera domenicale è anche un modo per affermare un’altra idea di tradizione: non spontaneità emozionale, ma rigore formale. Una tradizione in cui l’arte – il che vale non solo quella sacra, ma per ogni arte in genere - è frutto di disciplina, studio, precisione. In questa visione, la bellezza non nasce dall’istinto, ma dalla fedeltà a un canone.
Dall’altra parte, le diseguaglianze, oggi, sono enormi e inaccettabili, segno evidente di sistemi economici e sociali che favoriscono la concentrazione della ricchezza e il perpetuarsi di privilegi. Va detto senza giri di parole: questo l’altro nodo centrale della questione. Da questo punto di vista, Papa Leone XIV conosce bene ciò di cui parla. La sua esperienza come vescovo in Perù, nella diocesi di Chiclayo, lo ha segnato profondamente. Ha vissuto da vicino la povertà, ne ha visto i volti e le conseguenze. Anche la scelta del nome Leone – come più volte sottolineato in questi giorni – ha un significato preciso: richiama Leone XIII, autore della Rerum Novarum, la prima enciclica sociale della Chiesa, che a inizio Novecento cercò di arginare lo sfruttamento di lavoratori, donne e bambini. A tutto questo, oggi, si aggiunge il tema della distruzione dell' ambiente: una delle conseguenze più evidenti dello sviluppo economico incontrollato. In questo contesto, questioni come l’omosessualità o il maggiore coinvolgimento delle donne nella Chiesa rischiano di trovare meno spazio.
Non meno urgenti sono le questioni pratiche, come quella delle finanze vaticane: le donazioni e i lasciti testamentari, soprattutto da parte della Chiesa tedesca e di quella statunitense, hanno subito un calo significativo — stimato intorno al 30% per la Germania e fino al 50% per gli Stati Uniti dal 2021 al 2023 — dovuto in gran parte all’allontanamento dei tradizionalisti, delusi dalle scelte radicali del pontificato precedente. In questo contesto, una riscoperta della tradizione potrebbe rivelarsi strategica.
L’elezione di un papa americano potrebbe anche servire a fronteggiare la crisi della Chiesa negli Stati Uniti (così come quella di Francesco nel 2013 era stata anche pensata per contrastare l’ascesa delle Chiese pentecostali in America Latina). Come ricorda il Financial Times, sebbene rappresenti solo il 7% della Chiesa globale, la comunità cattolica statunitense conta oltre 50 milioni di fedeli adulti ed è considerata strategica. Tuttavia, i segnali di declino sono evidenti: solo il 23% frequenta la messa settimanalmente e, per ogni 100 nuovi ingressi, secondo la rivista cattolica Crisis, 840 persone lasciano la Chiesa.
Rimane, inevitabilmente, il nodo degli scandali sessuali nel clero e quello del calo delle vocazioni — due crisi diverse ma profondamente intrecciate. Non va dimenticato, del resto, che gli apostoli erano sposati (basti pensare al miracolo della suocera di Pietro), mentre il celibato sacerdotale fu imposto solo secoli dopo, nel pieno del Medioevo.
Soprattutto, si spera che le idee del Papa abbiano conseguenze concrete: malgrado la perseveranza di Francesco, le guerre e il turbocapitalismo globale non sono diminuiti, anzi. Qui il nuovo Papa Leone XIV potrà contare su due tratti tipici degli agostiniani: discernimento e praticità.
P.S.: Oggi, infine, il Papa ha incontrato i giornalisti, attribuendo loro un ruolo chiave nella costruzione della verità e della pace. Forse persino un po’ troppo centrale. I giornalisti svolgono un compito essenziale per la democrazia, ma restano pur sempre dei semplici professionisti dell’informazione.